Pathos nello studio

  • Albatros444
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11-08-08 02.39

Spesso ho notato che nello studio di uno strumento viene trascurato il fattore emotivo e il coinvolgimento sprituale. Si pensa allo studio come un evento del tutto tecnico e meccanico, in cui la mente è concentrata esclusivamente sull'abilità manuale e sul rispetto delle indicazioni dello spartito se ci sono.
Ritengo che sia importante considerare il clima che instauriamo con la musica, cosa che ci permette di affrontare al meglio un esecuzione in pubblico e che coinvolge tutto il nostro corpo. Infatti capita per l'appunto che in circostanza diverse dal nostro studio di casa, avvertiamo un forte senso di disagio, causato da una mancata cura sul coinvolgimento emotivo durante lo studio. é necessario a mio avviso trovare un clima sereno in cui ci si sente a proprio agio prima di affrontare qualsiasi studio, solo in questo modo avremo la capaictà di ricreare in qualsiasi contesto questo pathos.
é importante considerare questo aspetto perchè da modo di chiariare alcune peculiarità della musica intrinseche che vanno al dilà di un semplice approccio tecnico-meccanico. Del resto si sa che il iinguaggio musicale è tra i più completi e ricco di misteri. é necessario un coinvolgimento totale del corpo, un coinvolgimento psico-fisico, solo allora si potrà affrontare lo studio.
  • nemo2488
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11-08-08 17.48

sono daccordo, i stesso prima (e durante) esibizioni di musica classica in cui suono da solo ho una forte angoscia esistenziale, che chiaramente non può che impedire una buona esecuzione, però non saprei come fare ad avere un approccio diverso, o chi a insegnarmelo evidentemente non lo sa
  • Enrico_83
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20-08-08 14.17

sull'argomento ho letto delle bellissime osservazioni sul libro "l'arte del pianoforte" di Henrich Neuhaus (il maestro di gente del calibro di Richter, Gilels, Lupu, niente popò di meno.. nonchè lui stesso pianista incredibile, se vi capita andate a rifarvi le orecchi su youtube) tra l'altro lui consigliava ai suoi allievi di studiare i libri di Stanislawsky("il lavoro dell'attore su se stesso" ed "il lavoro dell'attore sul personaggio"), in quanto riteneva fondamentale per il pianista un training mentale analogo a quello dell'attore.
  • iltastieraio
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04-09-08 02.31

@ nemo2488
sono daccordo, i stesso prima (e durante) esibizioni di musica classica in cui suono da solo ho una forte angoscia esistenziale, che chiaramente non può che impedire una buona esecuzione, però non saprei come fare ad avere un approccio diverso, o chi a insegnarmelo evidentemente non lo sa
..la strizza (angoscia) ante-concerto è una delle poche cose che non possono essere insegnate...
si impara,forse, con tanta esperienza...
riuscire a suonare un pezzo benissimo quando si è soli a casa è non riuscire altrettanto in pubblico è una cosa che mi sono portato dietro per tanti anni...ora non dico di averla superata del tutto,ma cmq riesco molto di più a concentrarmi su quello che devo suonare e a controllare maggiormente l'ansia...
Può dipendere da tanti fattori,in primis a mio avviso c'è il fatto,soprattutto nella musica classica,che quando si suona da soli al pianoforte è un pò come suonare "nudi"...dobbiamo esprimere e buttare fuori i nostri sentimenti,le nostre emozioni magari davanti a gente che non conosciamo e per lo più siamo soli...
naturalmente sono d'accordo anche io che durante lo studio,soprattutto quello di rifinitura del brano,bisogna suonare come se si fosse in concerto,dare il 100% di stessi anche se vi assicuro non sarà mai la stessa cosa...l'ansia giochi bruttissimi scherzi ed difficile da simulare quando si è tra le 4 mura domestiche...
il discorso cambia quando si suona in gruppo...in quel caso l'emozione è molto meno...o almeno per me è così..
spero di essere stato d'aiuto..
F.
  • anonimo

04-09-08 09.08

il punto è che quando si studiano a casa i brani, inevitabilmente ci si concentra più sulla parte tecnica che non su quella emotiva.Mentre quando si fanno concerti la parte emotiva ha un ruolo molto più grande perchè sai benissimo che non hai possibilità di ripeterti e quindi ti lascia andare escudendo del tutto la tua parte critico-tecnica.
E' fondamentale fare concerti perchè queste cose le impari solo in live
Edited 4 Set. 2008 7:08
  • anonimo

04-09-08 10.20

è un pò come studiare le lingue: puoi studiare tutti i libri di grammatica ecc... impararli a memoria, ma studiare solo non basta.Se non vai in inghilterra ( se studi inglese) per un pò di tempo parlando inglese senza pensare alla grammatica ed ai libri, non imparerai mai l'inglese
  • Michele76
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07-09-08 02.59

io non sono un perfezionista, non sono proprio portato al perfezionamento sotto tanti punti di vista, però appunto lavorando dal contesto più umile tipo suonare, fare pianobar in un hotel, facendo un "sottofondo" alla gente che non gliene può fregà di meno, mi resi conto che il coinvolgimento vero è appunto quando sei lì a mettere in pratica. Se sei uno tosto che suona pulito, gran tecnica, metterai in pratica questa tua dote, se sei come me, suonerai i tuoi pezzi alla tua maniera dando importanza all'espressione, all'intenzione di quando suoni qualcosa che ti piace, magari sporchi qualche nota come fanno tutti, però è bello quando esce qualcosa di buono e fa tirare un sospiro di sollievo. Mi piace di più questo (autoconsolazione per non essere un Jarrett della situazione emo) rispetto ai grandi tecnicismi che mi piacerebbero ma che non so fare e che in fondo fanno sbadigliare dopo pochi minuti... è bello quando con un pezzo che non ci avresti mai pensato strappi un applauso da qualcuno che è lì che ascolta con sentimento, piuttosto che dover compiacere un tecnico o un rompicoglioni che è lì ad aspettare che stecchi e se ti applaude è perché è talmente invidioso che non riesce a trattenersi emo emo
  • Michele76
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07-09-08 03.01

tutte queste bischerate (mie) per dire che comunque ho cominciato a divertirmi quando ho potuto staccare da quella "paura" di suonare, per sbagliare anche le note ma suonare quello che mi piace, come mi piace. Allora vedi che quello che fai con passione (abbasso i luoghi comuni emo) può avere una risposta in chi ascolta e viceversa... anch'io ho passato, purtroppo, anni a studiare, frustrato e per carattere introverso e perché venivo anche brontolato per gli "errori". Ho capito questa cosa quando ero un attimino più grandicello però se ne soffre indubbiamente. E' bello quando l'insegnante ti insegna ma ti fa stare bene, a quel punto suoni e suoni con passione, quindi bene, anche sporcando una nota o due.

Comunque appunto, il mio rapporto instaurato, all'inzio... fu un rapporto di "temenza". Spesso soffro ancora di questa cosa ma ne soffro più per il carattere che mi ritrovo che per altro. Di sicuro ho risentito, in più tenera età anche se ho cominciato a 12 anni a suonare..., dei rimproveri anche inutili... io spesso a un allievo dico: "vai ora ripetilo senza ritornelli COME VIENE VIENE, come se tu dovessi suonarlo, come lo faresti" per scaricare un po' di tensione che non deve esserci, non deve esserci la paura anche se ci vuole molta concentrazione e lo sforzo è grosso nel suonare. Però se si riesce a togliere la paura si vive meglio. Un ex insegnante da un'altra stanza mi correggeva la diteggiatura mentre suonavo... che belva... che musicista e che pianista... avessi studiato con lui una decina di anni o anche 15 chi lo sa come suonerei bene oggi, per lo meno rilassato!
Edited 7 Set. 2008 1:05
  • iltastieraio
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07-09-08 05.31

Come giustamente dici tu michele,è anche molto una questione di carattere e di nervi saldi.Io sono del parere che per quanto uno possa essere tecnico,alla fine tutto passa per il cervello ,anche il più ipertecnico del pianeta che però si fa prendere dalla paura prima di suonare combinerà a mio parere più "cavolate" di uno che ha una tecnica mediocre,ma sangue freddo!
  • Michele76
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08-09-08 21.40

certo, la personalità ci influisce e molto sicuramente!
C'è gente veramente molto capace che suona solo di rado per divertimento per motivi di carattere...
  • michelet
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01-10-08 12.51

Per quanto riguarda la mia ridotta esperienza, posso dire di aver limitato (ma non del tutto eliminato) "l'horror vacui" cerebrale del pre - e durante l'interpretazione, attraverso una tecnica, semplice ma efficace: non servirmi dello spartito. emo In altre parole, imparo tutto a memoria in maniera meticolosa. Poi quando raggiungo lo stato in cui le mani vanno avanti da sole, mi concentro sull'interpretazione, cercando di "rifinire" e perfezionare il pathos esecutivo...
Certo, come dice Albatros, ci sono giornate in cui alcuni passaggi non riescono nemmeno dandosi martellate sugli zebedei....emo Ed allora si capisce che non siamo risusciti a "digerire" magari una discussione con la partner, l'atteggiamento strafottente del collega d'ufficio ecc. ecc.
In linea di massima, per quanto possibile, se voglio dedicarmi allo studio della musica, cerco di arrivare a casa con un moderato anticipo rispetto alle solite ore che la libera professione mi impone. Indosso abiti comodi, mi rilasso un po' su una comoda poltrona e, di norma, quelle sono le serate in cui riesco ad essere più produttivo.