@ ziokiller
CoccigeSupremo ha scritto:
un campione di piano elettrico
Non voglio assolutamente entrare nel merito delle vostre elucubrazioni, quelli sono vostri pareri (costra troppo, costa poco, suona bene, suona male, ecc.) e nessuno ve li toglie, però vorrei precisare che nel Mojo61 tutti i suoni sono prodotti da modelli di sintesi in tempo reale, inclusi i due suoni di piano elettrico, quindi niente campioni.
Ora, non mi metto certamente a spiegare la differenza fra il campione e il modello fisico perché è un argomento trattato già mille volte, ma di sicuro una grossissima differenza c'è, soprattutto sotto le dita. Una demo su YouTube non renderebbe mai l'idea di cosa si prova a livello tattile quando si suona lo strumento, però vi assicuro che c'è molto di più di quello che si sente.
Quanto al prezzo, quello non viene certamente scelto a caso o girando il cestello della tombola. Il prezzo finale di vendita è il risultato di una serie di calcoli fatti sulla base dei costi di produzione. Non dimenticate che tutti gli altri strumenti che avete citato sono prodotti all'estero, mentre la roba Crumar è prodotta in Italia, con i costi italiani e le tasse italiane.
La cosa buffa è che su Facebook - a chiacchiere - sono tutti per la ripresa dell'economia italiana, si vedono condividere continuamente quei cartelli con su scritto "se vuoi che l'Italia si riprenda compra i prodotti italiani" e poi tutti giù a criticare i prodotti italiani e a comprare quelli stranieri... quando si dice la coerenza.
Carissimo, su tutto sono d'accordo tranne che su una cosa: che il prezzo viene fatto sui costi di produzione
Il prezzo, da che mondo é mondo, si stabilisce ancora prima di iniziare il progetto, quando si butta giù il business case: si fanno delle ricerche (primarie e secondarie) per vedere quanto la gente é disposta a pagare il prodotto, e come varierebbe il volume di vendita al variare dei prezzi (elasticità del prezzo)
Si considerano i costi fissi, tipo ricerca, sviluppo, allestimento del processo produttivo e delle strutture di supporto alla produzione e commercializzazione (non quelli variabili perché quelli sono legati al numero di unità prodotte) e si ricava il price point che offre i profitti maggiori:
Profitto= (Prezzo*unità vendute)-(costi fissi+(prezzi variabili*unità prodotte))
Si proietta il forecast di vendita su 5 anni al minimo e si calcola anche la NPV (net present value, ovvero il profitto globale dei cinque anni scontato del tasso di sconto medio su base annuale, perché avere 10mila euro oggi non é come averceli fra 5 anni)
A questo punto, il progetto che presenta l'NPV migliore viene sviluppato, gli altri nel cestino
I costi, quindi, sono una minima parte della definizione del prezzo, e sono la classica scusa che si accampa per giustificare un prezzo non in linea con le aspettative del mercato (ovvero quando la divisione marketing ha ceffato il business case, le proiezioni di vendita e l'analisi dell'elasticità dei prezzi)
La vera risposta all'obiezione: ma é caro! é una sola: é caro rispetto a che cosa?
Se il business case é stato fatto bene, si riuscirà a spiegare al potenziale cliente il valore aggiunto sottostante al prodotto, comparato al valore medio dei prodotti della concorrenza, che ne giustifica proprio quel prezzo li (qualità, servizio, convenienza, prestigio, innovazione etc etc)
Se le caratteristiche di valore aggiunto sono reali e significative (almeno per un segmento di mercato che garantisca il numero di unità vendute messo in forecast), allora non c'é problema, il prodotto renderà quello che si é ipotizzato
l'importante é rispondere alla domanda: perché comprare il mojo, e non un altro strumento? La base del successo sono un posizionamento ed una USP (unique selling proposition) che siano credibili, significative, sostenibili e uniche
Edited 16 Feb. 2016 20:27