@ efis007
Purtroppo è uno scaricabarile di responsabilità, e non sempre va d'accordo con la vita reale.
Chi ha dato l'ordine di non tagliare il treno ha sicuramente dato un'ordine sensato, ovvero "siccome questo treno trasporta materiale pericoloso per nessuna ragione va diviso" (metti che perdiamo un vagone?).
Il problema nasce quando di fronte ad imprevisto non c'è più un responsabile che si assume il comando di un "contro ordine".
Il povero soldato si ritrova spiazzato perchè da una parte sa che non può disubbidire, dall'altra sa che è costretto a disubbidire ed assumersi una responsabilità che non gli è dovuta.
Di chi chi è la colpa?
Sicuramente del Comandante capo che ha emesso l'ordine senza prima pianificare accuratamente l'evento nella sua totalità.
Doveva spettare al Comandante verificare la lunghezza del treno e verificare la reale capienza delle stazioni ferroviarie in cui sarebbe transitato il treno.
Nonchè delegare l'ordine ad un ufficiale subalterno (imbarcato sul treno!) il quale, in caso di imprevisto, avrebbe assunto il comando della situazione e impartito ai soldati (e ad eventuale altro personale ferroviario) la migliore soluzione da farsi, sollevando il povero "soldatino semplice" dall'onere di assumersi lui simili responsabilità.
La colpa quindi è interamente del Comandante.
Purtroppo l'ambiente militare funziona col "signor sì!".
E' sempre stato così.
Lì bisogna ubbidire e dire "signor sì".
Disubbidire ad un ordine diretto è una delle cose peggiori che si può fare in ambiente militare.
La naja l'ho fatta anch'io, e ricordo anch'io le volte in cui ho dovuto dire "signor sì" di fronte ad ordini palesemente insensati o dati con molta approssimazione.
L'ambiente militare non è sempre infallibile.
Molte volte è fallibile e combina le sue belle cazzate.
Tuttavia pur nella sua logica fredda e perversa i militari alle volte dimostrano anche una certa ammirazione al loro senso del dovere.
Mi vengono giusto in mente i casi di calamità naturali, alluvioni, terremoti, catastrofi varie, in cui dobbiamo dire grazie ai militari e al loro sangue freddo che consente di portare aiuti e salvare le vite di molte persone.
Soltanto con alle spalle un addestramento così severo è possibile ottemperare a queste pericolose missioni, lì non si può essere molli, bisogna avere nervi saldi e lo sprezzo del pericolo, non è roba per tutti, di sicuro non per comuni civili abituati a lavorare in ufficio.
Con questo non voglio dire che i militari siano tutti dei santoni da ammirare.
Quando salvano vite umane lo sono.
Quando le sterminano non lo sono.
Quando ci spiegarono gerarchia, ordini e consegne in generale, ci disseero anche che l'insubordinazione e' ammessa, laddove un ordine non e' sensato e puo' creare pericoli o dissesti.
Ad esempio se il generale di corpo di armata (una delle cariche piu' alte all'epoca), in tempo di pace e senza motivi avesse ordinato ad un soldato semplice "spara al tuo commilitone", oppure "incendia quel carro armato", l'insubordinazione sarebbe stata un dovere.
Nel caso del treno il responsabile era il mio superiore (sergente), al quale mi sono permesso di esprimere consiglio dettato dal buonsenso.
Ero certo che se avessimo rispettato l'ordine alla lettera, bloccando il traffico dell'intero paese per chissa' quanto tempo (non c'erano telefonini, e chissa' se la persona fosse stata reperibile) sarebbe successo un guaio cosi' grosso che lo stesso colonnello avrebbe negato di aver dato quella consegna, o comunque sarebbe stato protetto dagli alti vertici.
Da appassionato di ferrovie conoscevo la situazione e sapevo anche perche' si era generata : quella manovra (spezzare il treno) veniva fatta sempre in quella stazione anche in occasione di altre tradotte di quel genere, ed era il Colonnello a non conoscere le procedure di quel trasporto su quella tratta.
Ero sicuro che avremmo corso piu' rischi rispettando gli ordini, che violandoli ed infatti cosi' ando'.
D'altro canto noi di scorta (con armi militari caricate e colpo in canna) rinforzammo la guardia sospendendo i turni di riposo (6 persone su 6 lungo tutti i due convogli, per controllare che non ci fossero anomalie o stranezze.
Inoltre suggerii al sergente che avremmo ammesso il taglio del convoglio, ma ulteriori manovre non contemplate sarebbero state considerate non conformi alla consegna, e per farle avrebbero dovuto contattare i nostri comandi.
Loro ci assicurarono che quella era l'unica manovra necessaria (ed era palesemente visibile che non si sarebbe potuto fare altrimenti).
Per il resto sono qui e non a "Gaeta o a Peschiera"...