13-03-25 17.33
@ Ilaria_Villa
Il processo di estensione del registro grave dello strumento condusse alla nascita dei liuti a 9 e 10 ordini di corde.
Le mutate esigenze della musica, che videro affermarsi la cosiddetta "accordatura barocca" in re minore, condussero sia alla costruzione di nuovi liuti sia alla modifica di quelli a 6,7 e 8 ordini costruiti nel XVI secolo. Il manico, il ponticello, il cavigliere e, se necessario, la tavola armonica dei liuti cinquecenteschi venivano sostituiti: i liuti di Hans Frei e Laux Maler, due giganti della liuteria, si presentano con un assetto a undici e tredici ordini.
Questa è l'accordatura barocca in re minore: fa3, re3, la2, fa2, re2, la1, sol1, fa1, mi1, re1, do1.
Antichi o nuovi, i liuti a 11 ordini hanno il primo e secondo ordine singoli, una tastiera bombata per facilitare l'azione della mano sinistra, nove o dieci legacci sul manico, una lunghezza vibrante della corda compresa fra 67 e 76 cm, all'interno della quale si distinguono due misure standard (67-68 cm e 70-72 cm).
In Inghilterra, per tutto il XVII secolo, fu in voga il liuto "francese" con due caviglieri, un'innovazione che non tutti videro di buon occhio: sotto accusa era la sonorità delle lunghe corde di bordone, giudicata troppo forte rispetto alle altre corde. Nel ritorno ad un solo cavigliere ebbe un ruolo decisivo l'introduzione delle corde rivestite menzionate nell'opera "Introduction to the Skill of Musick" di John Playford (1664): un filo sottile di metallo era arrotolato su una corda di budello o seta. Queste corde permettevano di ottenere note più gravi senza dover allungare eccessivamente il diapason.
Dal punto di vista liutistico, verso la fine del XVII secolo, il ruolo di nazione guida passò dalla Francia alla Germania, dove al registro grave del liuto vennero aggiunti altri due ordini: furono costruiti liuti nuovi a 13 ordini e si modificarono quelli antichi (a 6,7,8 ordini) e quelli più recenti a 11 ordini. I liuti a 13 ordini presentano una "chiocciola" dei bordoni (ovvero un supporto per le corde dei bordoni), i primi due ordini singoli e una tastiera bombata per facilitare l'azione della mano sinistra, nonché un diapason compreso fra 67 e 72 cm, con rare eccezioni fino a 78 cm.
La parabola discendente del liuto, in Italia, cominciò verso la fine del XVI secolo, quando apparvero strumenti più consoni al mutato gusto musicale, che sancì l'affermazione della monodia accompagnata sulla polifonia: usati nella realizzazione del basso continuo, la tiorba e l'arciliuto ebbero anche una letteratura propria.
La nascita della monodia accompagnata, della quale fu artefice la Camerata fiorentina dei Bardi (un gruppo di musicisti e letterati era solito radunarsi nel palazzo fiorentino del conte Giovanni Bardi e discutere sul modo di far rivivere l'antica musica greca: i teorici elaborarono il "recitar cantando", uno stile vocale solistico, con l'accompagnamento di pochi strumenti, che si prefiggeva "l'intelligenza del concetto e delle parole"), richiese uno strumento in grado di accompagnare il canto e con dei bassi più potenti rispetto a quelli del liuto. La questione venne affrontata allungando il diapason tastabile e introducendo dei bordoni da suonarsi a vuoto, cioè delle corde tese al di fuori della tastiera. Ecco la tiorba, già suonata da Jacopo Peri nel 1589.
Maurizio Cazzati, nel 1653, fu l'ultimo compositore che usò la parola chitarrone, soppiantata dal termine tiorba.
La tiorba può essere sia a tratta corta (con distanza ridotta fra i due caviglieri e un diapason dei bordoni fra 94 e 109 cm) sia a tratta lunga (con distanza notevole fra i due caviglieri e un diapason dei bordoni fino a 180 cm).
A differenza del liuto, la tiorba ha un'accordatura rientrante, cioè i primi due ordini sono accordati all'ottava inferiore.
L'accordatura tipica (Salomone Rossi, Kapsberger, Corradi e Castaldi) della tiorba a tratta lunga è quella in la2, ma erano possibili anche altre accordature, come quella in sol2 descritta da Praetorius.
L'arciliuto fu impiegato, fino al 1730, sia nella musica solistica sia nella realizzazione del basso continuo. In Italia fu il naturale successore del liuto rinascimentale, del quale conservò l'accordatura: a partire dal primo decennio del XVII secolo, con il termine "liuto" si intendeva quasi sempre l'arciliuto. Anche qui si distingue fra arciliuto a tratta corta (con diapason tastabile fra 57 e 64-65 cm) e arciliuto a tratta lunga (con diapason tastabile fra 64 e 70 cm). Nota: se il diapason tastabile è superiore a 70 cm lo strumento è una tiorba. Il compositore e musicista Alessandro Piccinini si è attribuito l'invenzione dell'arciliuto, scrivendo di essere andato, nel 1594, alla bottega padovana del maestro liutaio Christofano Heberle per fargli fare uno strumento di prova con la tratta al manico.
Gli arciliuti conservati nei musei sono tutti posteriori al 1625.
A differenza degli altri paesi europei, dove il liuto si stava avviando verso la decadenza, in Germania c'era ancora una fiorente produzione per liuto solo. Accanto ai liuti a 13 ordini con la "chiocciola" dei bordoni, furono costruiti strumenti con la tratta a "esse": in questo caso il diapason dei bordoni risulta essere 20-25 cm più lungo rispetto al diapason delle altre corde. L'accordatura è in re minore e la tastiera è bombata per facilitare l'azione della mano sinistra.
Il gigante della musica tedesca per liuto è S.L. Weiss.
Per quanto riguarda la tecnica del liuto distinguiamo una tecnica "antica" della mano destra (pollice in dentro) e una più "moderna" (pollice in fuori). Si fa risalire l'invenzione della tecnica con il pollice in fuori a Fabrizio Dentice, quindi alla metà del XVI secolo. Nella pratica le due maniere ebbero vita parallela fino ai primi anni del '600, quando la seconda si affermò definitivamente.
Cambia anche il modo di tenere lo strumento: la posizione non è più orizzontale rispetto al piano del terreno, ma diagonale, con il cavigliere più alto della cassa; l'avambraccio non si poggia più all'altezza del ponte, ma sulla parte alta dello strumento; medio, indice e anulare pizzicano le corde con un attacco più diretto e perpendicolare.
Non è storicamente corretto anticipare alla musica del primo '500 una tecnica che ancora non esisteva e che comunque non vi si adatta. Il pollice in fuori è corretto per il secondo '500, per la tiorba, l'arciliuto e il liuto barocco tedesco e francese.
Il mio insegnante non ha cercato di modificare la mia tecnica "moderna", visto che ero interessata ad autori come Fabrizio Dentice, Giulio Cesare Barbetta e altri; inoltre, poiché avevo una buona tecnica chitarristica, preferì chiudere un occhio sul fatto che usassi una tecnica filologicamente poco corretta per gli autori del primo '500, che mai avrei eseguito in concerto (alcuni autori tedeschi sono un po' noiosini e fanno venire sonno mentre li si studia...).
Devo tantissimo al mio insegnante, che sapeva tirare fuori il meglio da ogni allievo. Mi piace immaginarlo intento a suonare con i liutisti del passato, mentre gli angeli ascoltano in religioso silenzio.