Ciao, la mia frequentazione delle sezioni non tecniche del forum scarseggia, ma mi pare di capire che questo argomento sia stato affrontato anche al di là di questo singolo thread e abbia addirittura creato insanabili contrasti, il che, permettetemi, mi fa un po' ridere.
La mia posizione in merito da "praticone", amante del jazz che suona altro nella vita è, diciamo, a metà strada. Trovo stupidissimo e per niente pratico insegnare precocemente cosa siano i modi e volerli vedere nella musica di matrice tonale o nel blues, ma, al di là del fatto che esiste una musica modale (anzi tante, non solo jazz), a volte aver presente i modi fa comodo per avere un linguaggio comprensibile, un gergo da musicisti.
Per intenderci è veramente scemo voler analizzare un II V I come dorico, misolidio e ionio, ma se prendi So What e non fai riferimento al modo dorico, non spieghi la presenza del si naturale. Questo a dire che se il brano nasce volutamente modale c'è poco da fare. Certo, non è il jazz di Berry Harris, il bebop e tutto il "prima" non c'entra una mazza.
Però, dicevo, a volte fa comodo anche in un contesto tonale usare il gergo modale, giusto per velocità di espressione. Per quanto mi riguarda sono pochissime le volte che preferisco fare riferimento ai modi, per esempio NON penso e dico mai "super locrio" ma "alterato", ma quando penso "lidia dominante" mi viene subito da pensare e talvolta suonare una triade maggiore sopra la fondamentale di un accordo di dominante, per me è un vantaggio a livello di velocità di reazione.
Non è un fatto concettuale, ma solo pratico, cioè il concetto che passerei ad un allievo, in questo caso, non sarebbe modale, gli direi semplicemente che essendo un po' pericoloso suonare il quarto grado su un accordo di dominante, il quarto aumentato (#11 volendo) può rappresentare un comodo appoggio e una sonorità interessante.
Ecco, troverei non pratico, cervellotico e alla fine sbagliato, spiegargli che "quell'accordo viene da una scala costruita sul quarto grado di una tonalità (che manco è quella in cui siamo) a cui poi viene abbassato il settimo", roba da drogati di crack.
Anche nel blues può essere comodo. Premettendo che il blues, se lo vedi dal punto di vista concettuale e vieni dal mondo della musica "occidentale" tonale pura, è la cosa più strana e difficile che esiste e che quindi bisogna e evitare di spiegarlo così, se al bassista gli dici che generalmente si dovrebbe muovere sul misolidio di ogni singolo accordo, non gli hai insegnato il walking, ma gli hai dato un piccolo comodo riferimento. In questo caso, per esempio, non mi piace parlare di accordi di dominante, perché non lo sono, cioè non sono V di niente. Chiaro cosa intendo? E non intendo neppure dire che sia del tutto corretto parlare di misolidio, visto poi il florilegio di terze minori (sempre che sia corretto chiamarle così) e quinte diminuite (sempre che sia corretto chiamarle così) che ci si suonano sopra.
Sì, quindi in definitiva trovo il gergo modale comodo in diverse situazioni.
Che sia la base del sistema per imparare a improvvisare nel linguaggio jazz quello no, ma anche se si fa riferimento solo alle scale tonali non basta certamente, il rischio è sempre quello di andare in su e in giù come dei coglioni in entrambi i casi, ma questo è cosa nota.
ok... anche troppo... buon proseguimento.