@ wildcat80
Io peraltro non sono 100% genovese, ma ho un 25% di sangue trevigiano.
Mio nonno materno era nato a Conegliano. Suo papà aveva comprato una partita di muli per fare dei trasporti sul Carso, parliamo del 1925/26, ma era stato bidonato: i muli erano malati, tutti, così ha perso la commessa ed è dovuto scappare con moglie e 4 figli (gli altri 2 sono nati a Genova).
Per cui mio nonno aveva imparato più che l'italiano il dialetto trevigiano, arrivato qui ha vissuto in quartieri spiccatamente genovesi (prima alla Doria, fuori dal centro, poi in via di Prè come si dice a Genova, in pieno centro, che ai tempi era popolato solo da genovesi), per cui ha iniziato ad andare a scuola parlando un misto di genovese e trevigiano.
Sua sorella più piccola di un anno, poi a fine seconda guerra si è sposata con un trevigiano conosciuto a Genova, è tornata a vivere a Conegliano (dove ho una riga di cugini che non vedo da secoli).
La mia prozia veniva spesso a trovare mio nonno, ed era bellissimo sentirli parlare: mia zia voleva a tutti i costi parlare in genovese, mio nonno in veneto.
Venivano fuori dei mischioni di parlate e accenti incredibili.
Un caro amico di mio nonno invece era un ex ufficiale di macchina norvegese, che si era sposato con la barista del bar di mio nonno e si era trasferito qui una volta smesso di navigare.
Oltre al quantitativo di birra che riusciva a bersi (visto coi miei occhi, una cassa di Moretti da 66 in una giornata), era fantastico perché non parlava una parola di italiano. Solo norvegese, inglese e genovese. Con sua moglie parlava solo genovese, con un particolare accento nordico ovviamente.
La cosa incredibile era che la mia bisnonna, madre di mia nonna, classe 1901 e morta a 95 anni, non l'ho praticamente mai sentita parlare in italiano.
Parlava solo genovese, oppure inglese, olandese, norvegese.
Il bar di mio nonno era in realtà il suo, era un bar del centro storico subito alle spalle del porto, frequentato principalmente da marittimi.
Nel dopoguerra circolavano principalmente americani e nordici, per cui era obbligatorio saper parlare fluentemente almeno l'inglese, perché farsi capire da marinai sbronzi non era così facile.
Poi il centro storico è diventato l'epicentro dello spaccio di eroina, mia bisnonna ha smesso di andare e mio nonno a fine anni 70, dopo una sparatoria fra spacciatori nel suo bar, ha deciso di vendere e ritirarsi.
Ne aveva viste di ogni: contrabbando di sigarette e alcol fra napoletani e americani prostituzione, ricettazione, essendo stato un pugile di buon livello in gioventù sapeva essere molto convincente (effetto sorpresa, era un ometto di un metro e sessanta ma aveva un destro sbalorditivo) a mettere alla porta clienti poco desiderabili, ma quando hanno iniziato a girare le pistole non se l'è più sentita.
Storie di vita meravigliose che, come spesso accade, vanno dall'esilarante al tragico e per cui non posso che darti un thanks, non appena il sistema me lo permetterà...avrei pagato pur di assistere a certe scene!
Ne racconto una io, la famiglia di mia nonna veniva dalle colline intorno Trevi (bel borgo umbro non distante da me), e la sorella di mia nonna e suo marito andarono a vivere nel Lussemburgo e hanno vissuto lì per decenni, per poi tornare in Italia (vicino Trevi
) alle soglie della terza età. Non credo che sapessero parlare in italiano, solo dialetto trevano misto a francese, tedesco e dialetto lussemburghese, sentir parlare mia zia era qualcosa di incredibile.
Il loro figlio è nato e cresciuto in Lussemburgo, quindi fin dalla tenera età ha imparato a parlare perfettamente francese e tedesco, più l'inglese dagli studi scolastici, più quello strano dialetto lussemburghese, ma...non sapeva parlare l'italiano, solo il dialetto trevano!
tornato in Italia ha dovuto frequentare l'università per stranieri per imparare a parlare in italiano