@ wildcat80
Vedete, fare studi inappuntabili è una cosa molto complessa, in cui anche nelle migliore delle ipotesi ci sono sempre una serie di fattori confondenti di cui poco si può sapere.
Altrove ho citato il bias legato all'età.
Prima ancora della buona fede viene l'attendibilità dei pazienti.
Non potete avere idea di cosa mi è capitato negli anni. Gente che non ti dice di avere determinate patologie, perché non ne hanno la consapevolezza, dettagli da poco per la persona, ma che dal punto di vista medico sono estremamente importanti (recentemente un paziente che doveva essere operato di carotide non aveva la minima consapevolezza di aver avuto un ictus, avremmo rischiato di operarlo in una situazione molto pericolosa, perché lui non aveva detto nulla, e solo l'occhio attento di un neurologo bravo ha evidenziato la questione, con il paziente che peraltro dopo l'intervento ha ammesso che sì aveva avuto un'ischemia ma non era nulla di importante).
Come vedete ci sono elementi imperscrutabili, aleatori, su cui poi finisce per innestarsi la mano senziente di chi costruisce il protocollo di studio, di chi raccoglie i dati, di chi analizza e di chi fa quadrare i conti (aspetto critico quest'ultimo).
Ovviamente se il tutto avviene in paesi poveri, arruolando persone di livello economico e culturale di cui non sappiamo nulla, diventa ancora più instabile ogni certezza.
Ma la scienza oggi è così: analizzare prevede una standardizzazione.
Ad ogni livello si possono perdere dei pezzi.
E soprattutto, una volta arrivati alle conclusioni, diventa un rebus: la lettura di chi commissiona lo studio può essere fortemente orientata, e non necessariamente in malafede, verso un dato risultato, chi legge può vedere altro.
Qualche anno fa, è uscito un lavoro importante nel mio ambito che concludeva che i palloni da angiplastica periferica a rilascio di farmaco avevano risultati peggiori in termini di mortalità e tasso di amputazione maggiori rispetto ai palloni standard.
Questo avrebbe potuto essere un disastro, perché i palloni a rilascio di farmaco rappresentavano un'arma molto potente e risolutiva in casi non trattabili diversamente.
Successivamente, la rilettura dei dati ha evidenziato che il problema era anche qui di selezione, pazienti con quadri di malattia avanzata, in condizioni locali e generali peggiori, di conseguenza il castello come è stato montato è stato smontato.
Con questo voglio dire che anche la ricerca buona e sana non è mai perfetta e non sempre le letture univoche sono così sensate.
Comunque oggi abbiamo un banco di prova nella Real Life per quanto riguarda i vaccini.
Vediamo cosa succede quest'inverno.
Io al momento resto favorevole.
Hai argomentato una cosa che stavo per scrivere. Rileggete la discussione, un confronto ossessivo tra dati. Senza nemmeno voler considerare questi dati fasulli, del resto non serve falsificarli per lo scopo che si prefiggono, pensate a questo:
A febbraio scorso la quasi totalità dei morti COVID non era vaccinata, per forza, la percentuale di popolazione vaccinata a quell'epoca era una bassissima minoranza.
Oggi in terapia intensiva ci sono più vaccinati che non, per forza l'85 per cento della popolazione è vaccinata.
Quindi abbiamo poche certezze, il vaccino non immunizza dal Covid, ma sicuramente aiuta a contenere i casi gravi, visto che morti e internati in terapia intensiva sono un decimo di quelli di anno scorso.
Ma se pensiamo che anche nel 1918 la spagnola compì la sua strage in due anni, il miglioramento evidente è dovuto al vaccino o all'evoluzione naturale della malattia?
Nessuno lo saprà mai, io mi fido della scienza, ma ho enorme comprensione per chi non la pensa come me.
Quindi ritorno a bomba sul concetto di Fabri, non litigate, davvero, non ne vale la pena.