04-09-21 14.00
Nata nel 1794 a Saint-Sulpice sur la Mer, tredicesima di quattordici figlie femmine nate da padre robivecchi e madre ballerina (in realtà prostituta), Marie-Claire Melodyne visse un’infanzia piena di stenti e miseria, ulteriormente abbruttita dal fatto che i due genitori e le tredici sorelle, melomani sfegatate quanto amusiche totali e stonate patologiche, si intestardissero comunque a cantare tutto il giorno, costringendola a vivere in un ambiente la cui sonorità era peggiore di quella di un branco di gatti affamati affetti da turbe gastrointestinali funzionali.
Avviata dalla madre alla professione di famiglia, ebbe la fortuna di avere come assiduo cliente il marchese Marie-Canard de la Poussiere Grise, impotente ma influentissimo direttore del coro delle voci bianche della cappella imperiale napoleonica, anche lui turbato dallo stato di abbrutimento totale in cui versava la scuola belcantistica francese dell’epoca.
Grazie ai buoni uffici del De la Poussiere, l’ancora giovane Marie-Claire poté ben presto abbandonare la pur promettente carriera peripatetica (era una giovane dall’aspetto assai grazioso) per dedicarsi alla nascente professione di “musicienne du joue-arriere” (oggi definito, con orrido anglicismo, “playback”), doppiando dalle quinte le infami prestazioni canore di soprani oggi passati alla storia proprio grazie al supporto occulto della Melodyne: Fèlicia Tue-le-Chien, Caroline Bonassier detta “la Pètasse” e sopratutto la contralto di origine italiana Josephine Chemindefer (al secolo Ferreri) e l’italoamericana Georgette Todrara Lavache.
In questo ambiente conobbe colui che divenne l’amore della sua vita, il castrato Jeunhomme Petitseigneur, i cui recitativi ritmati, pervasi di infiammato parossismo rivoluzionario, ben descrivevano i turpi ed escrementizi fervori che agitavano le banlieues parigine.
Ancor oggi si discute se tale matrimonio fu in realtà sessualmente consumato, ma il sodalizio artistico fu di grande rilevanza: restano famose le arie “trompettes de cul”, “une bouchè de gnocchis” ma sopratutto la romanza senza parole “eruttations dans les prés”, tutte composte con l’aiuto del noto didatta inglese Johnatan Littlewood, meglio noto con lo pseudonimo latino di Sferulam et Satis.
Al culmine della sua carriera, le sue prestazioni erano divenute esosissime: per correggere una semplice aria il compenso era talvolta superiore alle trenta pistole di Luigi XIX, per non parlare poi di un’intera opera o di di lavori più complessi ed articolati. Per acquisire clientela, concedeva però gratuitamente delle prestazioni di prova, nelle quali comunque smetteva di cantare sul più bello impedendo a qualche furbacchione di tentare di approfittarsene.
Colpita all’apice della sua carriera da una rarissima forma di tubercolosi anale, lasciò ai posteri, oltre che una ricca panoplia di brani musicali, una rarissima collezione di godemichè in legni esotici e un’autobiografia intitolata “La mia vita tra i quarti di tono”; riposa al cimitero monumentale di Montmarte, ove sulla sua tomba si può leggere il famoso epigramma: “N’importe pas si tu es désaccordé, il y a toujours Melodyne”.