09-05-17 08.00
Nel 1976 la societa' italiana era prevalentemente operaia. Generazioni di figli di contadini, emigrati dopo la guerra partendo da zero.
Scolarizzazione bassa, anche per via della guerra e vita umile per crescere i figli del boom delle nascite (molti di noi) e garantire loro un futuro.
Alle elezioni del 1976, il PCI raggiunse il picco massimo del 36% arrivando quasi al sorpasso sulla DC, ed il PSI arrivo' al 9.6%.
Solo questi due partiti, (senza contare quelli minori) raggiunsero il 50% : un italiano su due era di sinistra.
I governi di coalizione della prima repubblica, erano costretti a tenersi abbottonati, e a digerire sconfitte come quella del referendum sul divorzio, o sull'aborto.
Erano costretti a fare concessioni di sinistra, per mantenere consensi e riuscire ad evitare quel temuto sorpasso, che rischiava di far pendere l'Italia verso le influenze URSS.
In quel contesto sarebbe stato impensabile parlare di precariato, vaucher o cose di quel genere, anzi occorreva andare in direzione opposta, e perfino gli industriali approvarono pochi anni prima le 40 ore settimanali, pur di non vedere spostare l'asse troppo a sinistra.
Poi le cose cambiarono. Il muro cadde e con esso l'apparato sovietico e lo spettro del comunismo.
Nel frattempo i figli degli operai si diplomarono, si laurearono ed andarono ad occupare posti di lavoro piu' prestigiosi, passando dalla classe operaia al ceto medio, e godendo anche dei benefici dei loro genitori che furono la generazione piu' risparmiatrice di tutta Europa.
Scoppio' il benessere che porto' al boom degli anni 80 e 90, e proprio in concomitanza con la caduta del muro, cambio' il modo di vedere le cose.
Chi si era conquistato il proprio gradino nella societa', comincio' a ragionare diversamente : l'obiettivo non era piu' quello dell'uguaglianza, dei diritti e cose di questo genere, ma quello di scalare ancora di piu' la societa' (carriera, ingrandire le attivita' commerciali ecc..).
Con la caduta dello spettro del comunismo, venne meno il timore del sorpasso, e con esso anche la necessita' di garantire diritti tipici della sinistra.
La prima repubblica, travolta dallo scandalo di Tangentopoli lascio' spazio ad un'altra politica che percepi' subito l'occasione storica : l'Italia era cambiata, erano cambiati anche gli italiani ed era giunto il momento di riformare tutto per recuperare le varie concessioni elargite negli anni precedenti, al fine di spingere i profitti al massimo, sfruttando i venti del liberismo, della new economy e della globalizzazione.
Il paese era inebriato dal benessere, e le nuove generazioni pensavano che le riforme del lavoro (flessibilita', precariato ecc) ne portassero ancora di piu'. Le classi sociali si divisero : chi era entrato nel ceto medio, divento' indifferente ai nuovi problemi della classe operaia (la prima ad essere colpita dai venti riformisti).
In questo clima e' inizitato lo smantellamento speculativo del tessuto economico del paese (svendite alle multinazionali, delocalizzazione ecc), ma il popolino abituato al fatto che le crisi fossero cicliche, da allora ha cominciato a pensare che prima o poi sarebbe tornato un'altro boom economico.
Dalla grande crisi del 2007, c'e' ancora gente che aspetta e che non ha capito. Non ha capito che il picco di benessere e di diritti e' stato raggiunto a fine anni 80 e per inerzia si e' trascinato oltre i 90, ma da allora per molti e' cominciato un declino.
Un declino che sta aprendo la forbice della societa' : i ceti piu' deboli sono finiti nel tritacarne, compreso il ceto medio che spesso campa grazie ai risparmi delle generazioni che lo ha preceduto (sono tanti i disoccupati 40 enni che vivono con i genitori e grazie alle loro pensioni).
Altri invece ce l'hanno fatta, e sono su gradini piu' alti. Hanno dimenticato cos'e' stato a permettere loro quella scalata, ed hanno rinnegato totalmente le loro idee. (un'interpretazione sommaria del sottoscritto).