@ barbetta57
per quanto siamo anni luce OT, vorrei ricordare che le software house vivono sui dopolavoristi, non sugli studi grossi. la stessa AVID ha dovuto abbandonare la sua politica precedente (software blindato da hardware proprietario) perché se no sarebbe andata a fondo. Apple in meno di dieci anni ha ridotto il costo di logica ad 1/5, mettendolo poi sullo store come se fosse un videogioco. (nel 2008 ero stato selezionato da Apple per diventare loro centro Logic, dopo poco l'hanno messo sullo store e tanti saluti). la mossa di logic portò alla riduzione di prezzo anche di Cubase. l'uscita di altre piattaforme comporta una "guerra" di prestazioni (quasi sempre si copiano l'uno con l'altro) che fanno bene unicamente all'utente finale. protools è sempre stato neghittoso nei confronti del MIDI, e si è dovuto adeguare anche lui. Reaper ha preso invece molto piede, ma avendo un'interfaccia particolare ed una mentalità molto diversa da quella delle DAW tradizionali, fatica ad imporsi presso strutture con mentalità più tradizionali. pro tools è uno standard perché è arrivato primo, perché gli studi ci hanno investito barcate di soldi negli anni e perché una intera generazione di fonici ci si è formata sopra. la mia generazione ha quella mentalità lì. i ragazzi di adesso sono meno chiusi mentalmente e badano più al sodo. conosco tantissime persone (me compreso) a cui la possibilità di programmare elaborati script o lavorare sull'environment non interessa, interessa sfruttare il tempo lavorando sui brani, e probabilmente è così anche per gli studi di registrazione
Lungi dall‘essere un professionista del settore ma a me pare che in questa discussione ci sia (non tu) chi mischia capre e cavoli.
Un conto é il software in questione (che può essere più o meno orientato sll‘utente Da dopo lavoro o al professionista) , un conto é il marketing e un altro conto è il mercato.
C‘é ci parla di standard professionali ma secondo me parla col provincialismo di chi fa il „professionista“ in un‘unica città con gli stipendi che gli permettono di comprarsi software e strumenti ma di vivere a 40-50 anni dalla mamma.
Come é già stato detto e come hai precisato e come nella musica ci sono „professionisti“ che otterrebbero lo stesso risultato con qualsiasi daw (anche perché hanno una formazione accademica specifica che gli fa utilizzare la teoria generale dell‘informatica e della acustica per sapere cosa vogliono ottenere e utilizzare i mezzi a disposizione per raggiungere lo scopo e che magari non hanno problemi a utilizzare programmi di scripting o a capire che cosa cercano anche se la stessa cosa su 4 daw differenti é chiamata in 8 modi differenti-esattamente come il medico sa cosa vuole a prescindere dal nome commerciale del farmaco o il musicista turnista suona la parte dopo che gli hai dato lo spartito un‘ora prima-) e altri che si sono formati da autodidatti lavorando e facendo esperienza sul campo che si trovano spiazzati se si trovano a lavorare in contesti diversi da quelli in cui hanno sempre lavorato, come magari molta gente del settore in italia che come ramazzati ha sempre lavorato e imparato a lavorare solo ed esclusivamente „spippolando“ con Protools e che se ieri lo togli non sa da dove iniziare (come l‘espertissimo infermiere che se lo mandi in un‘ospedale un cui si usano farmaci con nome commerciale completamente diverso a quello che ha sempre visto nell‘ospedale in cui ha lavorato tutta la vita o come se chiedi a Solieri di suonarti un pezzo dandogli in mano uno spartito e non facendogli sentire la parte).
E poi ci sono coloro che fanno vivere il mercato, i Wonnabe , quelli che suonano dopo lavoro ma che aspirano a essere professionisti o avere risultati professionali. Sono quelli che alimentano il mercato e che secondo me si sono fissati sugli „standard“ di mercato
1) perché negli anni 90 e 00 la maggioranza di loro lavorava con programmi crackati o presi dai torrent -a volte consapevolmente da parte delle aziende per conquistare fette di mercato
2) per la convinzione che servono i software standard per poter accedere agli studi professionali perché nei Projekt Studio dove lavorano i „professionisti del secondo gruppo“ non ti cagano se non mandi demo acquiste con „gli standard“ anche se poi alla fine se ti sente il produttore EMI o Sony mentre canti sotto la doccia e dice che vuole una Demo perché vuole produrti gli va bene pure se la incidi col Cantatu di Fiorello, perché tanto ci saranno i „professionisti del primo gruppo“ a rielaborargli La demo con programmi professionali prima dell‘ascolto.
In questo contesto secondo me c‘è da distinguere il target a cui si rivolge un software (sequoia, protools, nuendo agli studi di registrazione e cubase, sonar, ableton, studio one, bitwig ai musicisti e ai produttori) e il mercato in cui tali software sono venduti é che é fortemente influenzato dai „professionisti del secondo gruppo“ e dai „wannabe“( se in italia si conoscono per nome i possessori di licenze originali di digital performer o se in italia nessuno studio professionale usa samplitude mentre in Germania é comunissimo o in italia nessuno studio usa Reaper mentre negli usa é comunissimo proprio tra i professionisti o se per molti anni negli usa é stato più diffuso cakewalk che cubase sospetto si debba più a logiche di questo tipo che in base alle vere qualità dei prodotti in questione).