@ markelly2
Tutto il suo lavoro di anni, i dischi sentiti, i concerti a cui ha assistito, i protagonisti del jazz che ha conosciuto, intervistato e studiato, i libri che ha scritto...
Mi sta bene, ma secondo ci sono cose che vanno oltre ogni discorso di cultura/ignoranza, oggettivo/soggettivo e via dicendo.
Possiamo dire quello che ci pare, ma esprimersi in quel modo al riguardo di una musicista del genere è inammissibile. Chiaro che dietro ci possono essere ironia, figure retoriche, scrittura provocatoria e chi più ne ha e più ne metta, ma c'è un limite oltre il quale si scende nel ridicolo.
Quello di fare critica è un diritto sacrosanto, ma chiunque suoni in quel modo merita rispetto a prescindere, anche nella critica.
E io non sono uno che prende per oro colato tutto quello che fanno i grandi del jazz. Perché anche i migliori in alcuni momenti si vede che perdono di brillantezza, di perfezione del discorso musicale, perché improvvisando per ore è inevitabile che accada, a più e più riprese. E succede a tutti coloro che improvvisano, nessuno escluso, neanche i mostri.
Un'altra cosa che vorrei dire è che non è assolutamente vero che il "virtuosismo" esclude sempre la parte emozionale. Vale solo per i frullatori di note, i cosiddetti shredder che a me fanno schifo. Ma non sono mica quelli i veri virtuosi...virtuoso è chi è al massimo livello sia tecnico che interpretativo (come se le due cose potessero essere separate, poi).
Oscar Peterson, che è uno dei miei pianisti jazz preferiti in assoluto, ha fatto
questo, cosa dirgli per quanto riguarda la sensibilità? Questa esecuzione è intoccabile, sia a livello tecnico, che di scelta dei piani sonori, che nell'intenzione musicale e nella sensibilità espressiva.
Come anche, nella sua indicibile difficoltà, lo studio trascendentale "spazzaneve" di Liszt.