Le difficoltà della musica elettronica

  • wildcat80
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17-05-21 19.16

Mi fa piacere condividere con voi alcune riflessioni sulla produzione della musica elettronica, dal punto di vista, pare scontato, di chi impara e non di chi insegna.
Parto dal presupposto che la musica elettronica che produco non è integralista, è un tipo di pop, e che fare questa musica mi ha fatto sgretolare alcune certezze.
La prima è che fare pop sia facile. Niente di più falso.
La seconda è che se sei un musicista con un background ampio è tutto più semplice se vuoi fare musica elettronica. Altro luogo comune, non è così.
Quali sono le difficoltà quindi?
La prima è quella di fare girare un pezzo con giri armonici tendenzialmente ripetitivi e poco estesi senza risultare per l'appunto ripetitivi: saper cogliere il sottile confine che distingue una frase ripetitiva da un hook che aggancia appunto l'ascoltatore.
Non è facile, io sto cercando di rimediare provando a buttar giù pezzi con giri molto minimal, ed è difficile cogliere il confine, molto.
La seconda è quella di saper creare appunto hook veramente efficaci. In tutta onestà credo di esserci riuscito in un paio di occasioni e non di più.
La terza è quella di creare melodie (vocali) che non risultino ripetitive pur poggiandosi su strutture armoniche ripetitive.
Qui sono salvo perché non me ne occupo, comunque il mio socio ha difficoltà, perché gli risulta spontaneo scrivere cantati che suonano decisamente più rock o soul, che è il suo background naturale.
La quarta è l'arrangiamento: seppur qualsiasi pezzo di musica "leggera" può avere una struttura base che si ripropone, introduzione, strofa, ritornello, finale, con eventuali momenti di rottura, ogni genere e sottogenere elettronico può avere alcune peculiarità proprie, che ovviamente si differenziano fra strumentale e cantato, e comunque la iteratività della struttura armonica non aiuta a creare regioni che suonino differenti. Fare un bridge piuttosto che uno special in un pezzo rock, in cui puoi permetterti il lusso di fare cambi metrici, cambi di tempo, introdurre nuovi giri armonici, modulare, etc etc, con strutture che si basano su giri armonici tendenzialmente ripetitivi non è così immediato.
La quinta è il suono, ed è la più articolata.
Il primo scoglio è avere un suono coerente con il genere di riferimento.
Il secondo scoglio è creare un suono proprio: un certo tipo di basso, le percussioni, i lead, i tappeti, il mix voce... La voce deve suonare bene, e deve suonare in un dato modo, coerente con il genere, ma che sia più personale possibile.
Il terzo scoglio è il mix: in prodotti musicalmente semplici, il confezionamento finale è FONDAMENTALE. Un pezzo deve suonare bene su qualsiasi impianto. Il mix è una seccatura allucinante, a volte peggio della stesura di un brano. Io sto imparando a cercare di rendere i pezzi con le parti più intellegibili possibile, conoscere la musica aiuta anche nel mix, ma ci sono aspetti importanti che cito più avanti, oltre ovviamente all'esperienza e all'orecchio, e fra un mix da paura e un mix intellegibile c'è di mezzo il mare.
Dopo il mix viene il master. Cosa da fare fare ad altri. Il master non è uniformare i livelli alla piattaforma di riproduzione e ascolto, il master è confezionare un disco con un suono coerente in tutti gli aspetti: livelli giusti, suono riconoscibile. Il mio livello attuale è non far clippare, rispetta la LUFS di riferimento, non cancellare o accentuare troppo certe frequenze. In sintesi, il mastering è altro.
Infine, la tecnologia: c'è un mondo.
Pensare che l'elettronica sia fatta di sequenze preimpostate è un errore madornale, errore/luogo comune in cui sono caduto per decenni.
La tecnologia aiuta, ma va capita.
Io ad esempio sotto questo aspetto sono molto all'antica, e artigiano.
L'unica sequenza fissa che uso è il Rolling bass in 16esimi.
CONTINUA
  • wildcat80
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17-05-21 19.32

Gli arpeggi: personalmente non uso i classi up, down, up&down, random, ma tendo a programmarmi tutto con un plugin dedicato, che è Bluearp, in cui sostanzialmente si disegna il ritmo e la successione delle note (key1, key2, e così via fino a 5), si decide se usare polifonie/accordi o linee monofoniche, poi si mette in loop e si suona, finché non salta fuori l'arpeggio che piace.
Le batterie: facile, facilissimo. Sì come no, il lavoro che si fa sulle batterie è una palla incredibile. Devi creare un groove stando dentro gli stilemi, e devi farlo suonare in un certo modo coerente sempre al genere.
Un rullante in quello che facciamo difficilmente va bene così come esce dal plugin o dal synth: compressione, equalizzazione, saturazione, riverbero, eventuali aggiustamenti con l'equalizzazione sul riverbero, eventuale compressione del riverbero (gated reverb snare dice nulla?).... Un lavoro nel lavoro.
La tecnologia dicevo... DAW o DAWLESS? Gli outboard, esterni e software, i sistemi di ascolto, le references, un capitolo infinito che non apro.
Certo ogni genere ha le sue difficoltà, ma l'elettronica è una musica che tendenzialmente fai da solo, o con un cantante al massimo: è il suo bello e la sua difficoltà.
Poi ci sono i MIDI packs, gli scale e chord assistant, e altre cose, ma le sequenze automatizzate non fanno per me, anche se le utilizza anche VANGELIS, io non sono capace e non mi va, così come non sono capace a lavorare con i campionamenti.
  • wildcat80
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17-05-21 19.43

Due parole ancora sulla tecnologia.
Non parlo di strumenti musicali, ma di strumenti per la produzione.
L'interfaccia audio.
La DAW
I controller per DAW.
O groovebox (o sequencer hardware) atti alla produzione.
I plugin per gli effetti: slapback, delay, echo, riverberi, e tutte le diavolerie che vengono in mente.
I plugin per il mix: equalizzatori, compressori, imiter, saturatori, stereo imager...
L'equivalente fisico dei plugin sopra citati.
Le cuffie chiuse per la registrazione.
Le cuffie utilizzabili per il mix e i giusti software che consentono di poter fare mix ascoltabili utilizzando le cuffie semiaperte.
Le cuffie da ascolto.
I monitor e il triangolo di ascolto.
La stanza tratta per l'ascolto e il mix.
Ci sono tante di quelle cose da conoscere e saper usare che l',arpeggiatore o lo step sequencer sono l, ultimo dei pensieri.
  • paolo_b3
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17-05-21 19.51

Una trattazione veramente approfondita ed esaustiva.
L'unica cosa che non mi sorprende è la questione delle strutture semplici. E' chiaro che con le possibilità timbriche che hai a disposizione si tende a concentrare li l'intenzione artistica.

Comunque complimenti!!!
  • Dallaluna69
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18-05-21 01.24

Sottoscrivo ogni virgola.
Aggiungo una riflessione un poco provocatoria...
Nel forum, col passare degli anni, ho notato aggressioni a chi fa piano bar, a chi suona l'arranger, a chi fa karaoke, a chi fa il DJ... Ogni volta sembra che si pensi che certe categorie di persone abbiano la vita facile e che, per qualche perverso giro di idee, vadano a togliere qualcosa alle altre persone.
Se fai computer music, sembra che rubi qualcosa a chi "suona davvero" (o almeno crede di farlo...). Non so cosa gli rubi: gli ascoltatori?
Come se ci fosse qualcuno che pensa: "Cosa compro oggi, un CD di questo tizio sconosciuto che fa jazz o di questo tizio sconosciuto che fa progressive house? Ah! Nessuno dei due! E comunque non hanno fatto un CD, almeno che io ne sia venuto a conoscenza..."
Per fare il DJ, tanto per fare un altro esempio, non basta crearsi una chiavetta con le canzoni fighe del momento. E' un lavoro complessissimo, che prevede certamente di tenersi aggiornati rispetto alle mille sottocategorie delle suddette canzoni fighe, ma anche di capire qual è la platea che ti sta ascoltando, qual è l'umore della sala (e come cambia durante la serata), quali brani stanno bene insieme e perché... per non parlare del fatto che ad una sfilata di moda il DJ farà un set completamente diverso da quello che farà ad un rave party...
Non troppo tempo fa, sul forum si è affacciato un rapper che cercava qualcuno che gli facesse le basi per una collaborazione: un cosidetto "beatmaker". Gli è stato risposto, da più forumer, di farsi le basi da solo, con i sample gratuiti scaricati da internet, che tanto ci volevano 5 minuti. Quel thread mi colpì moltissimo. Mi fece capire quanto poco si conosca di certe figure del mondo della musica e del lavoro che fanno.
Si pensa che i beat Rap, Trap, Hip hop vengano fatti da ragazzini con computer pieni di software crackati, che pigiano due tasti a caso e la canzone si faccia da sola. Si commettono due errori: il primo è ritenere che essere ragazzini sia una colpa a prescindere, il secondo che per fare quella musica non ci sia da studiare. Magari studiano i tutorial, magari si aiutano a vicenda, magari imparano cento volte più velocemente di noi, perché sono più giovani. Ma dietro a un beat fatto bene, c'è tanta, ma proprio tanta conoscenza e qualche volta anche talento.
  • semar
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18-05-21 10.15

@ Dallaluna69
Sottoscrivo ogni virgola.
Aggiungo una riflessione un poco provocatoria...
Nel forum, col passare degli anni, ho notato aggressioni a chi fa piano bar, a chi suona l'arranger, a chi fa karaoke, a chi fa il DJ... Ogni volta sembra che si pensi che certe categorie di persone abbiano la vita facile e che, per qualche perverso giro di idee, vadano a togliere qualcosa alle altre persone.
Se fai computer music, sembra che rubi qualcosa a chi "suona davvero" (o almeno crede di farlo...). Non so cosa gli rubi: gli ascoltatori?
Come se ci fosse qualcuno che pensa: "Cosa compro oggi, un CD di questo tizio sconosciuto che fa jazz o di questo tizio sconosciuto che fa progressive house? Ah! Nessuno dei due! E comunque non hanno fatto un CD, almeno che io ne sia venuto a conoscenza..."
Per fare il DJ, tanto per fare un altro esempio, non basta crearsi una chiavetta con le canzoni fighe del momento. E' un lavoro complessissimo, che prevede certamente di tenersi aggiornati rispetto alle mille sottocategorie delle suddette canzoni fighe, ma anche di capire qual è la platea che ti sta ascoltando, qual è l'umore della sala (e come cambia durante la serata), quali brani stanno bene insieme e perché... per non parlare del fatto che ad una sfilata di moda il DJ farà un set completamente diverso da quello che farà ad un rave party...
Non troppo tempo fa, sul forum si è affacciato un rapper che cercava qualcuno che gli facesse le basi per una collaborazione: un cosidetto "beatmaker". Gli è stato risposto, da più forumer, di farsi le basi da solo, con i sample gratuiti scaricati da internet, che tanto ci volevano 5 minuti. Quel thread mi colpì moltissimo. Mi fece capire quanto poco si conosca di certe figure del mondo della musica e del lavoro che fanno.
Si pensa che i beat Rap, Trap, Hip hop vengano fatti da ragazzini con computer pieni di software crackati, che pigiano due tasti a caso e la canzone si faccia da sola. Si commettono due errori: il primo è ritenere che essere ragazzini sia una colpa a prescindere, il secondo che per fare quella musica non ci sia da studiare. Magari studiano i tutorial, magari si aiutano a vicenda, magari imparano cento volte più velocemente di noi, perché sono più giovani. Ma dietro a un beat fatto bene, c'è tanta, ma proprio tanta conoscenza e qualche volta anche talento.
Mi associo con i commenti e le considerazioni.
Aggiungo solo che, pe quanto mi riguarda, quello che io trovo essermi d' aiuto nella stesura di un brano inedito pop - che confermo non essere assolutamente una passeggiata - é un approccio "minimalistico" nella composizione. Pochi, anzi pochissimi strumenti, che giá farli "interagire" tra loro con le giuste frequenze, accordi e rivolti, aumentate e diminuite, é un lavoro di cesello. Se si inizia con molti strumenti, essendo le "combinazioni" ( o permutazioni ? ) molte di piú, aumenta le difficoltá nel tentativo di amalgamarli.

E poi la voce. Personalmente ritengo (forse scoprendo l' acqua calda) che nel genere pop la voce é lo strumento primario. Quindi gli altri devono "sottostare" e darle spazio laddove possibile. A parte quando la voce tace. E lí ci vuole talento e creativitá per trovare un ritornello o refrain orecchiabile e memorizzabile.

E che tuttavia non si ripeta mille mila volte. Perché in quei tre minuti ti giochi tutto, e se ci si ingolfa nella ripetitivitá ci si arena nella monotonia. Ed il brano precipita nel dimenticatoio.

La ricerca della "perfezione" nel mix o nel master é per coloro - come me perfezionisti - un aspetto comprensibile, al quale destinare molto tempo e fatica, tuttavia ció distoglie e stanca, e bisognerebbe invece seguire l' istinto compositivo del momento - a mio modesto parere.

Insomma. Qualunque genere si faccia, ci vuole pazienza e "orecchio" fino. E senza dimenticare il fine ultimo: divertirsi !
  • wildcat80
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18-05-21 10.24

L'altro giorno mi è capitato di ascoltare in macchina, quindi casualmente, un pezzo nuovo di Justin Bieber, che non è uno dei miei preferiti.
Ma la produzione era a dir poco perfetta: la voce era il filo conduttore del pezzo, un'alternanza di strumenti e voce a dir poco perfetta.
Poi il pezzo di per sé non è che mi sia piaciuto particolarmente, però quelle accortezze sull'arrangiamento le ho appuntate.

18-05-21 11.45

I Beatles hanno insegnato a tutti come comporre musica Pop.
Alle tue considerazioni, peraltro condivisibili, ne aggiungo di mie:
- se uno vuole fare davvero quel genere di musica è lì che bisogna andare, alle radici, alla Beat-mania che ha ispirato poi i grandi del Pop (chi ha Michael Jackson?)
- Il Pop è semplice ed immediato, per questo piace a tutti. Una volta ho visto un video di un trio comico americano che in quattro minuti ha condensato tantissimi super successi mondiali creati con il giro C - G - Am - F (Don't stop believe it, ad esempio). Beh, sembra semplice no? Invece, giustamente, non lo è ma è quello che crea la migliore alchimia per un ascolto semplice.
- Il suono? è fondamentale? Sì e no. Mi spiego meglio, generalmente si cerca di trovare il miglior suono possibile sui nostri strumenti, si passano ore a smanettare su oscillatori, filtri, ADSR, ecc ma vi siete mai fermati a sentire il suono pre e il suono post mix? Io credo che sia doveroso stare attenti alla "categoria" del suono giusta. Esempio: gli strings, sono osticissimi perchè ci sono brani dove è necessario che abbiano un attacco deciso, altri dove siano morbidi e vellutati e lì non c'è problema, vai di ADSR e ok, ma non è proprio così perchè strings morbidi e strings rapidi hanno poi problemi quando li sommi agli altri suoni e allora l'EQ e la compressione modificano il suono da cui eri partito (si spera sempre in meglio ovviamente), per cui io non mi fermo al suono perfetto ma a quello perfettibile in mix.
- Il Mix è una rottura di coglioni, spesso però non si considera per quello che è davvero: un momento creativo a tutti gli effetti. la combinazione di EQ, compressori, delay e chorus, pan, ecc.
- Il Mix dovrebbe rendere ascoltabile ciò che uscito dalle nostre dita non è non in termini di composizione ma di chiarezza dei suoni.
- Il Mix rende bello ciò che bello non è (pensate sempre ai Beatles e alle attrezzature che sono state create per rendere il loro suono sempre migliore).
- Il Mastering è per pochi eletti.
  • afr
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18-05-21 13.27

@ wildcat80
Due parole ancora sulla tecnologia.
Non parlo di strumenti musicali, ma di strumenti per la produzione.
L'interfaccia audio.
La DAW
I controller per DAW.
O groovebox (o sequencer hardware) atti alla produzione.
I plugin per gli effetti: slapback, delay, echo, riverberi, e tutte le diavolerie che vengono in mente.
I plugin per il mix: equalizzatori, compressori, imiter, saturatori, stereo imager...
L'equivalente fisico dei plugin sopra citati.
Le cuffie chiuse per la registrazione.
Le cuffie utilizzabili per il mix e i giusti software che consentono di poter fare mix ascoltabili utilizzando le cuffie semiaperte.
Le cuffie da ascolto.
I monitor e il triangolo di ascolto.
La stanza tratta per l'ascolto e il mix.
Ci sono tante di quelle cose da conoscere e saper usare che l',arpeggiatore o lo step sequencer sono l, ultimo dei pensieri.
Ottima disamina che condivido pienamente

Se fosse facile scrivere un pezzo bello, innovativo e che funzioni, lo farebbero tutti

La verità è che non è per niente facile

18-05-21 14.16

@ wildcat80
Due parole ancora sulla tecnologia.
Non parlo di strumenti musicali, ma di strumenti per la produzione.
L'interfaccia audio.
La DAW
I controller per DAW.
O groovebox (o sequencer hardware) atti alla produzione.
I plugin per gli effetti: slapback, delay, echo, riverberi, e tutte le diavolerie che vengono in mente.
I plugin per il mix: equalizzatori, compressori, imiter, saturatori, stereo imager...
L'equivalente fisico dei plugin sopra citati.
Le cuffie chiuse per la registrazione.
Le cuffie utilizzabili per il mix e i giusti software che consentono di poter fare mix ascoltabili utilizzando le cuffie semiaperte.
Le cuffie da ascolto.
I monitor e il triangolo di ascolto.
La stanza tratta per l'ascolto e il mix.
Ci sono tante di quelle cose da conoscere e saper usare che l',arpeggiatore o lo step sequencer sono l, ultimo dei pensieri.
Scusa mi ero perso questo passaggio.
Tutto quello che scrivi è per il one man band che si vuol produrre il brano da solo.
in realtà, in un mondo perfetto, il musicista dovrebbe suonare, l'ingegnere del suono fare i mix e il master engineer fare il mastering.
Cosa che accade tutt'ora a livelli altissimi.
La tecnologia ha aiutato molto, è vero, ma ha anche complicato la vita dell'utente base sommando tutta una serie di accorgimenti che spesso sono demandati ad altri.
Se non ti dovessi mixare da solo un album non compreresti le migliori cuffie o le migliori casse possibili per mix e mastering ma solo per registrare, non spenderesti centinaia di € in plugin, DAW versione completa, ecc.
Penso che facendo quell'EP (peraltro bello) ti sia accorto che ciò che in realtà ha l'amatore di vantaggio, rispetto ai Pro che cerca di produrre da big, ossia il tempo.
Sì il tempo, non avere scadenze e non avere sulla schiena il produttore che ti stressa perchè la hit del suo assistito deve uscire entro un paio di giorni ti da il vantaggio di poter dedicare il tempo giusto, nei modi giusti.
My 2 cents.
  • giannirsc
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18-05-21 15.48

Sono d'accordo su tutto, a settembre uscirà un mio album in stile synthwave e per me che vengo dal pope dal funky all'inizio è stato difficile e nello stesso divertente trovare " la linea guida"... per le ritmiche mi sono affidato ad una tr-505 ed una elettrico per avere dei suoni più minimal ..suoni di basso ne ho scelti 4 dal dx7.. solo con la fusione di basso e batteria il brano deve girare..pochi pattern e poche variazioni.. poi trovare una melodia mi è risultato più semplice.. per mia abitudine quando scrivo un pezzo del genere preferisco creare solo 16 battute dove faccio suonare di tutto,drum,basso,tastiere arpeggi..poi li spalmo e li alterno all'interno del brano.
Per i vocal su 3 brani ho fatto "parlare" il traduttore di google e le ho elaborate facendole diventare linee melodiche..vocoder + delay e fanno il loro lavoro..
  • wildcat80
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18-05-21 15.56

Diciamo che la tecnologia ha fatto emergere la possibilità di autoprodursi, con tutte le incognite del caso.
Oggi chiunque può fare musica e produrre in casa, ovviamente con risultati diversificati a seconda delle capacità musicali, tecniche e delle tecnologie a disposizione.
E può distribuirla a qualunque titolo.
Il livello di abbassa, la possibilità di emergere si riduce, ci sono mille risvolti di cui si può discutere, e non se ne esce.
Ritengo tuttavia che la banalizzazione sia un aspetto su cui discutere: l'allargamento della platea che produce può portare alla banalizzazione, tanto dei contenuti in senso artistico, quanto delle opinioni.
Scusate per la deriva ma è successo un fatto che mi ha fatto parecchio incazzare, non vale la pena.

18-05-21 16.42

wildcat80 ha scritto:
E può distribuirla a qualunque titolo.

Ma non vuol dire che venga ascoltato e/o apprezzato.

wildcat80 ha scritto:
l'allargamento della platea che produce può portare alla banalizzazione, tanto dei contenuti in senso artistico, quanto delle opinioni.

Questo però non è colpa di chi si autoproduce un disco che vede come mera soddisfazione personale ma delle major che hanno banalizzato e abbassato il livello delle band o degli artisti da far ascoltare.

wildcat80 ha scritto:
Scusate per la deriva ma è successo un fatto che mi ha fatto parecchio incazzare, non vale la pena.

Non so cosa ti è successo ma spero non ti faccia passare ne la voglia di suonare ne quella di comporre.
  • paolo_b3
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18-05-21 17.11

Secondo me c'è un punto fermo che vale per la musica elettronica, il jazz, la classica, il rock, la psichedelia...
La musica è bella quando alla base ci sono delle idee e sono esposte bene. Per il primo aspetto occorrono appunto le idee, per il secondo le capacità.
Il resto sono chiacchiere.
  • anonimo
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18-05-21 17.16

se posso, un esempio di musica inascoltabile per me è la seguente: link
  • wildcat80
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18-05-21 17.30

@ anonimo
se posso, un esempio di musica inascoltabile per me è la seguente: link
Non è il mio genere, posso dire che è musica da club e non da ascoltare, anche se esiste chi la ascolta come musica da ascolto.
  • MicheleJD
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18-05-21 20.50

@ wildcat80
Non è il mio genere, posso dire che è musica da club e non da ascoltare, anche se esiste chi la ascolta come musica da ascolto.
Non è neanche il mio genere, ma ne ho ascoltato alcune parti e mi sembra di buona qualità. concordo con wildcat che di certo anche questa musica una sua collocazione ce la puo’ avere facilmente. oltre che ai club, penso ad esempio come sottofondo durante eventi. momenti in cui serve avere qualcosa di “moderno” ma poco impegnativo in determinate parti dell evento.
  • wildcat80
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18-05-21 21.17

E comunque, la musica elettronica è anche (e soprattutto aggiungerei) Battiato (per essere attuali), Vangelis, John Carpenter, Giorgio Moroder, Harold Faltermeyer, Tangerine Dream, Kraftwerk, Boards of Canada... Tutta gente che faceva uso di sequenze, drum machines, arpeggi, alcuni in in un ambito pionieristico a dir poco.
Sarebbe da andarlo a dire a loro (ai sopravvissuti) che la loro musica è quella di chi sta dalla parte di chi non suona, musica di un livello inferiore.
  • MicheleJD
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18-05-21 21.30

Concordo con Wildcat di nuovo!! aggiungo che tempo fa se non ricordo male su gearsl**z emh volevo dire gearspaceemo ho letto di come Vince DiCola compose le sigle di Rocky (non ricordo quale brano nello specifico) Impressionante leggere come fu composto. Suonando live una ad una tutte le tracce, compreso parti che sembravano suonate da un arpeggiatore. Anche quella credo possa in qualche maniera essere considerata elettronica, ma nessuno di noi credo non possa che ammirare un compositore ed esecutore di tale spessore. Ps e alla conversazione intervenne Vince stesso, con grande umiltà e disponibilità tra l altro!!! Esempio di come un grande come lui, ha comunque rispetto di quelli che non sono di certo al suo livello, se non sono addirittura semplici amatori
  • violino999
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18-05-21 21.36

@ MicheleJD
Concordo con Wildcat di nuovo!! aggiungo che tempo fa se non ricordo male su gearsl**z emh volevo dire gearspaceemo ho letto di come Vince DiCola compose le sigle di Rocky (non ricordo quale brano nello specifico) Impressionante leggere come fu composto. Suonando live una ad una tutte le tracce, compreso parti che sembravano suonate da un arpeggiatore. Anche quella credo possa in qualche maniera essere considerata elettronica, ma nessuno di noi credo non possa che ammirare un compositore ed esecutore di tale spessore. Ps e alla conversazione intervenne Vince stesso, con grande umiltà e disponibilità tra l altro!!! Esempio di come un grande come lui, ha comunque rispetto di quelli che non sono di certo al suo livello, se non sono addirittura semplici amatori
Ho acquistato un video corso su come gestire e registrare un brano di musica elettronica. Non avevo idea di tutti i trucchi e sottigliezze che devono essere usate per riuscire ad avere un mix professionale di musica dance...