@ anumj
Gli anni del data entry, che vanno grosso modo dalla prima metà degli 80 fino alla prima metà dei 90, sono stati paradossalmente gli anni più importanti e più prolifici per la programmazione dei synth. Avete mai visto una libreria completa del DX7? Del D50 o dell'M1? Centinaia di migliaia di suoni programmati dalle case produttrici (card e floppy costosissimi) da terze parti spesso firmati da artisti eccezionali.
Si trattava cmq di strumenti con 32/64/128 locazioni di memoria, i preset di fabbrica se pur molto originali e affascinanti (chi ricorda la prima volta che ha acceso un m1 e suonato il program universe?
) erano molto restrittivi. Avevi per forza di cose l'esigenze di smanettare e sbattere le corna su quei display spartani, quei menu e sottomenu spesso causa di nevrosi.
Poi arrivo' l'atari, il mac e infine qualche pc con cui fare editng via midi.
Ora, limitatamente al discorso sulla conoscenza delle sintesi e delle tecniche di programmazione, è innegabile notare come le nuove generazioni si siano sedute troppo di fronte alla loro tastiera a navigare tra i 1000 e passa preset di fabbrica già pronti e abbiano ovviamente dedicato meno tempo a capire cosa realmente c'è dentro il loro strumento. E' un dato di fatto, basta leggere qualsiasi forum qui e all'estero.
Non ridurrei quindi ad una mera questione di possibilità economiche e di maggiore benessere rispetto al passato (gli incapaci che potevano comprare un T8 o un Memory per arredare il salotto buono c'erano anche allora).
Cio' non vuol dire che i giovani siano incapaci, tutt'altro. Come ho già detto, per me i giovani sono molto fortunati oggi a disporre di queste tecnologie e delle info sul web, ma il rischio è che se tutto questo tesoro non converge verso una dimensione di consapevolezza, si perde e compie danni irreparabili alla parte creativa dell'individuo, atrofizzando ogni stimolo positivo.
Questa quantità di dati e di strumenti che ci viene fornita oggi, se non è correttamente metabolizzata diventa "obesità musicale", un surplus che invece di aiutarti ti condanna all'indecisione continua, alla mancanza perenne di identità musicale e sonora, alla paralisi delle idee e dei progetti musicali in genere.
La tua tesi può essere condivisibile, ma non in tutti i casi e comunque solo in parte.
Noi "tastierai", forse tendiamo a vedere la realtà un po' troppo con l'ottica del "tastieraio".
Conoscere il proprio strumento è importante: di conseguenza, un tastierista dovrebbe saper programmare almeno decentemente i synth che usa.
Ma nella musica, non ci sono solo i tastieristi.
Chitarristi, bassisti, batteristi, pianisti, fiatisti, violinisti, flautisti . . . ecc. ecc., fino arrivare ai cultori di strumenti antichi . . . costoro fanno certamente musica, anche senza saper programmare un synth e senza utilizzare (se non marginalmente) le tecnologie "stellari" di oggi.
Si può essere musicisti anche a prescindere dalla conoscenza di un LFO.
La programmazione dei synth fa parte della musica . . . ma NON E' la musica.
La musica è un qualcosa di molto più vasto.
E poi, tra gli stessi tastieristi, oggi si vanno riscoprendo certe "sonorità dell'origine": hammond, Rhodes, Wurly , piano acustico ecc. ecc., tant'è che tu stesso hai osservato come oggi un certa parte della produzione si stia nuovamente orientando, con successo, su strumenti che riproducono pochi suoni, che però richiedono intrinsecamente una buona "capacità di suonare".
Un synth, pieno riverberi, delay ed effetti vari (magari con "tappetone" sotto) può coprire certe magagne . . . un hammond o un rhodes difficilmente perdonano chi non sa padroneggiare la tastiera.
Quanto alle nuove tecnologie, se da un lato il rischio dell' "obesità musicale" può in effetti verificarsi, va anche detto che alcune di queste tecnologie hanno costituito un forte stimolo alla creatività: si pensi, ad esempio, alla possibilità di registrare con buona qualità in multitraccia su un normale computer di casa.
Ciò consente oggi, a chiunque, di "buttare giù" idee musicali anche complesse, senza dovere spendere molto tempo e denaro in sale di registrazione (cosa inevitabile e costosissima, solo venti - trent'anni fa).
Quanto infine alla consapevolezza, personalmente continuo a credere che chi davvero ha "la musica in testa" acquisti inevitabilmente una sua consapevolezza, che lo porta in ogni caso a ricercare le sue sonorità, anche districandosi tra milioni di presets già belli confezionati, imparando alla fine a "modellare" (chi più chi meno) i suoni per adattarli alla sua idea.
Poi, per carità, c'è (e ce ne sono sempre di più) chi "fa musica" solo per gioco, perchè magari canticchia bene e si porta dietro l'arranger pieno zeppo di basi midi, con cui d'estate fa "piano bar" o "karaoke" a puro scopo ludico, senza alcun progetto musicale.
Ma qui, forse, esuliamo dal campo della Musica.
Stefano
Edited 16 Gen. 2010 0:30