@ quartaumentata
E' stato già detto molte volte, ma ogni tanto (giustamente) la questione torna a riproporsi.
Le opinioni sull'utilità o meno di tale metodo sono varie. Io direi che tutto è relativo.
Vediamo se riesco, procedendo per gradi, a dire la mia. Prendo in considerazione le prime due parti del libro (vale a dire gli esercizi dal n. 1 al n. 30).
Se uno è molto indietro con la tecnica non può che fare bene. Così come è scontato che fa bene se, avuta una certa tecnica, si è tornati fuori esercizio per aver abbandonato la pratica costante dello strumento (poco tempo o voglia ecc...).
Il problema è che, una volta padroneggiata tale parte, si potrà ripeterla anche una volta o più al giorno ma oltre un certo livello non si va. A pensarci bene è normale, una volta "allenati" ad una certa prestazione fisica, ripetere gli esercizi specifici per tale prestazione, al più aiuta a mantenerla, ma non a progredire.
A questo punto va fatto qualcosa in più. Al riguardo la mia esperienza personale è che la sottovalutata indicazione di trasportare i primi 30 esercizi in altre tonalità (è scritto anche nelle prime pagine dell' hanon stesso) sia un salto notevole, io me ne sono giovato molto.
In fondo i primi 30 esercizi, così come sono, sono una ginnastica sui soli tasti bianchi (non del tutto inutile intendiamoci) ma che è sempre la stessa (le mani fanno lo stesso movimento di battuta in battuta, non importa da quale nota partano, le distanze tra i tasti sono uniformi).
Passando ad altre tonalità (es la maggiore) si inseriscono tasti neri il che implica che le mani, di battuta in battuta debbano fare movimenti differenti e che le dita contigue debbano ora passare da un tasto bianco all'altro (sforzo già noto), oppure salire da un tasto bianco ad uno nero e viceversa o suonare due tasti neri consecutivi. Sembra che non cambi molto e invece cambia tantissimo, perché anche il polso e l'avambraccio (statici -non rigidi!- in caso di soli tasti bianchi) devono assecondare. Insomma è un esercizio diverso.
Altro discorso per la seconda metà del libro. Sull'utilità di scale e arpeggi in tutte le tonalità sono convinto (ecco, per chiarire meglio il discorso sui primi 30 esercizi, non si potrebbe certo considerare equivalente allo studio delle scale in tutte le tonalità l'assiduo studio della sola scala di do maggiore).
Poi ci sono un po' di gesti tecnici assortiti, tutti utili ma non certo gli unici possibili ( e qui infatti, quando in un pezzo c'è un passaggio di difficoltà specifica rognosa, entra in gioco la fantasia individuale nel crearsi un esercizio ad hoc per superarla, se la sola ripetizione molte volte del passaggio difficile non basta).
Infine esercizi per ottave, per terze e per seste. Che dire, sono le cose più difficili, ma il poco che c'è va preso come esempio di quelle che sono le prime difficoltà tecniche di livello superiore. Per le seste ad esempio ci sono solo pochi esercizi sui tasti bianchi, un dolore notevole -specie per le mani piccole - già così, ma ovviamente le seste si suonano anche sui tasti neri (vedi ad esempio uno degli studi di Chopin).
Insomma, male non fa. Bene di certo ma bisogna applicarcisi con la mente e non deve essere culturismo. Soprattutto è solo un mezzo, lo si usa per esercizio ma non lo si "suona", serve solo a farci suonare meglio tecnicamente, il che non è nulla senza la comprensione della musica (frase, espressione ecc.)
Quoto e straquoto.