Come abbiamo scelto che strumento suonare?

dielle63 17-05-19 18.56
@ Sonounafrana
dielle63 ha scritto:
Sono certo che capita anche a voi: quando vedo una tastiera, sia essa un fascinoso Steinway tanto quanto una plasticaccia della coop, non posso fare a meno di guardarla, toccarla se posso. emo


Mi piace leggere stralci di vita del passato, le vostre storie sono tutte molto belle. Io non ho avuto un innesco vero e proprio anche perche come spesso ripeto non sono un pianista, nonostante questo mi piace leggere cose di musica e per quanto riguarda gli strumenti mi succede che è gratificante averli ancora prima di suonarli. Il mio primo contatto con esso risale a quando avevo 11 anni. Forse qualche cosa in meno o in piu'. Ero un bambino strano, molto creativo, e i giochi erano fatti di fantasia piu che altro. Tirando un maglione si trasformava in una ala e via a volare come il barone rosso. Avevo anche degli amici inventati, persone che non esistevano ma con cui dialogavo. Ancora adesso lo faccio. E' normale per i fanciulli fantasticare forse una volta ancora di piu' che adesso dove spesso ti vengono presentati dei mondi gia confezionati. Purtroppo avevo un problema gravisssimo agli occhi; uno scenario di luci e ombre. Ricordo quando i miei genitori, ritrovandosi con un figlio diverso optarono per un collegio per non vedenti a Firenze. Feci in modo che di non creare problemi, la nuova meta' offriva nuovi amici, come me e che non mi avrebbero preso in giro per la mia visione limitata. Tanto poi mi sarebbero venuti a trovare, gia'. Ed è cosi che mi ritrovai tra una quarantina di amici, di tutte le provenienze. Assistenti sociali. Pseudo educatori. Insegnanti non vedenti. Un mondo ricco di musicisti; flautisti, armonicisti, chitarristi. Tutti Hobby accessibili. L'istituto era enorme, per chi vive a Firenze lo trova ancora oggi in via Aurelio Nicolodi, sede del Comune. In questo enorme palazzo, con la biblioteca Braille, la lavanderia, la scuola, la sala ricreazione, ecc. esisteva un'ala abbandonata; polvere, materassi impilati, vecchie sedie, scrivanie e fantasmi. Amavo esplorare quell'ala, quei corridoi dove riuscivo a farmi paura da solo per poi scappare. E ritornarci per riscoprire tutto. Nella scuola c'era un corso per Massofisioterapisti, frequentato dai grandi. E loro usavano questi manichini nel gabinetto anatomico e in questa sala se ne trovavano alcuni incompleti, che probabilmente venivano usati con pezzi di ricambio e qualche volta li trovavo in posizione diversa, e giu' con la fantasia... Poi in una sala in fondo un oggetto strano, curioso, sporco: un pianoforte verticale, uno Steinway & Sons. Rotto, mancavano i tasti. Ma nonostante cio' conservava tutto il suo orgoglio. Fu una grande scoperta. Mi piaceva pensare che quel Steinway significasse Stefano; Stefano e Sons; un amico con cui ho condiviso moltissimi giochi. Le prime melodie. Provai pure a pulirlo, ma la polvere era stratificata. Ero orgoglioso di Sons e ogni momento libero ne aprofittavo per giocarci insieme. Quando arrivava il Natale o Pasqua e molti alievi tornavano dalle loro rispettive famiglie. Passavo molto tempo con Sons. Mi piaceva quel suono, scordato e offeso esattamente come mi sentivo io. Mi domandavo spesso perche una cosa tanto bella era finita nella polvere in mezzo a vecchi materassi. Non ho piu noizie di Sons. In eta adulta, e dopo l'ennesima intervento chirurgico agli occhi, sono stato catapultato in un altro mondo; colori, visi espressivi. Ho comprato un pianoforte acustico, perche mi piaceva averlo. Dopo ho iniziato a suonarlo. E quando suono non sono mai in un posto solo. In un concerto. Tra gli amici. O in qualche ala abbandonata. E utile per me oltre che terapeutico, incasellare una melodia e suonarla. E un colonna sonora che mi porta via. Perlomeno ci provo.

Stefano
emo
paolo_b3 17-05-19 19.24
@ Sonounafrana
dielle63 ha scritto:
Sono certo che capita anche a voi: quando vedo una tastiera, sia essa un fascinoso Steinway tanto quanto una plasticaccia della coop, non posso fare a meno di guardarla, toccarla se posso. emo


Mi piace leggere stralci di vita del passato, le vostre storie sono tutte molto belle. Io non ho avuto un innesco vero e proprio anche perche come spesso ripeto non sono un pianista, nonostante questo mi piace leggere cose di musica e per quanto riguarda gli strumenti mi succede che è gratificante averli ancora prima di suonarli. Il mio primo contatto con esso risale a quando avevo 11 anni. Forse qualche cosa in meno o in piu'. Ero un bambino strano, molto creativo, e i giochi erano fatti di fantasia piu che altro. Tirando un maglione si trasformava in una ala e via a volare come il barone rosso. Avevo anche degli amici inventati, persone che non esistevano ma con cui dialogavo. Ancora adesso lo faccio. E' normale per i fanciulli fantasticare forse una volta ancora di piu' che adesso dove spesso ti vengono presentati dei mondi gia confezionati. Purtroppo avevo un problema gravisssimo agli occhi; uno scenario di luci e ombre. Ricordo quando i miei genitori, ritrovandosi con un figlio diverso optarono per un collegio per non vedenti a Firenze. Feci in modo che di non creare problemi, la nuova meta' offriva nuovi amici, come me e che non mi avrebbero preso in giro per la mia visione limitata. Tanto poi mi sarebbero venuti a trovare, gia'. Ed è cosi che mi ritrovai tra una quarantina di amici, di tutte le provenienze. Assistenti sociali. Pseudo educatori. Insegnanti non vedenti. Un mondo ricco di musicisti; flautisti, armonicisti, chitarristi. Tutti Hobby accessibili. L'istituto era enorme, per chi vive a Firenze lo trova ancora oggi in via Aurelio Nicolodi, sede del Comune. In questo enorme palazzo, con la biblioteca Braille, la lavanderia, la scuola, la sala ricreazione, ecc. esisteva un'ala abbandonata; polvere, materassi impilati, vecchie sedie, scrivanie e fantasmi. Amavo esplorare quell'ala, quei corridoi dove riuscivo a farmi paura da solo per poi scappare. E ritornarci per riscoprire tutto. Nella scuola c'era un corso per Massofisioterapisti, frequentato dai grandi. E loro usavano questi manichini nel gabinetto anatomico e in questa sala se ne trovavano alcuni incompleti, che probabilmente venivano usati con pezzi di ricambio e qualche volta li trovavo in posizione diversa, e giu' con la fantasia... Poi in una sala in fondo un oggetto strano, curioso, sporco: un pianoforte verticale, uno Steinway & Sons. Rotto, mancavano i tasti. Ma nonostante cio' conservava tutto il suo orgoglio. Fu una grande scoperta. Mi piaceva pensare che quel Steinway significasse Stefano; Stefano e Sons; un amico con cui ho condiviso moltissimi giochi. Le prime melodie. Provai pure a pulirlo, ma la polvere era stratificata. Ero orgoglioso di Sons e ogni momento libero ne aprofittavo per giocarci insieme. Quando arrivava il Natale o Pasqua e molti alievi tornavano dalle loro rispettive famiglie. Passavo molto tempo con Sons. Mi piaceva quel suono, scordato e offeso esattamente come mi sentivo io. Mi domandavo spesso perche una cosa tanto bella era finita nella polvere in mezzo a vecchi materassi. Non ho piu noizie di Sons. In eta adulta, e dopo l'ennesima intervento chirurgico agli occhi, sono stato catapultato in un altro mondo; colori, visi espressivi. Ho comprato un pianoforte acustico, perche mi piaceva averlo. Dopo ho iniziato a suonarlo. E quando suono non sono mai in un posto solo. In un concerto. Tra gli amici. O in qualche ala abbandonata. E utile per me oltre che terapeutico, incasellare una melodia e suonarla. E un colonna sonora che mi porta via. Perlomeno ci provo.

Stefano
Grazie per aver condiviso questa tua storia. emo
violino999 17-05-19 20.54
@ paolo_b3
Grazie per aver condiviso questa tua storia. emo
mio padre suonatore dilettante di chitarra, a 8 anni mi insegna a suonare la chitarra ritmica. anni dopo, mi gaso per le tastiere, meglio se elettroniche... quindi sbavo per meravigliosi
organi, a due manuale con batteria elettronica incorporata. poi grazie ad complesso di liscio, dai 12 anni arriva tastiera violini Logan, e piano elettronico crucianelli. poi da lì 40 anni di musica varia amatoriale, in varie forme e combinazioni, che continua ancora oggi più che mai, con vari gruppi di generi diversi, anni dopo anno
almavian 18-05-19 00.08
@ Sonounafrana
dielle63 ha scritto:
Sono certo che capita anche a voi: quando vedo una tastiera, sia essa un fascinoso Steinway tanto quanto una plasticaccia della coop, non posso fare a meno di guardarla, toccarla se posso. emo


Mi piace leggere stralci di vita del passato, le vostre storie sono tutte molto belle. Io non ho avuto un innesco vero e proprio anche perche come spesso ripeto non sono un pianista, nonostante questo mi piace leggere cose di musica e per quanto riguarda gli strumenti mi succede che è gratificante averli ancora prima di suonarli. Il mio primo contatto con esso risale a quando avevo 11 anni. Forse qualche cosa in meno o in piu'. Ero un bambino strano, molto creativo, e i giochi erano fatti di fantasia piu che altro. Tirando un maglione si trasformava in una ala e via a volare come il barone rosso. Avevo anche degli amici inventati, persone che non esistevano ma con cui dialogavo. Ancora adesso lo faccio. E' normale per i fanciulli fantasticare forse una volta ancora di piu' che adesso dove spesso ti vengono presentati dei mondi gia confezionati. Purtroppo avevo un problema gravisssimo agli occhi; uno scenario di luci e ombre. Ricordo quando i miei genitori, ritrovandosi con un figlio diverso optarono per un collegio per non vedenti a Firenze. Feci in modo che di non creare problemi, la nuova meta' offriva nuovi amici, come me e che non mi avrebbero preso in giro per la mia visione limitata. Tanto poi mi sarebbero venuti a trovare, gia'. Ed è cosi che mi ritrovai tra una quarantina di amici, di tutte le provenienze. Assistenti sociali. Pseudo educatori. Insegnanti non vedenti. Un mondo ricco di musicisti; flautisti, armonicisti, chitarristi. Tutti Hobby accessibili. L'istituto era enorme, per chi vive a Firenze lo trova ancora oggi in via Aurelio Nicolodi, sede del Comune. In questo enorme palazzo, con la biblioteca Braille, la lavanderia, la scuola, la sala ricreazione, ecc. esisteva un'ala abbandonata; polvere, materassi impilati, vecchie sedie, scrivanie e fantasmi. Amavo esplorare quell'ala, quei corridoi dove riuscivo a farmi paura da solo per poi scappare. E ritornarci per riscoprire tutto. Nella scuola c'era un corso per Massofisioterapisti, frequentato dai grandi. E loro usavano questi manichini nel gabinetto anatomico e in questa sala se ne trovavano alcuni incompleti, che probabilmente venivano usati con pezzi di ricambio e qualche volta li trovavo in posizione diversa, e giu' con la fantasia... Poi in una sala in fondo un oggetto strano, curioso, sporco: un pianoforte verticale, uno Steinway & Sons. Rotto, mancavano i tasti. Ma nonostante cio' conservava tutto il suo orgoglio. Fu una grande scoperta. Mi piaceva pensare che quel Steinway significasse Stefano; Stefano e Sons; un amico con cui ho condiviso moltissimi giochi. Le prime melodie. Provai pure a pulirlo, ma la polvere era stratificata. Ero orgoglioso di Sons e ogni momento libero ne aprofittavo per giocarci insieme. Quando arrivava il Natale o Pasqua e molti alievi tornavano dalle loro rispettive famiglie. Passavo molto tempo con Sons. Mi piaceva quel suono, scordato e offeso esattamente come mi sentivo io. Mi domandavo spesso perche una cosa tanto bella era finita nella polvere in mezzo a vecchi materassi. Non ho piu noizie di Sons. In eta adulta, e dopo l'ennesima intervento chirurgico agli occhi, sono stato catapultato in un altro mondo; colori, visi espressivi. Ho comprato un pianoforte acustico, perche mi piaceva averlo. Dopo ho iniziato a suonarlo. E quando suono non sono mai in un posto solo. In un concerto. Tra gli amici. O in qualche ala abbandonata. E utile per me oltre che terapeutico, incasellare una melodia e suonarla. E un colonna sonora che mi porta via. Perlomeno ci provo.

Stefano
Grande Stefano, mi hai fatto emozionare....emo
zerinovic 18-05-19 07.41
@ Sonounafrana
dielle63 ha scritto:
Sono certo che capita anche a voi: quando vedo una tastiera, sia essa un fascinoso Steinway tanto quanto una plasticaccia della coop, non posso fare a meno di guardarla, toccarla se posso. emo


Mi piace leggere stralci di vita del passato, le vostre storie sono tutte molto belle. Io non ho avuto un innesco vero e proprio anche perche come spesso ripeto non sono un pianista, nonostante questo mi piace leggere cose di musica e per quanto riguarda gli strumenti mi succede che è gratificante averli ancora prima di suonarli. Il mio primo contatto con esso risale a quando avevo 11 anni. Forse qualche cosa in meno o in piu'. Ero un bambino strano, molto creativo, e i giochi erano fatti di fantasia piu che altro. Tirando un maglione si trasformava in una ala e via a volare come il barone rosso. Avevo anche degli amici inventati, persone che non esistevano ma con cui dialogavo. Ancora adesso lo faccio. E' normale per i fanciulli fantasticare forse una volta ancora di piu' che adesso dove spesso ti vengono presentati dei mondi gia confezionati. Purtroppo avevo un problema gravisssimo agli occhi; uno scenario di luci e ombre. Ricordo quando i miei genitori, ritrovandosi con un figlio diverso optarono per un collegio per non vedenti a Firenze. Feci in modo che di non creare problemi, la nuova meta' offriva nuovi amici, come me e che non mi avrebbero preso in giro per la mia visione limitata. Tanto poi mi sarebbero venuti a trovare, gia'. Ed è cosi che mi ritrovai tra una quarantina di amici, di tutte le provenienze. Assistenti sociali. Pseudo educatori. Insegnanti non vedenti. Un mondo ricco di musicisti; flautisti, armonicisti, chitarristi. Tutti Hobby accessibili. L'istituto era enorme, per chi vive a Firenze lo trova ancora oggi in via Aurelio Nicolodi, sede del Comune. In questo enorme palazzo, con la biblioteca Braille, la lavanderia, la scuola, la sala ricreazione, ecc. esisteva un'ala abbandonata; polvere, materassi impilati, vecchie sedie, scrivanie e fantasmi. Amavo esplorare quell'ala, quei corridoi dove riuscivo a farmi paura da solo per poi scappare. E ritornarci per riscoprire tutto. Nella scuola c'era un corso per Massofisioterapisti, frequentato dai grandi. E loro usavano questi manichini nel gabinetto anatomico e in questa sala se ne trovavano alcuni incompleti, che probabilmente venivano usati con pezzi di ricambio e qualche volta li trovavo in posizione diversa, e giu' con la fantasia... Poi in una sala in fondo un oggetto strano, curioso, sporco: un pianoforte verticale, uno Steinway & Sons. Rotto, mancavano i tasti. Ma nonostante cio' conservava tutto il suo orgoglio. Fu una grande scoperta. Mi piaceva pensare che quel Steinway significasse Stefano; Stefano e Sons; un amico con cui ho condiviso moltissimi giochi. Le prime melodie. Provai pure a pulirlo, ma la polvere era stratificata. Ero orgoglioso di Sons e ogni momento libero ne aprofittavo per giocarci insieme. Quando arrivava il Natale o Pasqua e molti alievi tornavano dalle loro rispettive famiglie. Passavo molto tempo con Sons. Mi piaceva quel suono, scordato e offeso esattamente come mi sentivo io. Mi domandavo spesso perche una cosa tanto bella era finita nella polvere in mezzo a vecchi materassi. Non ho piu noizie di Sons. In eta adulta, e dopo l'ennesima intervento chirurgico agli occhi, sono stato catapultato in un altro mondo; colori, visi espressivi. Ho comprato un pianoforte acustico, perche mi piaceva averlo. Dopo ho iniziato a suonarlo. E quando suono non sono mai in un posto solo. In un concerto. Tra gli amici. O in qualche ala abbandonata. E utile per me oltre che terapeutico, incasellare una melodia e suonarla. E un colonna sonora che mi porta via. Perlomeno ci provo.

Stefano
Bella storia, emozionante.
Specialmente la parte.
"Passavo molto tempo con Sons. Mi piaceva quel suono, scordato e offeso esattamente come mi sentivo io."
Sensazione che da bambino provavo spesso,mia madre, che non gli potevo nascondere nulla...capiva da come strimpellavo come mi sentivo.
maxpiano69 18-05-19 07.45
@ Sonounafrana
dielle63 ha scritto:
Sono certo che capita anche a voi: quando vedo una tastiera, sia essa un fascinoso Steinway tanto quanto una plasticaccia della coop, non posso fare a meno di guardarla, toccarla se posso. emo


Mi piace leggere stralci di vita del passato, le vostre storie sono tutte molto belle. Io non ho avuto un innesco vero e proprio anche perche come spesso ripeto non sono un pianista, nonostante questo mi piace leggere cose di musica e per quanto riguarda gli strumenti mi succede che è gratificante averli ancora prima di suonarli. Il mio primo contatto con esso risale a quando avevo 11 anni. Forse qualche cosa in meno o in piu'. Ero un bambino strano, molto creativo, e i giochi erano fatti di fantasia piu che altro. Tirando un maglione si trasformava in una ala e via a volare come il barone rosso. Avevo anche degli amici inventati, persone che non esistevano ma con cui dialogavo. Ancora adesso lo faccio. E' normale per i fanciulli fantasticare forse una volta ancora di piu' che adesso dove spesso ti vengono presentati dei mondi gia confezionati. Purtroppo avevo un problema gravisssimo agli occhi; uno scenario di luci e ombre. Ricordo quando i miei genitori, ritrovandosi con un figlio diverso optarono per un collegio per non vedenti a Firenze. Feci in modo che di non creare problemi, la nuova meta' offriva nuovi amici, come me e che non mi avrebbero preso in giro per la mia visione limitata. Tanto poi mi sarebbero venuti a trovare, gia'. Ed è cosi che mi ritrovai tra una quarantina di amici, di tutte le provenienze. Assistenti sociali. Pseudo educatori. Insegnanti non vedenti. Un mondo ricco di musicisti; flautisti, armonicisti, chitarristi. Tutti Hobby accessibili. L'istituto era enorme, per chi vive a Firenze lo trova ancora oggi in via Aurelio Nicolodi, sede del Comune. In questo enorme palazzo, con la biblioteca Braille, la lavanderia, la scuola, la sala ricreazione, ecc. esisteva un'ala abbandonata; polvere, materassi impilati, vecchie sedie, scrivanie e fantasmi. Amavo esplorare quell'ala, quei corridoi dove riuscivo a farmi paura da solo per poi scappare. E ritornarci per riscoprire tutto. Nella scuola c'era un corso per Massofisioterapisti, frequentato dai grandi. E loro usavano questi manichini nel gabinetto anatomico e in questa sala se ne trovavano alcuni incompleti, che probabilmente venivano usati con pezzi di ricambio e qualche volta li trovavo in posizione diversa, e giu' con la fantasia... Poi in una sala in fondo un oggetto strano, curioso, sporco: un pianoforte verticale, uno Steinway & Sons. Rotto, mancavano i tasti. Ma nonostante cio' conservava tutto il suo orgoglio. Fu una grande scoperta. Mi piaceva pensare che quel Steinway significasse Stefano; Stefano e Sons; un amico con cui ho condiviso moltissimi giochi. Le prime melodie. Provai pure a pulirlo, ma la polvere era stratificata. Ero orgoglioso di Sons e ogni momento libero ne aprofittavo per giocarci insieme. Quando arrivava il Natale o Pasqua e molti alievi tornavano dalle loro rispettive famiglie. Passavo molto tempo con Sons. Mi piaceva quel suono, scordato e offeso esattamente come mi sentivo io. Mi domandavo spesso perche una cosa tanto bella era finita nella polvere in mezzo a vecchi materassi. Non ho piu noizie di Sons. In eta adulta, e dopo l'ennesima intervento chirurgico agli occhi, sono stato catapultato in un altro mondo; colori, visi espressivi. Ho comprato un pianoforte acustico, perche mi piaceva averlo. Dopo ho iniziato a suonarlo. E quando suono non sono mai in un posto solo. In un concerto. Tra gli amici. O in qualche ala abbandonata. E utile per me oltre che terapeutico, incasellare una melodia e suonarla. E un colonna sonora che mi porta via. Perlomeno ci provo.

Stefano
emo emo
cecchino 18-05-19 08.49
@ paolo_b3
Fa piacere che qualcuno non abbia insinuato la 125 V. emo

Attraevano quei fili trecciati di un colore metallico prossimo all'arancione.
Io!!! Presa dalla spina difettosa delle lucine dell'albero di Natale a tre anni! Un'esperienza elettrizzante emo
cecchino 18-05-19 08.52
@ Sonounafrana
dielle63 ha scritto:
Sono certo che capita anche a voi: quando vedo una tastiera, sia essa un fascinoso Steinway tanto quanto una plasticaccia della coop, non posso fare a meno di guardarla, toccarla se posso. emo


Mi piace leggere stralci di vita del passato, le vostre storie sono tutte molto belle. Io non ho avuto un innesco vero e proprio anche perche come spesso ripeto non sono un pianista, nonostante questo mi piace leggere cose di musica e per quanto riguarda gli strumenti mi succede che è gratificante averli ancora prima di suonarli. Il mio primo contatto con esso risale a quando avevo 11 anni. Forse qualche cosa in meno o in piu'. Ero un bambino strano, molto creativo, e i giochi erano fatti di fantasia piu che altro. Tirando un maglione si trasformava in una ala e via a volare come il barone rosso. Avevo anche degli amici inventati, persone che non esistevano ma con cui dialogavo. Ancora adesso lo faccio. E' normale per i fanciulli fantasticare forse una volta ancora di piu' che adesso dove spesso ti vengono presentati dei mondi gia confezionati. Purtroppo avevo un problema gravisssimo agli occhi; uno scenario di luci e ombre. Ricordo quando i miei genitori, ritrovandosi con un figlio diverso optarono per un collegio per non vedenti a Firenze. Feci in modo che di non creare problemi, la nuova meta' offriva nuovi amici, come me e che non mi avrebbero preso in giro per la mia visione limitata. Tanto poi mi sarebbero venuti a trovare, gia'. Ed è cosi che mi ritrovai tra una quarantina di amici, di tutte le provenienze. Assistenti sociali. Pseudo educatori. Insegnanti non vedenti. Un mondo ricco di musicisti; flautisti, armonicisti, chitarristi. Tutti Hobby accessibili. L'istituto era enorme, per chi vive a Firenze lo trova ancora oggi in via Aurelio Nicolodi, sede del Comune. In questo enorme palazzo, con la biblioteca Braille, la lavanderia, la scuola, la sala ricreazione, ecc. esisteva un'ala abbandonata; polvere, materassi impilati, vecchie sedie, scrivanie e fantasmi. Amavo esplorare quell'ala, quei corridoi dove riuscivo a farmi paura da solo per poi scappare. E ritornarci per riscoprire tutto. Nella scuola c'era un corso per Massofisioterapisti, frequentato dai grandi. E loro usavano questi manichini nel gabinetto anatomico e in questa sala se ne trovavano alcuni incompleti, che probabilmente venivano usati con pezzi di ricambio e qualche volta li trovavo in posizione diversa, e giu' con la fantasia... Poi in una sala in fondo un oggetto strano, curioso, sporco: un pianoforte verticale, uno Steinway & Sons. Rotto, mancavano i tasti. Ma nonostante cio' conservava tutto il suo orgoglio. Fu una grande scoperta. Mi piaceva pensare che quel Steinway significasse Stefano; Stefano e Sons; un amico con cui ho condiviso moltissimi giochi. Le prime melodie. Provai pure a pulirlo, ma la polvere era stratificata. Ero orgoglioso di Sons e ogni momento libero ne aprofittavo per giocarci insieme. Quando arrivava il Natale o Pasqua e molti alievi tornavano dalle loro rispettive famiglie. Passavo molto tempo con Sons. Mi piaceva quel suono, scordato e offeso esattamente come mi sentivo io. Mi domandavo spesso perche una cosa tanto bella era finita nella polvere in mezzo a vecchi materassi. Non ho piu noizie di Sons. In eta adulta, e dopo l'ennesima intervento chirurgico agli occhi, sono stato catapultato in un altro mondo; colori, visi espressivi. Ho comprato un pianoforte acustico, perche mi piaceva averlo. Dopo ho iniziato a suonarlo. E quando suono non sono mai in un posto solo. In un concerto. Tra gli amici. O in qualche ala abbandonata. E utile per me oltre che terapeutico, incasellare una melodia e suonarla. E un colonna sonora che mi porta via. Perlomeno ci provo.

Stefano
Che bella storia, Stefano, veramente coinvolgente!
emoemoemo
anonimo 18-05-19 11.51
Io sono il più anziano e vecchio dei Voi tutti di "Supporti Musicali!"" Quindi ho più anni di...storia. Anni... 1950 , in Paese di tastiere c'era solo l'organo ed un armonium in Chiesa Parrocchiale. Una famiglia aveva un pianoforte a coda sgangherato. Il Cappellano, in un incontro di fanciulli, spiegò le prime nozioni di teoria musicale: rimasi attratto del metodo di associare un valore ad un simbolo. La ricostruzione del dopo guerra comprendeva non solo i muri degli edifici ma, anche le varie discipline di insegnamento e altro. Partecipai alle lezioni settimanali per imparare a suonare l'armonium. Per le prove giornaliere mi recavo in canonica. Ho avuto modo di provare la chitarra ma, la curvatura della mano sinistra atta a permettere le dita scorrano sui fili, mi giunse sgradito. In Paese abbiamo la Banda Musicale; avendo una modesta infarinatura musicale, partecipai suonando il Sax soprano. In questi anni, coloro che si dedicavano alla "musica" erano considerati dei "fannulloni". L'obiettivo era imparare un mestiere essendo importante l'essenziale, cioè il sostentamento della vita. Con la musica non si "mangia". Questo clima di considerazione, lo avvertivo e....calmierava la mia attitudine: mi sentivo un "inferiore". Ho svolto diversi tipi di lavoro e la "musica" è stata sempre un hobby - non mi posso considerare un "Musicista" bensì e solo uno che misteriosamente si diverte a suonare. Del mio stato sono contento in quanto di quest'arte, o meglio di ogni arte si dovrebbe ottenere nell'esercitarla, una esistenza...felice! La carenza di mezzi economici, mi offrì l'opportunità, di insegnare, nella Banda la teoria musicale e i vari strumenti. Non avendo capacità di conoscere i vari strumenti, mi sono arrabattato, con i metodi e con le informazioni di professionisti per ogni tipo di strumento ed in modo periodico. L'udito, o l'orecchio è stato il maestro che mi ha sorretto. Raggiunta l'età della "pensione", mi sono, e mi sto "trastullando" con questo emporio e mirabolanti tastiere, ricche di funzioni, di voci, di ritmi, tanto che il difficile è il saperle usare. Accompagno i canti nelle assemblee liturgiche sia con l' organo ma anche con la tastiera. Attualmente l'indirizzo, più o meno imposto, è quello di accompagnare i fedeli al canto. La funzione della variazione del volume del suono delle tastiere è diverso da quello dell'organo, offre di rendere partecipe nella espressione anche i fedeli. Mi diletto pure a scrivere dei testi di una canzone la cui melodia che mi piace. Se un giorno non scriverò più su S.M. , sappiate che sono...andato ad aspettarvi ! Prima però, provate a cantare questi versi sulla melodia: "Quel mazzolìn di fiori" Versione allegra: "Passavi sculettando e dondolando il seno - volevi far vedere l'emporio di ricchezze - da porle in offerta soltanto a colui che ritenevi un goliardo amatore ruba cuor! Ciao!
paolo_b3 18-05-19 11.56
Petra ha scritto:
Se un giorno non scriverò più su S.M. , sappiate che sono...andato ad aspettarvi !

Non la prendere così, può capitare a tutti quando meno te lo aspetti.

Grazie per aver condiviso la tua esperienza.
anonimo 18-05-19 12.08
@ paolo_b3
Petra ha scritto:
Se un giorno non scriverò più su S.M. , sappiate che sono...andato ad aspettarvi !

Non la prendere così, può capitare a tutti quando meno te lo aspetti.

Grazie per aver condiviso la tua esperienza.
Forse tu interpreti il mio "andato ad aspettarvi" come... morto! No, no, sempre da vivo vado ad aspettavi! Tieni presente: nessuno ha il riscontro della propria morte! Ciò significa che nessuno...muore! Noi vediamo l'assenza, comunemente chiamata, morte degli altri, ciò non significa che noi saremo come gli altri. Sursum corda!
fulezone 18-05-19 12.16
@ cecchino
Che bella storia, Stefano, veramente coinvolgente!
emoemoemo
molto interessante, inoltre si dice che chi ha un deficit ad uno dei sensi, acutizza gli altri per sopperire alla mancanza del primo, chissà se è vero, questo Stefano forse lo può dire, io da piccolo non ricordo dove, ma mi trovai davanti un pianoforte, non ricordo di chi fosse ricordo che ero con i miei genitori a casa di una signora, iniziai a suonare, non come i bambini che premono tasti a caso, quello che suonavo aveva un senso, la signora, padrona di casa si avvicinò a me e mi chiese se studiassi musica, io dissi no, dopo qualche mese a natale anch'io come Orange ricevetti la mia prima tastierina casio ma solo perchè era richiesta a scuola per l'ora di musica, la mia aveva anche un campionatore , ma ero già grande e andavo a scuola media, mio fratello suonava la chitarra elettrica in chiesa con altri ragazzi e io seguendolo mi avvicinai per la prima volta a strumenti seri, se non ricordo male il primissimo fu un organo GEM due registri, con tanti tasti colorati e grandi e una piccola pedaliera, mio fratello insistendo con i miei genitori si fece regalare una Roland E-15, tastiera che non ha mai suonato e che invece io cominciai a suonare, seguendo sempre mio fratello per la prima volta mi scontrai con la Korg M1 e con la T3, con la D70 e con la U20, poi piano piano non ho mai smesso di suonare ed appassionarmi alla musica, il rimprovero più grande che faccio ai miei genitori è stato quello di non avermi mai spingo veramente o incoraggiato, a parte 1 anno di musica al Brass Group scuola di musica popolare jazz non ho mai preso lezioni e ora veramente mi mangio le mani anche se adesso ho acquisito una tecnica discreta anche se piena di lacune, pazienza io l'ho sempre detto anche alla mia insegnante di Italiano delle scuole medie che volevo suonare ma probabilmente mai nessuno mi ha preso sul serio, e allora mi sono rimboccato le maniche e ho fatto da me, quello che mi dispiace di più è che a scuola media c'era il corso musicale sezione C e io suonavo già a 12 anni molto meglio dei bambini che frequentavano il corso musicale, peccato che nessuno si sia mai accorto di tutto questo se non quando ero già abbastanza grande e frequentavo giù il terzo anno di liceo, pazienza è andata così, un giorno poi è successo il fatto più grave della mia vita, mio padre disse qualcosa del tipo invece di perdere tempo e impigrirti a strimpellare tutto il giorno fai qualcosa di serio, fu una lite furibonda, lo guardai negli occhi e gli dissi non suonerò mai più nella mia vita, avevo 25 o 26 anni, suonavo ormai da oltre 10 anni, suonavo anche in chiesa ogni domenica,facevo pianobar con una Korg I40HD, un'altra E-15 e una D-70, mollai tutto, ho smesso di suonare Per circa 10 anni sino ai 35 anni, ho mantenuto quella promessa per 10 anni, poi non c'è l'ho più fatta e ho ripreso a suonare... con l'unica superstite la D70 che dopo qualche mese tra colla rossa e veccchiaia morì, ho ripreso a suonare ma ho smesso di parlare con mio padre dal 2013, o meglio non ci frequentiamo più dal 2013 probabilmente non abbiamo mai parlato, se tornassi indietro? Non so, non so se avete letto il post in cui il bassista dice che suono con troppa rabbia e pesto quei tasti come un forsennato, probabilmente nel mio modo di suonare c'è tanta rabbia, la rabbia di aver avuto dei genitori incapaci di capire e supportarmi, un padre egocentrico troppo preso di se e io un bambino che poteva diventare un musicista ma che era troppo occupato a cavarsela da solo! Forse la decisione più giusta è stata quella di mio fratello che andò via ad abitare al Nord Italia, li mi sentii veramente abbandonato, lui almeno non ha mai smesso di suonare e ancora oggi prende lezioni di chitarra e suona con il suo gruppo. Io ho cominciato dal 2016 a suonare, per la prima volta nella mia vita l'ho faccio solo per me, e quando trovo un limite cerco di aiutarmi guardando tutorial e video.
paolo_b3 18-05-19 12.36
@ anonimo
Forse tu interpreti il mio "andato ad aspettarvi" come... morto! No, no, sempre da vivo vado ad aspettavi! Tieni presente: nessuno ha il riscontro della propria morte! Ciò significa che nessuno...muore! Noi vediamo l'assenza, comunemente chiamata, morte degli altri, ciò non significa che noi saremo come gli altri. Sursum corda!
Ah ecco, l'importante è chiarirsi.

In alto i quori emo

emo