26-07-23 12.59
WTF_Bach ha scritto:
3) l’intenzione: ora che hai acquisito la competenza per “dire qualcosa”, devi decidere “cosa vuoi dire”. Il jazz è siffatto che se non hai nulla da dire finisce che suoni della ciofeca virtuosistica.
Mini aneddoto della mia esperienza alla masterclass di Barry Harris a Roma:
Un ragazzo di circa 20 anni prende parola e fa una domanda a Barry Harris: "Come fai a fare quel che fai? Cioè, io vorrei capire come fai a suonare quel che suoni, come faccio a fare quel che fai tu?"
Barry rise, l'intero gruppo rise, però a pensarci era una domanda semplicissima che Barry affrontò con somma tranquillità, iniziando da piccoli "movimenti" sul pianoforte mostrandoci come collegava una nota e l'altra.
Artrite e vecchiaia ovviamente gli impedivano di mostrare sul piano cosa intendeva tutte le volte, ma basta spulciare i vecchi video presenti su youtube per comprendere che prima di tutto andavano studiati i grandi del passato come Chopin, per comprendere movimenti che poi i jazzisti avrebbero ripreso più avanti.
è un processo sempre sottovalutato, e l'ho sottovalutato anch'io per tanto tempo, ma io non ho grandi aspirazioni nel campo jazz, mi diverto a suonare quel che posso e riesco senza troppe fisime.
Ma ecco, volevo sottolineare il tuo "dire qualcosa". Barry non ha mai parlato di "cose da dire", ironicamente. Non gli ho mai sentito esprimere questa cosa del "dire qualcosa di personale".
Tutt'altro. Per spiegare improvvisazione e "composizione in tempo reale" ci ha parlato sempre di regole applicabili, note da circondare, scala da utilizzare e note da avere in battere o levare.
Credo che la tua frase "dire qualcosa" oggi è compromessa da mille modi di intenderla, e il più delle volte manda in panico chi si avvicina al jazz, perchè crede (anche erroneamente e al limite spesso) che il jazz è liberta di suonare ciò che sentiamo, ma "deve suonare jazz".
Pochi capiscono come rendere ciò che "abbiamo da dire" in maniera jazz. E nessuno ce lo insegna.