Ma cos’è questo jazz ?

  • lolloangeloni
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13-05-21 00.34

@ delmas
è una discussione interessante e volevo fare una considerazione "laterale". Riguarda le emozioni che una musica è in grado (o ha intenzione) di esprimere. La mia sensazione è che ci sono generi capaci di evocare con chiarezza un certo mood, allegro, triste, nostalgico o impetuoso che sia, mentre altre, come appunto il jazz, si muovono, a parte le dovute eccezioni, in modalità atarassica. Spesso ascoltando un brano mi sono chiesto quale emozione stesse esprimendo senza riuscire a rispondermi. Forse è questo che tiene lontano il jazz dal gusto popolare: il fatto che, alla fine, sembra solo ritmo. Come dire...una musica da intrattenimento ideale ma se cerco la colonna sonora al mio nuovo innamoramento (o alla mia ennesima delusione d'amore) cerco altro. Qualcosa magari meno sofisticata che riesca a risuonare con le mie corde emotive. Il jazz, a proposito di storia, nacque anche come accompagnamento funebre a due facce. La prima era quella che accompagnava il morto all'andata con ritmi lenti e (a mio avviso parodisticamente) colmi di sofferenza. La seconda faccia si manifestava al ritorno dove gli strumentisti davano vita ad un'orgia festante per esorcizzare il Grande Spavento. Ma non c'era in nessuno dei due casi un'elaborazione sentimentale. Adesione di facciata nella prima, fuga liberatoria nella seconda. Forse il blues (e tutto il fiume di rock che ne è sgorgato) era più vero, più legato ad una persona che si interrogava, pur se in maniera radicalmente semplice, sulle vicissitudini della vita.
Il tuo spunto è a mio avviso molto interessante e in parte condivisibile. Se ascolti un brano bebop probabilmente sarai travolto dal ritmo e dalla complessità del fraseggio ma difficilmente verranno stimolate emozioni più semplici, ancestrali e recondite. La maggior parte dei fruitori di musica non ha una capacità di riconoscere le sfumature armoniche di cui l'approccio jazzistico è pieno. Volendo ridurre ai minimi termini il discorso direi che l'ascoltatore medio sceglie un pezzo minore se è triste e maggiore se ha bisogno di spensieratezza e poco più. Quando sostieni che nessuno si innamorerebbe mai con un sottofondo jazz non posso condividerlo. Forse non ha mai ascoltato "my foolish heart" o "waltz for debby" o più probabilmente non ha gli strumenti sensoriali per provare sensazioni più complesse, meno nette, che le blue notes, le tensioni armoniche, le alterazioni, le sostituzioni funzionali, in sintesi l'approccio armonico jazzistico possono offrire.
  • anonimo
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13-05-21 02.32

@ pentatonic
spesso il jazz viene approcciato come la musica classica: con rigore, ordine e disciplina.
Peccato che sia stato inventato e sviluppato da gente che dormiva pochissimo, imbottita di alcool, coca e eroina, che passava ore ed ore a suonare.

Le droghe sono veleno, ma lo spirito con cui è nato il be bop è anni luce da certe cose che si sentono in Italia da vent'anni in qua.
Come i poeti arcadici di due/tre secoli fa.
Hai centrato il punto. Il jazz era una filosofia di vita, un "urlo" liberatorio e dissacrante (per citare la beat generation). Alcool droghe viaggi senza meta. Questo era.
Ma era anche un microcosmo di percorsi personali, da quello "cantautorale" di Chet Baker a quello mistico di Coltrane fino agli estremismi del free jazz. Potremmo ragionarne per ore.
  • delmas
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13-05-21 08.26

lolloangeloni ha scritto:
Forse non ha mai ascoltato "my foolish heart" o "waltz for debby" o più probabilmente non ha gli strumenti sensoriali per provare sensazioni più complesse, meno nette, che le blue notes, le tensioni armoniche, le alterazioni, le sostituzioni funzionali, in sintesi l'approccio armonico jazzistico possono offrire.

Adoperiamo come esempio my foolish heart. Fin o a circa il primo minuto (cioè fino alla completa esposizione del tema) ti do ragione, ma poi quando bill evans è costretto ad entrare ad entrare nelle logiche dell'improvvisazione (e cioè nella logica del jazz) il discorso, almeno per me, si fa più incerto. Non trovo ci sia nessun approfondimento emozionale quanto, piuttosto, una certa banalizzazione sentimentale in favore dell'improvvisazione. Ecco per me il punto è questo... l'improvvisazione produce una noia mortale perchè è puro sfoggio tecnico. Non c'è il tempo di "rappresentare" i propri sentimenti attraverso lo sforzo compositivo che è riflessione ma li si "agisce" attraverso pattern predefiniti che non sfuggono ad una certa meccanicità.
  • zaphod
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13-05-21 08.57

violino999 ha scritto:
Anni fa, ho avuto modo di vedere un concerto di Enrico Rava e il suo gruppo. Tutti i musicisti erano italiani, e conosciuti nell 'ambiente, addirittura il trombonista Petrella ha vinto il premio, come miglior strumentista dell' anno, a livello mondiale. Nonostante le premesse, il concerto è stato molto difficile da seguire e digerire, anche se sono un appassionato e pessimo esecutore di standard jazz. Come bis eseguirono 'Besame mucho' e fu il pezzo più applaudito dal pubblico, perché conosciuto dalla gran parte degli spettatori . È difficile stabilire il confine tra libertà artistica e apertura verso il pubblico, ma se non ci si pone questo problema, sicuramente i partecipanti ai concerti jazz saranno sempre non molto numerosi, perlomeno in Italia

Kent83 ha scritto:
Un'altra volta andai a sentire un gruppo che rivisitava Jimi Hendrix in chiave jazz. C'era pubblico, a occhio più persone (tra cui io) che volevano sentire Hendrix in salsa jazz, quindi diciamo più rock.
Suonavano bene, ineccepibile, gli accenni alle sue canzoni pure, mood molto liscio e rilassato.
Sarà stato il fresco, il teatro, l'inverno, quello che vuoi, ma si sentiva un'atmosfera incredibilmente glaciale, freddissima. Lo sentivamo noi dal pubblico e i musicisti pure, tanto che ho la netta impressione che tagliarono la scaletta annunciando l'ultimo pezzo in largo anticipo; appena finito, in trenta secondi liberarono il palco alla svelta e il pubblico era letteralmente fuggito dalla sala. Una cosa terribile e avvilente.

secondo me questi due esempi, nel loro piccolo, dimostrano una cosa: il jazz attira, incuriosisce, ma è distante. Distante nel tempo e nello spazio dalle persone comuni. Va spiegato. A meno che non sei un mostro sacro (ma parlo di nomi veramente grossi), collocato nel giusto posto (vedere l'esperimento del Washington Post con Joshua Bell), per cui la gente ti viene a sentire "perchè sei tu", e sa cosa aspettarsi, devi interagire col pubblico, interloquire. Io ho un trio jazz in cui arrangio brani pop/rock (non solo: ho messo mano anche ad Aria sulla 4a corda) e ogni brano lo spiego, ne racconto (brevemente, ovvio), la storia e il modo in cui è stato concepito l'arrangiamento. Spesso fa sorridere il fatto (vero) che a me gli Oasis fanno cagare, eppure ho arrangiato Wonderwall e godo nel suonarla così. L'uditorio, in questi casi, apprezza. Perchè riesce a capire cosa c'è dietro la tua idea, poi ovviamente sta a te esaudire l'aspettativa che si è creata suonando bene. Ma vale per tutti.
Se fai come Miles Davis che sale sul palco incazzato e non ringrazia nemmeno, non aspettarti di creare un'alchimia tra te e il pubblico, ormai.
  • paolo_b3
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13-05-21 09.06

zaphod ha scritto:
secondo me questi due esempi, nel loro piccolo, dimostrano una cosa: il jazz attira, incuriosisce, ma è distante. Distante nel tempo e nello spazio dalle persone comuni.

E' esattamente quello che penso anche io.
  • giosanta
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13-05-21 09.16

Mah… evidentemente vivo in un universo parallelo e non me ne sono mai reso conto.
Seguo, ad esempio, sin dalla sua nascita una manifestazione che si tiene in un piccolo quanto grazioso centro dell’avellinese, S’Angelo All’Esca, Esca Jazz appunto, e non ho mai visto nessuno addormentarsi, anzi, il pubblico è in crescita continua e il bacino d’utenza spazia in uno spazio anche extraregionale.
Certo, e meno male per quanto mi riguarda, non sono le “masse” dei concerti di Vasco Rossi, non ci sono body guard, transenne e addetti alla sicurezza, con i musicisti addirittura si parla.
Ne mi risulta neppure che il pubblico sia composto da diplomati al conservatorio consapevoli del fascino di una sostituzione armonica, o dell’innovazione indotta da un brano modale.
Saranno tutti Visitors…
  • zaphod
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13-05-21 09.32

@ giosanta
Mah… evidentemente vivo in un universo parallelo e non me ne sono mai reso conto.
Seguo, ad esempio, sin dalla sua nascita una manifestazione che si tiene in un piccolo quanto grazioso centro dell’avellinese, S’Angelo All’Esca, Esca Jazz appunto, e non ho mai visto nessuno addormentarsi, anzi, il pubblico è in crescita continua e il bacino d’utenza spazia in uno spazio anche extraregionale.
Certo, e meno male per quanto mi riguarda, non sono le “masse” dei concerti di Vasco Rossi, non ci sono body guard, transenne e addetti alla sicurezza, con i musicisti addirittura si parla.
Ne mi risulta neppure che il pubblico sia composto da diplomati al conservatorio consapevoli del fascino di una sostituzione armonica, o dell’innovazione indotta da un brano modale.
Saranno tutti Visitors…
no, non sono Visitors, ma suppongo semplicemente appassionati.
Suonare per appassionati di jazz è sfondare una porta aperta, sei già sulla stessa lunghezza d'onda.
Ad una rassegna jazz mi aspetto arrivi un pubblico perlomeno un minimo preparato.
Io mi riferivo a (tanti) concerti che ho fatto in cui il pubblico non era lì per il jazz, non era lì per noi, ma era venuto ad ascoltare "musica". Li devi portare dalla tua parte, nella tua testa, e poi ti seguono. Già il fatto che uno sia disposto a sedersi per ascoltare musica significa che una capra non è. Ma non per quello digerisce automaticamente tutto ciò che gli proponi.
  • paolo_b3
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13-05-21 09.36

@ giosanta
Mah… evidentemente vivo in un universo parallelo e non me ne sono mai reso conto.
Seguo, ad esempio, sin dalla sua nascita una manifestazione che si tiene in un piccolo quanto grazioso centro dell’avellinese, S’Angelo All’Esca, Esca Jazz appunto, e non ho mai visto nessuno addormentarsi, anzi, il pubblico è in crescita continua e il bacino d’utenza spazia in uno spazio anche extraregionale.
Certo, e meno male per quanto mi riguarda, non sono le “masse” dei concerti di Vasco Rossi, non ci sono body guard, transenne e addetti alla sicurezza, con i musicisti addirittura si parla.
Ne mi risulta neppure che il pubblico sia composto da diplomati al conservatorio consapevoli del fascino di una sostituzione armonica, o dell’innovazione indotta da un brano modale.
Saranno tutti Visitors…
Onestamente non vedo conflitto tra quanto dico io e quanto dici tu. Abbandoniamo il mio provocatorio "il Jazz è morto", ma non c'è da sorprendersi che ci sia una nutrita schiera di appassionati di Jazz, come c'è una nutrita schiera di appassionati di concerti per organo, di musica folk irlandese ecc ecc.
Faccio però due riflessioni, la prima è che quel "folto" probabilmente non arriva all'uno percento della popolazione italiana. La seconda è che se faccio sentire "Aria sulla quarta corda" alla signora Maria mi dice "bellissima!" se le faccio sentire "A night in Tunisia" mi dice "ah no questo non è il mio genere". Per questo mi sono permesso di osservare che il Jazz non rientra nei nostri canoni musicali.
  • paolo_b3
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13-05-21 09.37

@ zaphod
no, non sono Visitors, ma suppongo semplicemente appassionati.
Suonare per appassionati di jazz è sfondare una porta aperta, sei già sulla stessa lunghezza d'onda.
Ad una rassegna jazz mi aspetto arrivi un pubblico perlomeno un minimo preparato.
Io mi riferivo a (tanti) concerti che ho fatto in cui il pubblico non era lì per il jazz, non era lì per noi, ma era venuto ad ascoltare "musica". Li devi portare dalla tua parte, nella tua testa, e poi ti seguono. Già il fatto che uno sia disposto a sedersi per ascoltare musica significa che una capra non è. Ma non per quello digerisce automaticamente tutto ciò che gli proponi.
Tanti AuGuru, Zaphod!
emoemoemo
  • Raptus
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13-05-21 09.45

Per quanto sia una cosa appagante e divertente per i musicisti, il fatto che spesso si presentino brani conosciuti e pop rivisitati in chiave Jazz è significativo.
Non è solo colpa della massa che vuole sentire quello che conosce, è anche colpa del tipo di Jazz che si presenta.
Secondo me se una Jazz Band facesse un concerto tutto e solo basato su standard famosi senza uscire troppo dal "seminato" cioè senza stravolgere così tanto i pezzi da renderli irriconoscibili, avrebbe lo stesso la sua "porca" serata.
  • zaphod
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13-05-21 09.45

@ paolo_b3
Tanti AuGuru, Zaphod!
emoemoemo
grazie caro supporter emo
emo
  • giosanta
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13-05-21 09.45

Scusa Zaphod, ma se anni fa avessi trascinato ad concerto delle PFM e del Banco tanti di coloro che allora erano adulti mi avrebbero sputato in faccia.
Non ne parliano della possibile reazione di qualcuno che si trovasse ad ascoltare Lux Aeterna di György Sándor Ligeti, piuttosto che l'integrale per organo di Messiaen o Koyaanisquattsy di Philip Glass (non cito a caso: li adoro).
Apprezzare dipende dalla conoscenza. Un evento in se non costituisce ne sostituisce la conoscenza, al piu può innescarne il desiderio.
  • giosanta
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13-05-21 09.50

paolo_b3 ha scritto:
La seconda è che se faccio sentire "Aria sulla quarta corda" alla signora Maria mi dice "bellissima!" se le faccio sentire "A night in Tunisia" mi dice "ah no questo non è il mio genere". Per questo mi sono permesso di osservare che il Jazz non rientra nei nostri canoni musicali.

Amico mio, se sono questi i termini confliggo volentieri.
Vedi io invece penso, anzi sono convinto, che se alla signora Maria di Forlimpopoli sostitusci un impiegato delle USPS di una cittadina del Wisconsin o un tagliaboschi del Nebraska, il risultato non cambia.
  • paolo_b3
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13-05-21 09.57

@ giosanta
paolo_b3 ha scritto:
La seconda è che se faccio sentire "Aria sulla quarta corda" alla signora Maria mi dice "bellissima!" se le faccio sentire "A night in Tunisia" mi dice "ah no questo non è il mio genere". Per questo mi sono permesso di osservare che il Jazz non rientra nei nostri canoni musicali.

Amico mio, se sono questi i termini confliggo volentieri.
Vedi io invece penso, anzi sono convinto, che se alla signora Maria di Forlimpopoli sostitusci un impiegato delle USPS di una cittadina del Wisconsin o un tagliaboschi del Nebraska, il risultato non cambia.
Uhm... non sarei così convinto. Secondo me per gli statunitensi il Jazz, anche quello più recente, va a scavare nella musica che hanno ascoltato fin dalla nascita.
Poi nel caso di Eddie, l'impiegato dell' USPS, o Jack, il tagliabosky, bisogna anche mettere in conto la provenienza genealogica.
Calcola che il Jazz è una fusione di culture che probabilmente poteva nascere solo negli Stati Uniti, la dove queste culture si sono incontrate.

P.S. Come ti è venuto Forlimpopoli? Ho dei cugini che abitano li emoemoemo
  • giosanta
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13-05-21 10.00

paolo_b3 ha scritto:
P.S. Come ti è venuto Forlimpopoli? Ho dei cugini che abitano li

Appunto, ho immaginato tu possa conoscerla... emoemoemo
  • paolo_b3
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13-05-21 10.03

@ giosanta
paolo_b3 ha scritto:
P.S. Come ti è venuto Forlimpopoli? Ho dei cugini che abitano li

Appunto, ho immaginato tu possa conoscerla... emoemoemo
Tradotto diventa "Frampula"
  • giosanta
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13-05-21 10.11

paolo_b3 ha scritto:
Tradotto diventa "Frampula"

?
  • paolo_b3
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13-05-21 10.26

@ giosanta
paolo_b3 ha scritto:
Tradotto diventa "Frampula"

?
In dialetto romagnolo
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13-05-21 10.28

paolo_b3 ha scritto:
se faccio sentire "Aria sulla quarta corda" alla signora Maria mi dice "bellissima!" se le faccio sentire "A night in Tunisia" mi dice "ah no questo non è il mio genere"

Ma la signora Maria ha un sacco di altra musica fatta apposta per lei (pop per tutti i gusti), perché un musicista dovrebbe abbassare le proprie aspettative artistiche per accalappiare un pubblico che non farà mai lo sforzo di evolvere culturalmente?
  • giosanta
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13-05-21 10.32

markelly2 ha scritto:
...perché un musicista dovrebbe abbassare le proprie aspettative artistiche per accalappiare un pubblico che non farà mai lo sforzo di evolvere culturalmente?

Sintesi un poco estrema ma, sostanzialemente, concordo.