faccio un'ipotesi?
secondo me ti sei dato la risposta da solo:
"parli" quando componi ("improvvisi", "assolo") e soprattutto quando "studi" e "provi". Anche il tuo maestro di jazz parla "quando improvvisa".
Insomma, quando non sei sicuro di quello che stai facendo, o stai creando.
Cioè quando il tuo sistema nervoso deve "scrivere" la musica prima di "leggerla" e dare ordini alle dita.
Penso la musica, "parlo" per pensarla e organizzarla, la "sento", un microsecondo dopo decido che va bene e suono effettivamente.
Dipende da come hai imparato a suonare.
Una ulteriore prova del tuo approccio "verbale" viene dal fatto che...
... appena hai avuto questo problema hai scelto di scriverlo qui, per metterlo alla prova.
Non te lo levi più.
O smetti di suonare,
o diventi Gleen Gould (perché: Keith Jarret no? zawinul che doveva sempre mettere parti di vocoder dappertutto? George Benson che "canta" in unisono alla chitarra? eccetera eccetera).
Io non "canto" mentre suono, ma mi è successo questo episodio:
stavo recuperando da un infortunio. Il medico mi dice che prima di riprendere a giocare devo "simulare" mentalmente i gesti che dovrò fare (in piedi, fermo, chiudi gli occhi e provi a "girare la mazza").
Io non capivo perché. Provo a farlo, e quando arrivo alla parte più violenta del gesto "immaginario" mi fanno male le cicatrici dove avevo avuto l'infortunio.
Cioè: la mente, prima di eseguire un gesto innervando i muscoli (penso musica --> muovo le dita), manda segnali "di assaggio" (nel tuo caso, a bocca/orecchie) che a me bastavano per sentire le contrazioni e quindi il dolore,
a te servono per "provare" l'improvvisazione.
Edited 11 Dic. 2009 14:42