Introduzione al mio nuovo libro

WTF_Bach 07-09-23 11.33
Vorrei condividere con voi il primo paragrafo del mio nuovo libro sull'improvvisazione jazz
WTF_Bach 07-09-23 11.34
Gli approcci subottimali

Iniziamo le nostre notarelle con un breve excursus sui sistemi che – pur talvolta contenendo principi e concetti di un certo pregio – hanno dimostrato alla prova dei fatti di essere inefficienti come strumenti didattici alla portata di tutti, e non solo dei talentuosi e dei secchioni, che comunque tra l’altro se la sarebbero sfangata anche in assenza di qualunque metodo organizzato.

La relazione scala/accordo

Se mai c’è stato un concetto dannoso per la didattica del jazz, questo è stato la famigerata relazione scala/accordo – non per niente teorizzata ed insegnata dai didatti bianchi della Berkley School.

Questi buontemponi, evidentemente invidiosi dei vecchi professoroni dei conservatori europei – professoroni che però almeno sapevano insegnare a realizzare un basso numerato e comporre una fuga di scuola o una sonatina per piano – non sapendo dove sbattere la testa per trovare una qualche novità che permettesse loro di ergersi quali novelli luminari della teoria dell’improvvisazione, hanno avuto ad un certo punto questa geniale illuminazione: perché non insegniamo ad improvvisare con il metodo della relazione scala/accordo?

Ed è stato l’inizio di ettolitri d’inchiostro versati a spaccare il capello in quattro sui modi (tra l’altro ignorando tutta la querelle su modi greci, ecclesiastici, autentici e plagali - ma non si può certamente chiedere ad uno yankee di essere al corrente di queste minuzie da filosofone barbogio) e sulla loro relazione con ogni tipo d’accordo naturale ed alterato; il tutto accompagnato da un ubertoso fiorire di leggende metropolitane (primo fra tutti il fatto che il Thesaurus di Slonimsky fosse il “sistema segreto” di Charlie Parker) e tabelline dall’allucinante dettaglio, capaci di predire quale modo va utilizzato su un dato accordo ad una data ora del giorno in relazione al segno zodiacale del solista ed al suo specifico bioritmo.

Tutto bello, tutto molto accademico ma… adesso che sappiamo che sull’accordo di settima di dominante si usa il modo misolidio (che ancora non è ben chiaro in cosa si differenzi dalla scala maggiore che lo origina), quali note sceglieremo al suo interno per costruire le nostre frasi?

Ma questo non è importante per i soloni della Berkley ed i loro santimoniosi adepti europei: basta un po’ di “scuola della velocità” e suonando i detti modi in su ed in giù per qualche ottava – beninteso alla massima velocità possibile – otterremo il risultato atteso, ovvero quello di suonare così male da far vomitare un sacerdote azteco addetto ai sacrifici umani.
WTF_Bach 07-09-23 11.35
Patterns for jazz

Ci fu un periodo nei tardi anni settanta – mentre, brufoloso adolescente, mi approcciavo timido e guardingo al magico e terribile mondo del jazz – in cui ogni bravo studente non faceva altro che giurare sulla grande, unica bibbia dell’improvvisazione: il famoso “Patterns for Jazz” di Jerry Coker.

E fu così che un simpatico ed efficace libro di esercizi – diciamo una sorta di “Hanon Jazz” si trasformò per incanto nell’unico, magico testo capace di insegnare agli italici discepoli quell’arte elusiva che è l’improvvisazione jazz.
Le aule delle scuole di Jazz di tutt’Italia – mi ricordo con nostalgia della scuola jazz di Quarto, alloggiata opportunamente nell’ex ospedale psichiatrico di Genova - risuonavano senza sosta di questi “blocchetti” melodici, spesso semplici patterns diatonici o al più esercizi su qualche inciso cromatico, ripetuti ossessivamente sino a divenire elementi nucleari inconsci di ogni tentativo d’improvvisazione jazzistica degna di questo nome.

Poco importava il fatto che l’allievo-tipo ignorasse bellamente il perché un dato pattern “suonasse bene” e quali fossero i principi che stavano dietro alla costruzione di questi incisi melodici: alla “scimmia nuda” jazzistica bastava imparare a schiacciare i tasti nell’opportuna sequenza e – miracolo! – il tanto agognato solo si palesava senza alcuno sforzo che non fosse eminentemente mnemonico-muscolare.

Fu l’inizio di quella generazione di musicisti che mi piace definire “solisti-lego”, abili giocolieri in possesso di un adeguato arsenale di patterns da inanellare uno dopo l’altro con perizia metalmeccanica, quella generazione di scimmie schiacciabottoni che suonavano tutte uguali, chi più swingante e chi meno, chi con più ricchezza (aveva imparato a memoria più patterns) e chi con una povertà ed aridità da far pena ad un mendicante di Calcutta. Una generazione che fortunatamente si estinse presto, ma che sfortunatamente passò il poco invidiabile testimone di “nemico della musica” ai già accennati cultori del metodo della relazione scala/accordo.

Ora, l’utilizzo di un pattern – chiamiamolo “blocchetto” in italiano, che fa meno pretenzioso – resta comunque un utile stratagemma per costruire esercizi sia tecnici che di sviluppo dell’improvvisazione, ma solo a patto che ne venga compreso il meccanismo compositivo interno – il “perché” quelle note messe in fila suonino così bene – e che si eviti come la peste bubbonica ogni accenno di automatismo ed esecuzione meccanica. Vedremo più avanti come usare i blocchetti per aiutarci a costruire lo sviluppo della frase e soprattutto la fluida transizione tra un accordo ed il seguente.
WTF_Bach 07-09-23 11.35
Imitazione

Un giorno mi capitò di assistere ad un simpatico siparietto tra Papa Fausto Rossi – il decano dei trombettisti New Orleans di Genova – e James Morrison, grandissimo trombettista capace di esprimersi alla tromba ed al trombone in ogni tipo di sottogenere jazz, dal Dixieland al modale più spinto.

Discutendo su alcune difficoltà che Papa Fausto (peraltro un ottimo dilettante capace di suonale il New Orleans con grande proprietà di linguaggio ed intensissima intenzione) trovava nello sviluppare il suo fraseggio in maniera veramente completa e professionale, James ebbe a dire con serafica semplicità: “Fausto, hai presente Louis Armstrong? Ecco, fai come lui”.

Che intuizione geniale! In effetti basterebbe fare come Charlie Parker, ed il linguaggio bebop non avrebbe più segreti per noi. Peccato che questo approccio sia alla portata solo di quei pochissimi talenti naturali dotati di orecchio assoluto e sensibilità musicale acutissima, capaci di ripetere alla prima, senza esitazione, qualunque cosa gli capiti di ascoltare – e ne ho conosciuto uno, Fabrizio Meloni, primo clarinetto della Scala, che oltre ad avere la capacità di leggere a prima vista qualunque cosa gli si mettesse davanti, era pure in grado di ripetere il più intricato brano di dodecafonia trascendentale dopo averlo ascoltato una volta sola.

Per noi zucconi poco dotati e di tarda cervice, questo sentiero è troppo arduo e scosceso. Non ce la faremo mai ad apprendere per pura imitazione, e presto la delusione e lo scoramento avranno la meglio su di noi spingendoci all’abbandono ed al ripiego su un’attività meno difficile ed elusiva (tipo la musica neomelodica o il bridge).

Detto questo, ascoltare e cercare di imitare i grandi è senz’altro una cosa da inserire nella nostra pratica quotidiana. Da parte mia, ho notato che stranamente mi reca più giovamento un solo ascoltato mentre sto per addormentarmi – o sono già mezzo addormentato – piuttosto che uno ascoltato con la massima attenzione e le antenne della razionalità e della teoria perfettamente all’erta. Chissà perché, probabilmente ho bisogno di “lasciar andare” per apprendere in maniera quasi subconscia. Vattelapesca.
WTF_Bach 07-09-23 11.36
Trascrivere

Ci sono alcuni musicisti - e molti tra loro bravissimi – che sostengono che l’unica maniera per imparare ad improvvisare sia trascrivere i soli dei grandi. Ascoltando come suonano, non è possibile dar loro torto: sicuramente a trascrivere i soli si impara ad improvvisare, purché non ci si limiti a trascrivere belluinamente senza capire.

Ovviamente già l’atto stesso del trascrivere ad orecchio ha un suo valore, ed il pregio di migliorare la capacità di percepire gli intervalli e le relazioni orizzontali e verticali tra le note: inoltre le cose fatte da sé, con sudore e fatica, hanno spesso un valore psicologico assai più importante del mero fatto di leggersi un solo sul classico “omnibook” di Charlie Parker - non voglio giungere al malizioso estremo per cui gli Omnibooks non servono perché i jazzisti non sanno leggere.

Ma c’è un “ma”: imparare tutto trascrivendo è un lavoro lungo ed estenuante. Personalmente ho passato anni – sarà che sono uno zuccone dalla dura cervice - a trascrivere e studiare i soli dei grandi, perdendoci il sonno perché non capivo quali principi stessero dietro al fatto che certe loro frasi suonavano perfette mentre quando ci provavo io il risultato avrebbe fatto venire la stipsi ad un babbuino.

Poi, d’improvviso capivo un concetto – tipo la nota target sul downbeat, o il displacement – mi battevo la mano sulla fronte madida di sudore diaccio ed esclamavo: “Se qualcuno me lo avesse detto prima”!

Ecco, questo è il senso del lavoro che mi accingo a sviluppare nelle seguenti paginette: “dirvi prima” quali sono i principi che stanno dietro ai soli dei grandi e proporvi un metodo per studiare in maniera graduale, organica e strutturata tali principi – applicandoli non sulla carta ma sulla tastiera dei vostri strumenti.

Il che, beninteso, non significa che non si debbano più trascrivere e studiare i soli dei grandi, attività che resta di fondamentale importanza per sviluppare la sensibilità e la credibilità musicale di ogni artista che voglia veramente esser tale.
d_phatt 07-09-23 12.13
@ WTF_Bach
Vorrei condividere con voi il primo paragrafo del mio nuovo libro sull'improvvisazione jazz
Io credo che, al momento, una cosa del genere, e in generale lavori che parlano di jazz, siano post, libri o video, sia la più grande opera didattica che tu possa fare. Semplicemente perché se sulla musica più antica ci sono già tutti i testi didattici necessari e anche di più, a mio modesto avviso nel jazz c'è grande scarsità di fonti didattiche di questo livello. Andresti a riempire un vuoto che manca.

Grazie per il bellissimo topic. Noto che non ci sei andato leggero con i toni emo
WTF_Bach 07-09-23 12.19
@ d_phatt
Io credo che, al momento, una cosa del genere, e in generale lavori che parlano di jazz, siano post, libri o video, sia la più grande opera didattica che tu possa fare. Semplicemente perché se sulla musica più antica ci sono già tutti i testi didattici necessari e anche di più, a mio modesto avviso nel jazz c'è grande scarsità di fonti didattiche di questo livello. Andresti a riempire un vuoto che manca.

Grazie per il bellissimo topic. Noto che non ci sei andato leggero con i toni emo
Un buon testo deve alternare concetti tecnici ed umorismo...ed anche permettere di togliersi qualche sassolino dalla scarpa emo
maxpiano69 07-09-23 12.29
@ WTF_Bach
Un buon testo deve alternare concetti tecnici ed umorismo...ed anche permettere di togliersi qualche sassolino dalla scarpa emo
Per tutto il resto basta un buon correttore di bozze emo

Bella iniziativa, se lo porti a termine lo compro subito e ti vengo a trovare per avere la copia autografata! emo
WTF_Bach 07-09-23 12.31
@ maxpiano69
Per tutto il resto basta un buon correttore di bozze emo

Bella iniziativa, se lo porti a termine lo compro subito e ti vengo a trovare per avere la copia autografata! emo
In tuo onore lo intitolerò: Manuale di improvvisazione jazz
Pianov 07-09-23 12.34
@ WTF_Bach
Gli approcci subottimali

Iniziamo le nostre notarelle con un breve excursus sui sistemi che – pur talvolta contenendo principi e concetti di un certo pregio – hanno dimostrato alla prova dei fatti di essere inefficienti come strumenti didattici alla portata di tutti, e non solo dei talentuosi e dei secchioni, che comunque tra l’altro se la sarebbero sfangata anche in assenza di qualunque metodo organizzato.

La relazione scala/accordo

Se mai c’è stato un concetto dannoso per la didattica del jazz, questo è stato la famigerata relazione scala/accordo – non per niente teorizzata ed insegnata dai didatti bianchi della Berkley School.

Questi buontemponi, evidentemente invidiosi dei vecchi professoroni dei conservatori europei – professoroni che però almeno sapevano insegnare a realizzare un basso numerato e comporre una fuga di scuola o una sonatina per piano – non sapendo dove sbattere la testa per trovare una qualche novità che permettesse loro di ergersi quali novelli luminari della teoria dell’improvvisazione, hanno avuto ad un certo punto questa geniale illuminazione: perché non insegniamo ad improvvisare con il metodo della relazione scala/accordo?

Ed è stato l’inizio di ettolitri d’inchiostro versati a spaccare il capello in quattro sui modi (tra l’altro ignorando tutta la querelle su modi greci, ecclesiastici, autentici e plagali - ma non si può certamente chiedere ad uno yankee di essere al corrente di queste minuzie da filosofone barbogio) e sulla loro relazione con ogni tipo d’accordo naturale ed alterato; il tutto accompagnato da un ubertoso fiorire di leggende metropolitane (primo fra tutti il fatto che il Thesaurus di Slonimsky fosse il “sistema segreto” di Charlie Parker) e tabelline dall’allucinante dettaglio, capaci di predire quale modo va utilizzato su un dato accordo ad una data ora del giorno in relazione al segno zodiacale del solista ed al suo specifico bioritmo.

Tutto bello, tutto molto accademico ma… adesso che sappiamo che sull’accordo di settima di dominante si usa il modo misolidio (che ancora non è ben chiaro in cosa si differenzi dalla scala maggiore che lo origina), quali note sceglieremo al suo interno per costruire le nostre frasi?

Ma questo non è importante per i soloni della Berkley ed i loro santimoniosi adepti europei: basta un po’ di “scuola della velocità” e suonando i detti modi in su ed in giù per qualche ottava – beninteso alla massima velocità possibile – otterremo il risultato atteso, ovvero quello di suonare così male da far vomitare un sacerdote azteco addetto ai sacrifici umani.
Non entro nella querelle sull'utilità della teoria scala accordo sia per rispetto sia perchè non mi va proprio, soprattutto in questo periodo, di difendere gli americani.

Leggerò con molta attenzione dopo pranzo, intanto un grazie preventivoemo
WTF_Bach 07-09-23 12.42
@ Pianov
Non entro nella querelle sull'utilità della teoria scala accordo sia per rispetto sia perchè non mi va proprio, soprattutto in questo periodo, di difendere gli americani.

Leggerò con molta attenzione dopo pranzo, intanto un grazie preventivoemo
In effetti:

1) difendere gli americani dovrebbe essere considerato peccato mortale da lapidazione

2) da un punto di vista teorico sapere che un certo tipo di accordo prevede una successione specifica di toni e semitoni potrebbe venir utile. A me però viene più utile sapere che l'accordo costruito sul quinto grado della tonalità prevede che si possa usare la scala maggiore di detta tonalità. MI pare più semplice ed utile.

3) l'improvvisazione jazz tonale - e del resto la composizione in senso occidentale - prende origine dagli accordi e non dalle scale. A dirla tutta, le scale non sono altro che accordi ove le note - rectius gli armonici - vengono rimescolate in modo da procedere per moto contiguo.
WTF_Bach 07-09-23 12.45
Mi preme sottolineare iul fatto che se ti dico che sul sol7 puoi usare la scala (o modo) di sol misolidio in realtà non ti ho avvicinato neppure di un millimetro al capire quali note esattamente andranno usate per costruire una frase che funzioni.
d_phatt 07-09-23 12.54
@ WTF_Bach
In tuo onore lo intitolerò: Manuale di improvvisazione jazz
Così ogni volta che qualcuno aprirà un topic sull'improvvisazione jazz gli si potrà rispondere RTFM emo
maxpiano69 07-09-23 12.57
@ d_phatt
Così ogni volta che qualcuno aprirà un topic sull'improvvisazione jazz gli si potrà rispondere RTFM emo
emo
maxpiano69 07-09-23 12.57
@ WTF_Bach
In tuo onore lo intitolerò: Manuale di improvvisazione jazz
emo

WTF_Bach ha scritto:
Mi preme sottolineare iul fatto che se ti dico che sul sol7 puoi usare la scala (o modo) di sol misolidio in realtà non ti ho avvicinato neppure di un millimetro al capire quali note esattamente andranno usate per costruire una frase che funzioni.

Concordo al 110% emo
Pianov 07-09-23 13.09
@ WTF_Bach
Mi preme sottolineare iul fatto che se ti dico che sul sol7 puoi usare la scala (o modo) di sol misolidio in realtà non ti ho avvicinato neppure di un millimetro al capire quali note esattamente andranno usate per costruire una frase che funzioni.
Questo è un topic sulla presentazione del tuo libro e questo è giusto che rimanga, le nostre (anzi forse le "mie") discussioni si possono fare altrove.

Voglio invece ribadire la mia totale stima (oltre che per il punto 1) emo perché mi permetto di pensare (per via dei miei pochi capelli ma bianchi) che questo non può che essere il frutto del lavoro di una vita, di tanta musica macinata, di ricerca, passione e talento.
WTF_Bach 07-09-23 13.13
@ Pianov
Questo è un topic sulla presentazione del tuo libro e questo è giusto che rimanga, le nostre (anzi forse le "mie") discussioni si possono fare altrove.

Voglio invece ribadire la mia totale stima (oltre che per il punto 1) emo perché mi permetto di pensare (per via dei miei pochi capelli ma bianchi) che questo non può che essere il frutto del lavoro di una vita, di tanta musica macinata, di ricerca, passione e talento.
Con una persona preparata, gentile e profonda come te può solo farmi piacere discutere di ogni tipo di concetto - anche e sopratutto se abbiamo idee diverse.
cecchino 07-09-23 13.28
@ d_phatt
Così ogni volta che qualcuno aprirà un topic sull'improvvisazione jazz gli si potrà rispondere RTFM emo
O anche RTWTFM emo
Pianov 07-09-23 13.30
@ WTF_Bach
Con una persona preparata, gentile e profonda come te può solo farmi piacere discutere di ogni tipo di concetto - anche e sopratutto se abbiamo idee diverse.
Grazie per le belle parole, mi sto divertendo in questo forum soprattutto in questa parte didattica. Il piacere è assolutamente reciproco.
E comunque non penso si sia così distanti, a volte ci si confronta a livello teorico, terminologico e si rischia di assolutizzare troppo le proprie conclusioni. In realtà, come direbbe A. Schoenberg ogni mezzo serve al suo fine, quando cambiano i fini cambiano i mezzi. E tutto questo ha ben poco a che fare con l'assoluto...

(grazie ancora)
WTF_Bach 07-09-23 13.52
@ Pianov
Grazie per le belle parole, mi sto divertendo in questo forum soprattutto in questa parte didattica. Il piacere è assolutamente reciproco.
E comunque non penso si sia così distanti, a volte ci si confronta a livello teorico, terminologico e si rischia di assolutizzare troppo le proprie conclusioni. In realtà, come direbbe A. Schoenberg ogni mezzo serve al suo fine, quando cambiano i fini cambiano i mezzi. E tutto questo ha ben poco a che fare con l'assoluto...

(grazie ancora)
Diciamo che il sistema scala/accordo può venir utile in due casi

1) quando già si padroneggia l’improvvisazione sugli accordi e si vuole avere uno strumento agile per sviluppare qualche segmento lineare

2) quando si vuole evitare un sound tonale - ma allora insieme al sistema scala/accordo bisogna studiare i principi di ripetizione/variazione propri dell’approccio seriale.