Perché insistere tanto sulla teoria scala accordo?

  • Sbaffone
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29-07-22 18.19

Il Balla dice che di scala ne basta una sola emo
  • WTF_Bach
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29-07-22 18.28

@ Sbaffone
Il Balla dice che di scala ne basta una sola emo
E di sole 5 note emo
  • anonimo
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29-07-22 18.45

@ WTF_Bach
Sottolineo: ad oggi nessun libro o corso, che io sappia, tratta la tripartizione della frase ed il concetto di nota target sul tempo forte.
Io ne ho scaricati diversi in questi anni, può darsi che spulciando bene in alcuni qualcosa trovo.. cosa intendi per tripartizione della frase? Inizio-tensione-risoluzione?

Nota target su tempi forti: mi è capitato di vedere schemi che, dividendo il tempo in 4 quarti, segnano il primo quarto come il più forte in assoluto, il terzo anch'esso forte ma un pò meno, il secondo e il quarto deboli.
  • giosanta
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29-07-22 18.59

markelly2 ha scritto:
... la conoscenza completa teorica e tecnica della musica non solo non è necessaria, ma talvolta è anche controproducente...

Annosa quanto ricorrente discussione nelle discipline artistiche.
Walter Gropius ci aveva provato gia quasi un secolo fa nella sua "Bauhaus", eliminando l'insegnamento della storia per tentare di evitare condizionamenti, ma non c'è nulla da fare, anche se per negazione la "storia" cacciata dalla porta rientra dalla finestra.
In altre parole a certi condizionamenti culturali non si sfugge, tanto vale gestirli.
  • wildcat80
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29-07-22 21.17

Personalmente il più delle volte che letto frasi "sì ma la teoria non serve, tizio non sa leggere la musica e vince dischi di platino" ho sempre pensato che questa affermazione deve essere contestualizzata: il fattore talento è il determinante assoluto.
Fra i grandi della musica ci sono figure totalmente analfabeti musicali in senso formale, che hanno scritto pagine di storia della musica, fra i comuni mortali, mediamente chi è analfabeta produce tonnellate di merda (ma anche chi è istruito lo fa senza talento dalla sua).
Tutto ciò non deve essere una scusante.
Occorre studiare, occorre capire le regole del gioco, quando ignorarle e quando invece no.
Probabilmente la teoria scale e accordi per molti può costituire un ostacolo, o quantomeno una deviazione piuttosto lunga e poco produttive, ma la vera domanda è: come arrivare agli stessi risultati?
Occorre lavorare sull'istinto, piuttosto che sulla creazione di un immenso database di cliché?
Non saprei davvero cosa rispondere, perché non ho le capacità, nel mio piccolo ovviamente, per capire quanto ciò che catalogo come istintivo non sia piuttosto frutto di un condizionamento talmente remoto e talmente assimilato da risultare completamente inconscio.
  • WTF_Bach
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29-07-22 21.21

@ wildcat80
Personalmente il più delle volte che letto frasi "sì ma la teoria non serve, tizio non sa leggere la musica e vince dischi di platino" ho sempre pensato che questa affermazione deve essere contestualizzata: il fattore talento è il determinante assoluto.
Fra i grandi della musica ci sono figure totalmente analfabeti musicali in senso formale, che hanno scritto pagine di storia della musica, fra i comuni mortali, mediamente chi è analfabeta produce tonnellate di merda (ma anche chi è istruito lo fa senza talento dalla sua).
Tutto ciò non deve essere una scusante.
Occorre studiare, occorre capire le regole del gioco, quando ignorarle e quando invece no.
Probabilmente la teoria scale e accordi per molti può costituire un ostacolo, o quantomeno una deviazione piuttosto lunga e poco produttive, ma la vera domanda è: come arrivare agli stessi risultati?
Occorre lavorare sull'istinto, piuttosto che sulla creazione di un immenso database di cliché?
Non saprei davvero cosa rispondere, perché non ho le capacità, nel mio piccolo ovviamente, per capire quanto ciò che catalogo come istintivo non sia piuttosto frutto di un condizionamento talmente remoto e talmente assimilato da risultare completamente inconscio.
Forse oggi, 1 su mille riesce a produrre qualcosa di buono basandosi solo sull’istinto.

Ai tempi di Bach, neppure quell’uno. E bisogna riflettere su questo.
  • Asterix
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29-07-22 21.42

@ d_phatt
Premetto che nel titolo volevo scrivere "teoria" tra virgolette, ma non c'erano abbastanza caratteri a disposizione.
Io non riesco a capire, almeno non del tutto, come mai si dà tanta importanza a questo metodo, lo si incontra in molti testi per non parlare delle risorse online... Anche il Levine, che per tante cose mi sembra un buon libro, dedica fiumi di inchiostro a questa cosa. Ma non sarebbe meglio usare quelle pagine per spiegare i concetti più importanti dell'armonia? Tanto "classica", jazz, pop, rock, cosa cambia? Finché siamo nel sistema tonale i concetti di base quelli sono, quello che può cambiare è lo stile (e le regole) con cui vengono usati...

Una volta che uno sa come funziona la tonalità, la costruzione degli accordi (anche fino alla 13esima), le cadenze, le progressioni di base, il concetto di regione armonica, ritmo armonico, eccetera...le note che può usare su un determinato accordo le individua conoscendo l'accordo e il contesto tonale in cui esso si trova.
Poi certo, saper disporre di quelle note (cordali, di passaggio, cromatismi, dove disporle all'interno di una battuta, ecc) al fine di creare musica è un altro paio di maniche, entrano in gioco tanti aspetti...Ma questo vale sempre, a prescindere, non è che se imparo a memoria 10000 tabelle con i modi e le scale da usare sugli accordi allora il mio fraseggio diventa automaticamente perfetto.

Per esempio nel Jazz Theory Book di Levine (che continuo a citare solo perché è uno dei più famosi sul jazz e tra quelli sul jazz è quello che conosco meglio), confesso che non l'ho mai letto tutto, specialmente per colpa dell'enorme sezione dedicata alla "teoria" scala accordo, ma in nessuna sezione di quelle da me lette si nomina il fondamentale concetto di regione armonica...ma forse me lo sono perso io. Comunque di quel libro ho trovato interessanti sopratutto le parti sui vari tipi di voicing, quella sulla riarmonizzazione con sostituzioni varie piena di esempi interessanti e di utili norme pratiche sulle cose da NON fare...però il libro in sé mi avrebbe molto confuso e portato fuori strada se non avessi avuto una base teorica e di armonia che mi sento di definire solida, o almeno decente, anche se ce ne sarebbero a bizzeffe di cose che dovrei ripassare, imparare o approfondire.

Mi rendo conto che alcune cose possono essere molto utili, per esempio il concetto di "avoid note" in determinate situazioni magari può aiutare un musicista inesperto a evitare una scelta sbagliata, insomma possono avere senso dei consigli pratici utili, però che senso ha privare il musicista della comprensione del funzionamento base della musica tonale che suonerà nel 99 se non nel 100% del suo tempo? Vero che capire le strutture alla base della sistema tonale richiede tempo, ma anche studiare ed esercitarsi su centinaia di scale e modi in tutte le tonalità richiede tempo, anzi probabilmente molto di più.

Cosa mi sfugge?
So di essere un po' assolutista, ma per me (che comunque non sono bravo a improvvisare) l'unica improvvisazione che conta è quella che io chiamo "motivica".
In altre parole se un mio allievo fa 2 improvvisazioni su 2 brani diversi e le improvvisazioni si assomigliano... c'è qualcosa che non va.
Si improvvisa su un tema, su una cellula ritmica su degli intervalli, su degli incisi; e tutto in relazione all'armonia sottostante.
L'improvvisazione è uno sviluppo, un percorso.
Pensare troppo a scale & accordi fa perdere di vista l'insieme.
Tutto è possibile purché legittimato da un aspetto/parametro dell'improvvisazione.
Se sto usando come tratto caratteristico per esempio le appoggiature posso mettere una settima maggiore su un accordo di dominante e poi risolverla anche dopo che l'accordo ha risolto.
Se decido di fare un passaggio in cui destra e sinistra si muovono per quarte giuste, magari la destra seguirà le regole ma la sinistra può darsi che suoni più "avoid notes" che note corrette...
  • paolo_b3
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29-07-22 21.59

@ Asterix
So di essere un po' assolutista, ma per me (che comunque non sono bravo a improvvisare) l'unica improvvisazione che conta è quella che io chiamo "motivica".
In altre parole se un mio allievo fa 2 improvvisazioni su 2 brani diversi e le improvvisazioni si assomigliano... c'è qualcosa che non va.
Si improvvisa su un tema, su una cellula ritmica su degli intervalli, su degli incisi; e tutto in relazione all'armonia sottostante.
L'improvvisazione è uno sviluppo, un percorso.
Pensare troppo a scale & accordi fa perdere di vista l'insieme.
Tutto è possibile purché legittimato da un aspetto/parametro dell'improvvisazione.
Se sto usando come tratto caratteristico per esempio le appoggiature posso mettere una settima maggiore su un accordo di dominante e poi risolverla anche dopo che l'accordo ha risolto.
Se decido di fare un passaggio in cui destra e sinistra si muovono per quarte giuste, magari la destra seguirà le regole ma la sinistra può darsi che suoni più "avoid notes" che note corrette...
Pur senza avere la tua preparazione sono concetti che condivido.
  • giosanta
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29-07-22 22.15

wildcat80 ha scritto:
... Occorre studiare, occorre capire le regole del gioco, quando ignorarle e quando invece no...

Giustissimo. Le regole sono fatte per essere infrante ma per infrangerle bisogna conoscerle.
Viceversa si pratica un musicismo naif, anche se c'è poi da chiedersi sino a che punto un occidentale, permeato suo malgrado (anche se personalmente direi buongrado) dal Clavicembalo Ben Temperato sino a Miles Davis, possa realmente definirsi "naif".
  • Asterix
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30-07-22 09.38

@ d_phatt
Premetto che nel titolo volevo scrivere "teoria" tra virgolette, ma non c'erano abbastanza caratteri a disposizione.
Io non riesco a capire, almeno non del tutto, come mai si dà tanta importanza a questo metodo, lo si incontra in molti testi per non parlare delle risorse online... Anche il Levine, che per tante cose mi sembra un buon libro, dedica fiumi di inchiostro a questa cosa. Ma non sarebbe meglio usare quelle pagine per spiegare i concetti più importanti dell'armonia? Tanto "classica", jazz, pop, rock, cosa cambia? Finché siamo nel sistema tonale i concetti di base quelli sono, quello che può cambiare è lo stile (e le regole) con cui vengono usati...

Una volta che uno sa come funziona la tonalità, la costruzione degli accordi (anche fino alla 13esima), le cadenze, le progressioni di base, il concetto di regione armonica, ritmo armonico, eccetera...le note che può usare su un determinato accordo le individua conoscendo l'accordo e il contesto tonale in cui esso si trova.
Poi certo, saper disporre di quelle note (cordali, di passaggio, cromatismi, dove disporle all'interno di una battuta, ecc) al fine di creare musica è un altro paio di maniche, entrano in gioco tanti aspetti...Ma questo vale sempre, a prescindere, non è che se imparo a memoria 10000 tabelle con i modi e le scale da usare sugli accordi allora il mio fraseggio diventa automaticamente perfetto.

Per esempio nel Jazz Theory Book di Levine (che continuo a citare solo perché è uno dei più famosi sul jazz e tra quelli sul jazz è quello che conosco meglio), confesso che non l'ho mai letto tutto, specialmente per colpa dell'enorme sezione dedicata alla "teoria" scala accordo, ma in nessuna sezione di quelle da me lette si nomina il fondamentale concetto di regione armonica...ma forse me lo sono perso io. Comunque di quel libro ho trovato interessanti sopratutto le parti sui vari tipi di voicing, quella sulla riarmonizzazione con sostituzioni varie piena di esempi interessanti e di utili norme pratiche sulle cose da NON fare...però il libro in sé mi avrebbe molto confuso e portato fuori strada se non avessi avuto una base teorica e di armonia che mi sento di definire solida, o almeno decente, anche se ce ne sarebbero a bizzeffe di cose che dovrei ripassare, imparare o approfondire.

Mi rendo conto che alcune cose possono essere molto utili, per esempio il concetto di "avoid note" in determinate situazioni magari può aiutare un musicista inesperto a evitare una scelta sbagliata, insomma possono avere senso dei consigli pratici utili, però che senso ha privare il musicista della comprensione del funzionamento base della musica tonale che suonerà nel 99 se non nel 100% del suo tempo? Vero che capire le strutture alla base della sistema tonale richiede tempo, ma anche studiare ed esercitarsi su centinaia di scale e modi in tutte le tonalità richiede tempo, anzi probabilmente molto di più.

Cosa mi sfugge?
Un'altra cosa un po' estrema: sono dell'idea che si dovrebbe cominciare a improvvisare monodicamente SENZA base armonica, così si pensa fin da subito al discorso musicale e al suo sviluppo.
  • paolo_b3
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30-07-22 09.56

@ giosanta
wildcat80 ha scritto:
... Occorre studiare, occorre capire le regole del gioco, quando ignorarle e quando invece no...

Giustissimo. Le regole sono fatte per essere infrante ma per infrangerle bisogna conoscerle.
Viceversa si pratica un musicismo naif, anche se c'è poi da chiedersi sino a che punto un occidentale, permeato suo malgrado (anche se personalmente direi buongrado) dal Clavicembalo Ben Temperato sino a Miles Davis, possa realmente definirsi "naif".
Una riflessione: se eseguo, chessò, Now's the time esattamente come la faceva Charlie Parker faccio un lavoro perfetto di "improvvisazione jazz", ma cosa ho improvvisato? Nulla
  • markelly2
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30-07-22 10.05

@ paolo_b3
Una riflessione: se eseguo, chessò, Now's the time esattamente come la faceva Charlie Parker faccio un lavoro perfetto di "improvvisazione jazz", ma cosa ho improvvisato? Nulla
Ma se rifaccio la stessa improvvisazione uguale identica ogni sera, è perché ho una memoria di ferro, o perché non ne ho affatto? emo
  • Sbaffone
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30-07-22 10.58

@ paolo_b3
Una riflessione: se eseguo, chessò, Now's the time esattamente come la faceva Charlie Parker faccio un lavoro perfetto di "improvvisazione jazz", ma cosa ho improvvisato? Nulla
ma hai imparato un sacco di cose, soprattutto se poi improvvisi di tuo e metti a confronto le due impro emo
  • WTF_Bach
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30-07-22 11.07

@ Asterix
Un'altra cosa un po' estrema: sono dell'idea che si dovrebbe cominciare a improvvisare monodicamente SENZA base armonica, così si pensa fin da subito al discorso musicale e al suo sviluppo.
Questo è un esercizio importante - che infatti ho sempre proposto ai miei allievi.

Ma deve andare di pari passo con la capacità di improvvisare sugli accordi.

Ovviamente, bisogna puntualizzare che io insegno improvvisazione be-bop e, in maniera meramente accessoria e residuale, qualche concetto di impro jazz modale per arricchire il vocabolario.
  • zaphod
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30-07-22 11.15

@ paolo_b3
Una riflessione: se eseguo, chessò, Now's the time esattamente come la faceva Charlie Parker faccio un lavoro perfetto di "improvvisazione jazz", ma cosa ho improvvisato? Nulla
l'analisi di un solo non ha il fine di ripeterlo pedissequamente, ma secondo me ha due scopi:
1) capire le note utilizzate sui vari accordi (ad esempio, Parker sull'accordo di dominante metteva spesso la 9b)
2) interpretare il fraseggio: è illuminante scoprire a volte che certe bellissime frasi sono costituite da note che utilizziamo abitualmente (d'altronde più di 12 non ce ne sono emo) ma cambiando accenti ed espressione si "trasformano" in un fraseggio molto più bello e jazzistico.
  • Sbaffone
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30-07-22 11.28

@ WTF_Bach
Questo è un esercizio importante - che infatti ho sempre proposto ai miei allievi.

Ma deve andare di pari passo con la capacità di improvvisare sugli accordi.

Ovviamente, bisogna puntualizzare che io insegno improvvisazione be-bop e, in maniera meramente accessoria e residuale, qualche concetto di impro jazz modale per arricchire il vocabolario.
Bastano le note cordali più la nona per fare un bel solo, se non viene ci sono dei problemi di fondo come accenti, portamento della frase ecc. cose che bisogna risolvere live.
  • paolo_b3
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30-07-22 11.33

@ Sbaffone
ma hai imparato un sacco di cose, soprattutto se poi improvvisi di tuo e metti a confronto le due impro emo
Chiaro, la mia era un'estremizzazione. Bisogna imparare le regole, ma poi bisogna evolvere e i due concetti sono antitetici.
  • Sbaffone
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30-07-22 14.11

@ paolo_b3
Chiaro, la mia era un'estremizzazione. Bisogna imparare le regole, ma poi bisogna evolvere e i due concetti sono antitetici.
Stai dicendo che punti a superare Parker? emo
  • paolo_b3
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30-07-22 14.15

@ Sbaffone
Stai dicendo che punti a superare Parker? emo
No, non volevo dire questo, però a questo punto direi che i casi sono due: o lo replico pedissequamente e non improvviso o lo devo superare, sennò faccio musica scadente... emoemoemo
  • WTF_Bach
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30-07-22 14.44

@ Sbaffone
Stai dicendo che punti a superare Parker? emo
E diventare, come minimo, Montblanc?