@ d_phatt
Vedo che praticamente tutti voi nei vostri post avete affrontato la questione da un punto di vista pratico, ponendo molto l'accento sull'intesa tra pianista e cantante, sulle prove e sulla capacità di adattamento o improvvisazione. Approccio "realistico", e sicuramente giusto. D'altra parte il vero professionista/turnista deve sapersi adattare a tutto e pure di corsa, non può certo chiedere la pausa per ragionarci su...("scusate eh, rivediamoci tra un paio giorni che ci penso su", e così fu cacciato
).
Ma la questione, da un punto di vista compositivo, da arrangiatore più che da esecutore/turnista, non può essere affrontata con un approccio più teorico, formale? Ovviamente senza mai perdere di vista la realtà, questo è chiaro (situazioni musicali, obiettivi, capacità e limiti degli interpreti, ecc...).
Mia esperienza:
Generalmente devi conoscere quello che stai per trattare, chi canta deve conoscere quello che sta per cantare e ognuno deve avere la capacità di dominare il materiale, farne cioè ciò che si vuole, magari riuscire anche ad eseguire "Finché la Barca Va'" in 3/4. Quindi per il pianista non ci devono essere problemi di stile musicale, deve avere con se il bagaglio musicale di chi ha assaggiato, studiato, eseguito, rivoltato, il suono di Debussy, dei Toto, di Lyle Mais, di Mozart, di B. Canfora, così da saper sempre da dove attingere quel colore, quel tipo di arpeggio, quel tipo di suono...
Con questo presupposto, se col cantante o solista, ci si conosce si può eventualmente costruire un nuovo suono, una versione molto personalizzata.
Poi, nel professionismo spiccio, spesso questo non accade, ti trovi in situazioni dove devi agire e basta e senza una solida esperienza ...cappotti.
Per dire, riguardo al pezzo fatto con Tosca che ho postato prima: io Tosca l'avevo sempre e solo vista da spettatore, sapevo cosa faceva, come cantava, ma non ci avevo mai lavorato. Tosca la incontrai il giorno prima della registrazione per decidere quale pezzo fare e in che modo. In quel momento, musicalmente, lei era immersa nell'aria di un lavoro teatrale e che aveva dei colori molto circensi e per farmi capire il suono che l'avrebbe emozionata mi fece ascoltare dei brani del suo spettacolo. Capii l'aria e una volta scelta quella canzone e la tonalità, cercai di dargli quel suono un po' sognante. La provammo un paio di volte, a casa scrissi la stesura, un paio di note al violoncello e ci incontrammo il giorno dopo in sala d'incisione. In meno di un'ora avevamo fatto.
Tante volte mi è capitato di dover attingere alla mia riserva di esperienza: ero fisso in una trasmissione dove ogni giorno capitavano ospiti diversi ...e avevi 10/15 min. per decidere cosa e come eseguire, un po' alla Memo Remigi già citato... ma non sempre era "una bellezza"
. Mi ricordo con Miranda Martino... in un attimo di pausa nella diretta TV improvvisammo "I Love Paris"... ma in diretta non gli viene in mente di cantarla? mi fa: "maestro come faceva...?" e io non mi ricordavo un cacchio e poi la I Love Paris la conoscevo sommariamente ...fu brava lei e a sgattaiolare via, ma io feci un bel casino!
Qui un altro esempio:
RAI TG2 delle 11,30.
Conoscevo l'allora direttore del TG2 mattina che verso le 9.00 mi chiama: "Vince', c'ho Bruno Venturini ma lo voglio dal vivo col pianoforte, puoi venire?"
Anche di Bruno Venturini conoscevo solo il nome. Da casa mia a Saxa Rubra più "un'aggiustatina" alla meno peggio ed ero lì alle 10,30 (?) ...il direttore mi presenta Bruno Venturini che mi fa vedere la musica, durante uno stacco pubblicitario ed un servizio proviamo al volo ...ma, tra una prova audio e una prova camere, avremo fatto si e no 5 min. e andammo in onda: "Zitto e Sona!" Ma in fondo un po' di incertezza nel suono si sente, specie all'inizio, quando proprio non sapevo cosa sarebbe venuto fuori!
(questo è un reperto di quella mattina che ho trovato poco fa perché mi son detto: ma su YouTube c'è tutto ...vuoi vedere che anche questa...?)