Voi parlate il vostro dialetto?

wildcat80 23-02-24 09.25
Che rapporto avete con il vostro dialetto?
Io lo so parlare. Anche per lavoro: avendo pazienti molto anziani, essere in grado di capire e parlare il genovese è molto utile, soprattutto quando si tratta di pazienti molto vecchi del primo entroterra: la zona montana subito fuori Genova è popolata da tantissimi anziani che parlano correntemente in dialetto, avere lo stesso livello di comunicazione facilita molto, anche a livello empatico, fa sentire come uno di casa, rassicura.
Però c'è un rapporto un po' strano con il nostro dialetto nella nostra società: devi saperlo, usarlo con parsimonia. Se lo si parla abitualmente, sta male e si è automaticamente un ignorante.
Il problema del dialetto è che l'abituale parlatore si porta dietro alcuni elementi sintattici che in italiano suonano scorretti.
Casi tipici: c'è i pesci, c'è gli ulivi, non c'è più di pasta.
E anche sulla coniugazione dei verbi, facile traslare male.
Per cui, sapere il dialetto è un vanto anche diciamo nell'alta società, parlarlo correntemente è da bifolchi.
Io lo parlo poco frequentemente, capisco tutto, scriverlo correttamente è molto difficile se non lo si ha mai studiato.
Dimenticavo. Il genovese non è un dialetto, ma una lingua: la lingua ligure.
paolo_b3 23-02-24 10.01
Io lo parlo, direi abbastanza bene. Il bello del dialetto romagnolo, peraltro difficile da comprendere per chi non lo conosce, sono i modi di dire tipici, esempio uno che ha problemi di vista "un ved un prit in t'la nev" (non vede un prete nella neve).
Il mio approccio con il dialetto è simile per certi versi al tuo, Wild, lo si usa quasi esclusivamente con persone con cui si è in confidenza e comunque "avvicina" gli interlocutori. A volte lo uso anche con clienti con cui ho un rapporto ben avviato.
Diversamente se non conosco o se non ho confidenza uso rigorosamente l'italiano,

Poi cos'ho rimasto da dire? Gnit... (niente) emoemoemo
d_phatt 23-02-24 10.55
Diciamo che al bisogno parlo fluentemente il folignate emo però lo preferisco nella sua "variante" moderna, piuttosto vicina al romanesco come termini utilizzati, anche se dall'inflessione assai diversa. Frase tipica: "Oh, non me rompe li cojoni!" emo

Conosco anche una buona parte del dialetto "antico", quello "vero", quello dei miei nonni e bisnonni per intenderci, e lo evito come la peste perché è pesantissimo e non lo sopporto, anche se dalla sua parte aveva alcuni termini veramente stranissimi e molto particolari.

Farne uso dev'essere una scelta, che è bello poter fare quando l'occasione lo permette, ma bisogna anche essere in possesso della modalità "italiano corretto"...

Ho notato anche una cosa, per tutta la mia infanzia e adolescenza sono stato un avido lettore di libri, in più c'era la scuola e gli insegnanti di lettere, e la mia impressione è che probabilmente intorno ai 18/19 anni ero più agile e intuitivo nella scrittura di testi in italiano, anche se potrei avere ricordi distorti. Fatto sta che dall'università in poi le mie letture si sono composte al 99% di testi di matematica e documentazione tecnica di linguaggi di programmazione e informatica in generale, e per la maggior parte scritti in inglese...tra l'altro in un inglese scientifico, piuttosto asciutto e stringato. E secondo me lì ho iniziato a perdere una certa vena creativa "facile" che avevo nella scrittura di testi estesi in italiano, tanto che a scuola scrivevo direttamente i temi in bella copia senza nessun problema, la prima volta che ho scritto un tema sia in brutta che in bella copia è stato alla prova scritta di Italiano agli esami di maturità.

Però da allora ho guadagnato tantissimo nelle capacità di lettura e scrittura in lingua inglese, anche se lo parlo da cani emo
wildcat80 23-02-24 11.21
Io peraltro non sono 100% genovese, ma ho un 25% di sangue trevigiano.
Mio nonno materno era nato a Conegliano. Suo papà aveva comprato una partita di muli per fare dei trasporti sul Carso, parliamo del 1925/26, ma era stato bidonato: i muli erano malati, tutti, così ha perso la commessa ed è dovuto scappare con moglie e 4 figli (gli altri 2 sono nati a Genova).
Per cui mio nonno aveva imparato più che l'italiano il dialetto trevigiano, arrivato qui ha vissuto in quartieri spiccatamente genovesi (prima alla Doria, fuori dal centro, poi in via di Prè come si dice a Genova, in pieno centro, che ai tempi era popolato solo da genovesi), per cui ha iniziato ad andare a scuola parlando un misto di genovese e trevigiano.
Sua sorella più piccola di un anno, poi a fine seconda guerra si è sposata con un trevigiano conosciuto a Genova, è tornata a vivere a Conegliano (dove ho una riga di cugini che non vedo da secoli).
La mia prozia veniva spesso a trovare mio nonno, ed era bellissimo sentirli parlare: mia zia voleva a tutti i costi parlare in genovese, mio nonno in veneto.
Venivano fuori dei mischioni di parlate e accenti incredibili.
Un caro amico di mio nonno invece era un ex ufficiale di macchina norvegese, che si era sposato con la barista del bar di mio nonno e si era trasferito qui una volta smesso di navigare.
Oltre al quantitativo di birra che riusciva a bersi (visto coi miei occhi, una cassa di Moretti da 66 in una giornata), era fantastico perché non parlava una parola di italiano. Solo norvegese, inglese e genovese. Con sua moglie parlava solo genovese, con un particolare accento nordico ovviamente.
La cosa incredibile era che la mia bisnonna, madre di mia nonna, classe 1901 e morta a 95 anni, non l'ho praticamente mai sentita parlare in italiano.
Parlava solo genovese, oppure inglese, olandese, norvegese.
Il bar di mio nonno era in realtà il suo, era un bar del centro storico subito alle spalle del porto, frequentato principalmente da marittimi.
Nel dopoguerra circolavano principalmente americani e nordici, per cui era obbligatorio saper parlare fluentemente almeno l'inglese, perché farsi capire da marinai sbronzi non era così facile.
Poi il centro storico è diventato l'epicentro dello spaccio di eroina, mia bisnonna ha smesso di andare e mio nonno a fine anni 70, dopo una sparatoria fra spacciatori nel suo bar, ha deciso di vendere e ritirarsi.
Ne aveva viste di ogni: contrabbando di sigarette e alcol fra napoletani e americani prostituzione, ricettazione, essendo stato un pugile di buon livello in gioventù sapeva essere molto convincente (effetto sorpresa, era un ometto di un metro e sessanta ma aveva un destro sbalorditivo) a mettere alla porta clienti poco desiderabili, ma quando hanno iniziato a girare le pistole non se l'è più sentita.
d_phatt 23-02-24 12.08
@ wildcat80
Io peraltro non sono 100% genovese, ma ho un 25% di sangue trevigiano.
Mio nonno materno era nato a Conegliano. Suo papà aveva comprato una partita di muli per fare dei trasporti sul Carso, parliamo del 1925/26, ma era stato bidonato: i muli erano malati, tutti, così ha perso la commessa ed è dovuto scappare con moglie e 4 figli (gli altri 2 sono nati a Genova).
Per cui mio nonno aveva imparato più che l'italiano il dialetto trevigiano, arrivato qui ha vissuto in quartieri spiccatamente genovesi (prima alla Doria, fuori dal centro, poi in via di Prè come si dice a Genova, in pieno centro, che ai tempi era popolato solo da genovesi), per cui ha iniziato ad andare a scuola parlando un misto di genovese e trevigiano.
Sua sorella più piccola di un anno, poi a fine seconda guerra si è sposata con un trevigiano conosciuto a Genova, è tornata a vivere a Conegliano (dove ho una riga di cugini che non vedo da secoli).
La mia prozia veniva spesso a trovare mio nonno, ed era bellissimo sentirli parlare: mia zia voleva a tutti i costi parlare in genovese, mio nonno in veneto.
Venivano fuori dei mischioni di parlate e accenti incredibili.
Un caro amico di mio nonno invece era un ex ufficiale di macchina norvegese, che si era sposato con la barista del bar di mio nonno e si era trasferito qui una volta smesso di navigare.
Oltre al quantitativo di birra che riusciva a bersi (visto coi miei occhi, una cassa di Moretti da 66 in una giornata), era fantastico perché non parlava una parola di italiano. Solo norvegese, inglese e genovese. Con sua moglie parlava solo genovese, con un particolare accento nordico ovviamente.
La cosa incredibile era che la mia bisnonna, madre di mia nonna, classe 1901 e morta a 95 anni, non l'ho praticamente mai sentita parlare in italiano.
Parlava solo genovese, oppure inglese, olandese, norvegese.
Il bar di mio nonno era in realtà il suo, era un bar del centro storico subito alle spalle del porto, frequentato principalmente da marittimi.
Nel dopoguerra circolavano principalmente americani e nordici, per cui era obbligatorio saper parlare fluentemente almeno l'inglese, perché farsi capire da marinai sbronzi non era così facile.
Poi il centro storico è diventato l'epicentro dello spaccio di eroina, mia bisnonna ha smesso di andare e mio nonno a fine anni 70, dopo una sparatoria fra spacciatori nel suo bar, ha deciso di vendere e ritirarsi.
Ne aveva viste di ogni: contrabbando di sigarette e alcol fra napoletani e americani prostituzione, ricettazione, essendo stato un pugile di buon livello in gioventù sapeva essere molto convincente (effetto sorpresa, era un ometto di un metro e sessanta ma aveva un destro sbalorditivo) a mettere alla porta clienti poco desiderabili, ma quando hanno iniziato a girare le pistole non se l'è più sentita.
Storie di vita meravigliose che, come spesso accade, vanno dall'esilarante al tragico e per cui non posso che darti un thanks, non appena il sistema me lo permetterà...avrei pagato pur di assistere a certe scene!

Ne racconto una io, la famiglia di mia nonna veniva dalle colline intorno Trevi (bel borgo umbro non distante da me), e la sorella di mia nonna e suo marito andarono a vivere nel Lussemburgo e hanno vissuto lì per decenni, per poi tornare in Italia (vicino Trevi emo) alle soglie della terza età. Non credo che sapessero parlare in italiano, solo dialetto trevano misto a francese, tedesco e dialetto lussemburghese, sentir parlare mia zia era qualcosa di incredibile.

Il loro figlio è nato e cresciuto in Lussemburgo, quindi fin dalla tenera età ha imparato a parlare perfettamente francese e tedesco, più l'inglese dagli studi scolastici, più quello strano dialetto lussemburghese, ma...non sapeva parlare l'italiano, solo il dialetto trevano! emo tornato in Italia ha dovuto frequentare l'università per stranieri per imparare a parlare in italiano emo
Ilaria_Villa 23-02-24 12.43
@ d_phatt
Storie di vita meravigliose che, come spesso accade, vanno dall'esilarante al tragico e per cui non posso che darti un thanks, non appena il sistema me lo permetterà...avrei pagato pur di assistere a certe scene!

Ne racconto una io, la famiglia di mia nonna veniva dalle colline intorno Trevi (bel borgo umbro non distante da me), e la sorella di mia nonna e suo marito andarono a vivere nel Lussemburgo e hanno vissuto lì per decenni, per poi tornare in Italia (vicino Trevi emo) alle soglie della terza età. Non credo che sapessero parlare in italiano, solo dialetto trevano misto a francese, tedesco e dialetto lussemburghese, sentir parlare mia zia era qualcosa di incredibile.

Il loro figlio è nato e cresciuto in Lussemburgo, quindi fin dalla tenera età ha imparato a parlare perfettamente francese e tedesco, più l'inglese dagli studi scolastici, più quello strano dialetto lussemburghese, ma...non sapeva parlare l'italiano, solo il dialetto trevano! emo tornato in Italia ha dovuto frequentare l'università per stranieri per imparare a parlare in italiano emo
Sono milanese doc, non parlo il dialetto, ma lo capisco e lo leggo.
mima85 23-02-24 13.47
Sono nato e cresciuto in Ticino, Svizzera italiana. Da noi il dialetto è il ticinese (ma che sorpresa...), che altro non è che una delle tante declinazioni del dialetto lombardo, ma con alcune parole e modi di dire influenzati dalle regioni più a nord della Svizzera, per esempio:

1) Natel = telefono cellulare, dal nome del primo servizio di telefonia mobile in Svizzera, "Nationales Autotelefon".
2) Rolladen = tapparelle, dal nome di una famosa azienda svizzera che le produce.
3) Zekyboy = tosaerba, non ho idea da dove venga questa dicitura, magari anche questa è (o era) il nome di un'azienda.

Eccetera.

Inoltre qui abbiamo un'interpretazione "personalizzata" e non sempre grammaticalmente corretta di alcune parole italiane. Spesso per esempio al ristorante noi diciamo che facciamo "una comanda", non un ordine (in dialetto per chiedere se si è ordinata una pizza solitamente si dice "te gh'è cumandada la pizza?"). Poi ci sono quelle che proprio non si possono sentire, per esempio nei tempi della prima diffusione dell'informatica il computer spesso veniva chiamato "ordinatore" (dal francese ordinateur, in Svizzera il francese è una delle tre lingue nazionali), che è una parola che in italiano significa tutt'altro. Per fortuna che questo modo di chiamare il computer è quasi del tutto sparito emo

Per chi è curioso qui c'è un sito che raccoglie tutte le parole, i modi di dire e le storpiature tipici della nostra zona.

Io parlo principalmente italiano, in casa da me si è parlato solo italiano perché mia mamma è veneta e mio papà calabrese, quindi c'è poca compatibilità a livello di dialetti. Ma il dialetto ticinese lo capisco, parlato e scritto, così come capisco abbastanza anche i dialetti di altre zone d'Italia purché non siano parlati in modo stretto. Ogni tanto mi piace spiccicare qualche frase in dialetto, facendo bene attenzione a non far figuracce con quelli che lo parlano come lingua corrente emo

I dialetti sono una cosa bella e andrebbero preservati, perché fanno parte dell'identità culturale di una zona.
wildcat80 23-02-24 15.17
Ho trascorso qualche tempo al Civico di Lugano e devo dire che i prestiti da francese e tedesco all'italiano ticinese tecnico sono abbastanza comici per chi è abituato all'italiano tecnico... Italiano.
Storpiature (per noi) tipo infeziologo al posto di infettivologo, infetto (polmonare) al posto di polmonite, liquemina al posto di eparina (ma questa non è una storpiatura, è un'italianizzazione del nome tedesco del farmaco che è Liquemin)...
mima85 23-02-24 15.37
wildcat80 ha scritto:
Ho trascorso qualche tempo al Civico di Lugano e devo dire che i prestiti da francese e tedesco all'italiano ticinese tecnico sono abbastanza comici per chi è abituato all'italiano tecnico... Italiano.


Quando ero apprendista, ormai 20 anni fa (fuck!) il papà del mio ex capo, informatico anche lui e di molto vecchia data, al posto di dire "il dischetto" o "il floppy disk" o più semplicemente "il floppy", diceva "la diskette", proprio al femminile emo

"Pasa scià 'na diskette par piasé" ("passami un dischetto per favore").

E lo scriveva pure "diskette". Nella documentazione dei suoi programmi che ha redatto all'epoca, non trovi scritto "dischetto" ma sempre "diskette".

Ho saputo che se n'è andato qualche anno fa. Pace all'anima sua.
Sbaffone 23-02-24 22.33
Aooooo so veneto eccerto che parlo dialetto sti cazzi
wildcat80 24-02-24 08.16
@ Sbaffone
Aooooo so veneto eccerto che parlo dialetto sti cazzi
O me cojoni?
Fabri72 26-02-24 20.08
@ wildcat80
Che rapporto avete con il vostro dialetto?
Io lo so parlare. Anche per lavoro: avendo pazienti molto anziani, essere in grado di capire e parlare il genovese è molto utile, soprattutto quando si tratta di pazienti molto vecchi del primo entroterra: la zona montana subito fuori Genova è popolata da tantissimi anziani che parlano correntemente in dialetto, avere lo stesso livello di comunicazione facilita molto, anche a livello empatico, fa sentire come uno di casa, rassicura.
Però c'è un rapporto un po' strano con il nostro dialetto nella nostra società: devi saperlo, usarlo con parsimonia. Se lo si parla abitualmente, sta male e si è automaticamente un ignorante.
Il problema del dialetto è che l'abituale parlatore si porta dietro alcuni elementi sintattici che in italiano suonano scorretti.
Casi tipici: c'è i pesci, c'è gli ulivi, non c'è più di pasta.
E anche sulla coniugazione dei verbi, facile traslare male.
Per cui, sapere il dialetto è un vanto anche diciamo nell'alta società, parlarlo correntemente è da bifolchi.
Io lo parlo poco frequentemente, capisco tutto, scriverlo correttamente è molto difficile se non lo si ha mai studiato.
Dimenticavo. Il genovese non è un dialetto, ma una lingua: la lingua ligure.
Ciao. Io son mezzo romagnolo e mezzo alessandrino. Capisco entrambi i dialetti e qualcosa riesco a dire nel mio (alessandrino), perché mia madre con sua sorella e con mio nonno comunicavano prevalentemente attraverso il dialetto.
Quindi provo simpatia per sta cosa, però per lavoro mi son trovato a sentirlo parlare in un luogo a 25-30 km da casa mia e trovavo quel dialetto veramente grezzo, come trovavo rozzi e sgradevoli coloro che lo parlavano.
paolo_b3 27-02-24 08.22
Fabri72 ha scritto:
Io son mezzo romagnolo

E lo dici così? emoemoemo

Di dove se posso?
wildcat80 27-02-24 08.51
Fabri72 ha scritto:
Quindi provo simpatia per sta cosa, però per lavoro mi son trovato a sentirlo parlare in un luogo a 25-30 km da casa mia e trovavo quel dialetto veramente grezzo, come trovavo rozzi e sgradevoli coloro che lo parlavano.


Guarda credo che ci sia un discorso di abitudine.
Per me suonano molto sgradevoli, sempre nell'ambito del genovese, le parlate dell'entroterra imbastardite col piemontese, che suonano molto meno fini, o dello spezzino e dell'imperiese, mentre trovo molto più fini le varianti rivierasche più prossime (no, non il savonese di Enrique Balbontin, quello non si può sentire).
toniz1 27-02-24 11.25
eccomi qui emo
Veronese doc da 3 generazioni (bisnonni vicentini emo)... ma ... abitando dove abito (a metà strada tra VR e VI) è un po' un delirio.emoemoemo
Oltretutto io ho fatto scuole in provincia di VI e uni a VR.

Come dovrebbe essere notorio, tra VR e VI non e' che corre proprio buon sangue... emo

Gli abitanti del mio paese fanno sempre figuracce... in quanto se andiamo a VR ci dicono che siamo da Vicenza (perche' abbiamo un po' della cadenza vicentina e qualche termine)... se andiamo a Vicenza ci chiedono da dove siamo perche' perchè usiamo termini Veronesi.. ma abbiamo la cadenza Vicentina.

Detto questo, io ho sempre parlato il dialetto a casa... (avevo la nonna al piano di sopra che parlava solo quello)... ma in casa abbiamo tutti studiato e per quello e per lavoro abbiamo sempre parlato correttamente l'italiano.
Però il dialetto Veneto.. e' parecchio vario, perche' se tra VR-VI-PD-VE ci capiamo senza problemi (anche se plurarli e qualche termine variano)... già andare a BL o RO o TV le cose cambiano... (più BL che RO)...

Detto questo, si parla in italiano... si impreca in dialetto. Un MUST... ed essendo Veneto... potete immaginare... emoemoemoemo
Fabri72 27-02-24 19.24
@ paolo_b3
Fabri72 ha scritto:
Io son mezzo romagnolo

E lo dici così? emoemoemo

Di dove se posso?
Io son nato ad Alessandria e son cresciuto nel comune medesimo. Da parte paterna da mezzo marchigiano son diventato mezzo romagnolo nel momento in cui Rimini diventò provincia. Il paese del Montefeltro in questione passò dalla ex provincia di Pesaro proprio a quella di Rimini. Il prefisso telefonico era già 0541, storicamente riminese.
Fabri72 27-02-24 19.30
@ wildcat80
Fabri72 ha scritto:
Quindi provo simpatia per sta cosa, però per lavoro mi son trovato a sentirlo parlare in un luogo a 25-30 km da casa mia e trovavo quel dialetto veramente grezzo, come trovavo rozzi e sgradevoli coloro che lo parlavano.


Guarda credo che ci sia un discorso di abitudine.
Per me suonano molto sgradevoli, sempre nell'ambito del genovese, le parlate dell'entroterra imbastardite col piemontese, che suonano molto meno fini, o dello spezzino e dell'imperiese, mentre trovo molto più fini le varianti rivierasche più prossime (no, non il savonese di Enrique Balbontin, quello non si può sentire).
Diciamo che si trattava di un piccolo paese in cui il pettegolezzo era prassi diffusa.
Balbontin sembra un pazzo e mi ha fatto sempre ridere. Una conoscente di Savona mi raccontava di averlo conosciuto nella veste di avvocato.

"Ornella ha un leggero strabismo di venere"
Traduz.
"Oa oa, la Lella con un occhio frigge il pesce e con l'altro guarda il gatto!" emo
paolo_b3 27-02-24 20.58
@ Fabri72
Io son nato ad Alessandria e son cresciuto nel comune medesimo. Da parte paterna da mezzo marchigiano son diventato mezzo romagnolo nel momento in cui Rimini diventò provincia. Il paese del Montefeltro in questione passò dalla ex provincia di Pesaro proprio a quella di Rimini. Il prefisso telefonico era già 0541, storicamente riminese.
Insomma romagnolo "per il rotto della cuffia" emoemoemo

Un abbraccio, Fabri!!!! emo
Fabri72 28-02-24 20.37
@ paolo_b3
Insomma romagnolo "per il rotto della cuffia" emoemoemo

Un abbraccio, Fabri!!!! emo
Della penultima ora! emo

Ricambio emo
jacus78 06-03-24 18.28
tutti i giorni. Lo alterno a quello specie di idioma chiamato italiano emo. A lavoro. Nel privato forza "Il padrino" che è in me prende il sopravvento. emo