Introduzione al mio nuovo libro

BB79 07-09-23 15.49
@ maxpiano69
Per tutto il resto basta un buon correttore di bozze emo

Bella iniziativa, se lo porti a termine lo compro subito e ti vengo a trovare per avere la copia autografata! emo
Leggo, confermo e sottoscrivo...anche se poi non me ne farò nulla emoemoemoemo
Osuna1 07-09-23 19.55
Iniziativa molto interessante seppure molto ostica per le mie scarse capacità. Seguo comunque con estremo interesse. emo
robykeys82 07-09-23 20.23
Non sapevo che nell’ex ospedale di Quarto ci fosse una scuola jazz! Non si finisce mai di imparare.
WTF_Bach 07-09-23 21.19
@ robykeys82
Non sapevo che nell’ex ospedale di Quarto ci fosse una scuola jazz! Non si finisce mai di imparare.
Tanti tanti anni fa… ex ottava divisione (pazzi furiosi)

C’erano ancora i materassi ai muri e le porte antievasione.
WTF_Bach 08-09-23 11.52
PREFAZIONE

Il jazz mi è sempre piaciuto. Mio padre era un discreto appassionato di jazz, ed aveva una piccola ma scelta discografia in cui accanto a Sinatra, Benny Goodman e qualche altra orchestrona di swing, il bop primigenio, duro e puro, aveva un posto di riguardo.

Però il mio primo, timido approccio al jazz “suonato” avvenne dopo essere stato fulminato dallo sceneggiato televisivo di Pupi Avati “Jazz Band”, messo in onda sulla vecchia cara RAI 1 nel 1978; quindi i miei acerbi esperimenti erano ovviamente in salsa dixieland, un miscuglio un po’cacofonico di Gershwin, Morton, ragtime e più tardi Earl Hines. Ma continuavo cocciutamente ad ascoltare bebop: Parker, Gillespie, Monk, Fats Navarro, Clifford Brown (sì, mi piace la tromba), Bud Powell… però non capivo come si faceva a suonarlo.

Mi comprai decine di libri (internet non c’era ancora), e le mie idee si fecero ancor più confuse: studiare i patterns, il rapporto tra modi ed accordi, l’armonia funzionale, il lydian chromatic concept, tensione e risoluzione di Johnny Amadie... non ci capivo più niente! Un amico mi suggerì quella che secondo lui era la strategia più fruttuosa: trascrivere ed analizzare gli assoli di Parker, magari aiutandosi con l’Omnibook; cosa che feci e che in effetti non fu del tutto inutile, alcuni concetti li interiorizzai, ma quello che non riuscivo a fare era costruire una frase completa, perfetta, melodica e filante: in poche parole, le mie frasi erano accrocchi contorti di tensioni e risoluzioni senza né capo né coda, piene di tre o quattro clichés parkeriani ripetuti all’infinito…insomma, roba noiosa e poco musicale.

Fosse la frustrazione, fosse la gioventù e la voglia di essere “cool”, mi rivolsi allora al modale più spinto (con punte quasi free jazz); nonostante il tutto fosse, col senno di poi, piuttosto aleatorio, pesante e pretenzioso, imparai dei concetti importantissimi, come la costruzione della frase con il principio della ripetizione/variazione, la capacità di gestire l’architettura complessiva di un assolo, il lirismo e la struttura…ma bebop, niente…non ci riuscivo proprio.

Sfortunatamente, i miei successi come “pianista moderno” (invito ad Umbria Jazz, crescenti richieste di suonare nei localini e nei jazz club liguri, sfrontata adulazione di un paio di giornalisti musicali “modernisti”) mi avevano stupidamente fatto sentire “arrivato”, e il mio vecchio amore per il bebop lo misi in soffitta ad ammuffire insieme ad altri sogni ormai da tempo abbandonati.

Il primo punto di svolta avvenne quando ebbi la grande fortuna di incontrare Andea Pozza, il quale, con estrema generosità e gentilezza, mi fece ragionare sui punti forti e su quelli deboli del mio modo di improvvisare e mi fornì un paio di strategie estremamente valide per migliorare; soprattutto quella che a me risultò veramente utile fu l’esercizio del “walking man”, ovvero il battere i quarti con la mano sinistra e suonare le frasi con la destra con l’idea del relax di un uomo che va a zonzo senza pensieri.

Questo esercizio in apparenza stupido e banale sortì due effetti incredibili: lo swing ed il senso ritmico aumentarono esponenzialmente, ma migliorò anche la capacità di costruire frasi più articolate e musicalmente valide, forse per il senso di sicurezza e spazio offerto dal sentirsi perfettamente “appoggiati” su un ritmo che scorre leggero e senza sforzo, forse per il fatto che l’attenzione era focalizzata sulla pulsazione ritmica e le frasi uscivano in maniera quasi “subconscia”.
Comunque, anche dopo questi studi c’era sempre qualcosa che non mi tornava: le frasi non correvano, avevano sempre un che di povero e zoppicante.

[SEGUE]
WTF_Bach 08-09-23 11.54
Ero in aeroporto per un viaggio d'affari, e dovevo passare parecchio tempo prima di prendere la coincidenza che da London City mi avrebbe portato al Charles de Gaulle di Parigi; avevo già bevuto tutte le birre che potevo, sonno non ne avevo, avevo stupidamente dimenticato di mettere in valigia qualche libretto di fantascienza con cui ammazzare i tempi morti, insomma non sapevo proprio cosa fare.

Mi misi allora a riflettere su un paio di cose che, pur avendo sempre saputo, avevo sempre per così dire “snobbato”: il fatto che talvolta il problema nel fare una bella frase bebop consiste nel sapere come iniziarla e come, e quando, finirla.
Mi si accese una lampadina in testa, e gridai: “eureka!” (guadagnandomi le occhiatacce degli altri passeggeri, e meno male che non c’erano sbirri in giro se no sentendo gridare una parola straniera chissà cosa avrebbero pensato…)

Posto il problema in questi termini, la soluzione si imponeva semplice e lampante: bisognava scindere lo studio della frase in tre momenti: come iniziare la frase, come svilupparla e come terminarla.

Applicando questo metodo allo studio degli assoli dei grandi, scoprii alcune cose interessantissime:

1) Una frase inizia quasi sempre con una nota dell’accordo sottostante (I, III, V, 7, ma anche più raramente 9 ed 11 o anche V, 9 e 13 alterate in caso di accordi alterati) suonata sul battere
2) Questa nota iniziale “cardine” può essere preceduta da abbellimenti vari (appoggiature semplici, doppie o multiple, aggiramenti cromatici semplici o complessi eccetera), ma la cosa importante, fondamentale è che la frase inizi convergendo su una nota dell’accordo suonata sul battere (ci sono poi ovviamente molte eccezioni, ma per imparare a costruire una frase che non zoppichi è meglio inizialmente attenersi alla regola)
3) Lo sviluppo della frase si gioca su alcuni concetti basici (che vanno approcciati e studiati separatamente):
a. suonare le note dell’accordo sul battere, ma inserire con giudizio qualche tensione (appoggiature, aggiramenti cromatici) che “sposti” per un istante le note dell’accordo sul levare senza strafare e ritornando immediatamente alla nota dell’accordo sul battere
b. alternare scale, arpeggi e clusters
c. saper invertire la direzione
d. saper passare senza esitazioni da un’armonia all’altra nel bel mezzo della frase
4) La conclusione della frase dev’essere voluta, forte, determinata: quando lo sviluppo di una frase è esaurito, bisogna evitare di menare il can per l’aia e far spegnere la frase a casaccio. Questo obiettivo si ottiene esercitandosi su frasi piuttosto brevi e semplici, concentrandosi più sulla forza della conclusione che sulla bellezza dello sviluppo
5) La conclusione di solito è su una nota dell’accordo ma spesso suonata sul tempo debole oltre che su quello forte
6) La nota conclusiva può essere preceduta da abbellimenti vari (appoggiature, aggiramenti cromatici)
7) In sostanza, il trucco è spezzare la frase nei suoi tre momenti (inizio, sviluppo e conclusione) ed esercitarsi singolarmente e specificamente su ogni elemento (ed anche sui sotto-elementi, tipo invertire la direzione, alternanza scala arpeggio eccetera) e dopo un po’ di studio siffatto, provare a mettere tutto insieme.

[SEGUE]
WTF_Bach 08-09-23 11.54
Tornato a casa, mi misi al lavoro: in pochi mesi la mia capacità di suonare frasi bebop variate, musicali, ritmicamente fluenti e sensate migliorò più che in tutti gli anni di studio precedenti (e vi assicuro che erano tanti). Mi accorsi anche che questo tipo di studio rendeva più semplice e piacevole approcciare le frasi in tutte le tonalità, sviluppando la capacità di essere un pianista completo, capace di sfangarsela in tutte le situazioni.

Ma l’ultima cosa che mi venne in mente fu: ma perché nessuno me l’ha mai detto? Perché ho dovuto sprecare vent’anni e più a studiare cose inutili, a brancolare nel buio, a perder tempo ed energie dietro a sistemi e concetti incompleti e spesso fuorvianti?

È per questo che ho pensato che condividere queste idee e questo approccio di studio potrebbe risparmiare a qualche musicista il “calvario” nel quale io sono dovuto passare, ben conscio che questo non è l’unico sistema che funziona, ma fiducioso che sia un sistema valido, rapido ed alla portata di tutti, non solo dei talentuosi dotati di orecchio assoluto e naturale predisposizione.

Ma alla fine voi mi direte: perché imparare a improvvisare in stile bebop? E se io volessi suonare modale, rock, prog, heavy metal?

La risposta è semplice: il fraseggio bebop è uno dei sistemi improvvisativi più completi, flessibili e profondi che siano mai stati creati, e chi lo padroneggia potrà sviluppare con estrema facilità altri approcci improvvisativi, apparentemente lontani mille miglia dal bebop; e se oltre al bebop uno si mettesse in grado di approfondire anche il fraseggio blues ed il fraseggio modale…allora non ci sono più limiti, se non il cielo e la profondità della propria anima.
d_phatt 08-09-23 16.38
@ WTF_Bach
Tornato a casa, mi misi al lavoro: in pochi mesi la mia capacità di suonare frasi bebop variate, musicali, ritmicamente fluenti e sensate migliorò più che in tutti gli anni di studio precedenti (e vi assicuro che erano tanti). Mi accorsi anche che questo tipo di studio rendeva più semplice e piacevole approcciare le frasi in tutte le tonalità, sviluppando la capacità di essere un pianista completo, capace di sfangarsela in tutte le situazioni.

Ma l’ultima cosa che mi venne in mente fu: ma perché nessuno me l’ha mai detto? Perché ho dovuto sprecare vent’anni e più a studiare cose inutili, a brancolare nel buio, a perder tempo ed energie dietro a sistemi e concetti incompleti e spesso fuorvianti?

È per questo che ho pensato che condividere queste idee e questo approccio di studio potrebbe risparmiare a qualche musicista il “calvario” nel quale io sono dovuto passare, ben conscio che questo non è l’unico sistema che funziona, ma fiducioso che sia un sistema valido, rapido ed alla portata di tutti, non solo dei talentuosi dotati di orecchio assoluto e naturale predisposizione.

Ma alla fine voi mi direte: perché imparare a improvvisare in stile bebop? E se io volessi suonare modale, rock, prog, heavy metal?

La risposta è semplice: il fraseggio bebop è uno dei sistemi improvvisativi più completi, flessibili e profondi che siano mai stati creati, e chi lo padroneggia potrà sviluppare con estrema facilità altri approcci improvvisativi, apparentemente lontani mille miglia dal bebop; e se oltre al bebop uno si mettesse in grado di approfondire anche il fraseggio blues ed il fraseggio modale…allora non ci sono più limiti, se non il cielo e la profondità della propria anima.
emoemo
Pianov 09-09-23 14.44
WTF_Bach ha scritto:
La conclusione della frase dev’essere voluta, forte, determinata: quando lo sviluppo di una frase è esaurito, bisogna evitare di menare il can per l’aia e far spegnere la frase a casaccio. Questo obiettivo si ottiene esercitandosi su frasi piuttosto brevi e semplici, concentrandosi più sulla forza della conclusione che sulla bellezza dello sviluppo


Grande verità.
Tra l'altro, al di la dell'improvvisazione, anche in altri ambiti musicali (come ad esempio nell'ascolto) la sensazione iniziale e finale è fondamentale, cruciale. Può arrivare a dare più valore (oppure toglierlo..) a quello che accade in mezzo.
Tastiero74 10-09-23 12.36
@ WTF_Bach
Ero in aeroporto per un viaggio d'affari, e dovevo passare parecchio tempo prima di prendere la coincidenza che da London City mi avrebbe portato al Charles de Gaulle di Parigi; avevo già bevuto tutte le birre che potevo, sonno non ne avevo, avevo stupidamente dimenticato di mettere in valigia qualche libretto di fantascienza con cui ammazzare i tempi morti, insomma non sapevo proprio cosa fare.

Mi misi allora a riflettere su un paio di cose che, pur avendo sempre saputo, avevo sempre per così dire “snobbato”: il fatto che talvolta il problema nel fare una bella frase bebop consiste nel sapere come iniziarla e come, e quando, finirla.
Mi si accese una lampadina in testa, e gridai: “eureka!” (guadagnandomi le occhiatacce degli altri passeggeri, e meno male che non c’erano sbirri in giro se no sentendo gridare una parola straniera chissà cosa avrebbero pensato…)

Posto il problema in questi termini, la soluzione si imponeva semplice e lampante: bisognava scindere lo studio della frase in tre momenti: come iniziare la frase, come svilupparla e come terminarla.

Applicando questo metodo allo studio degli assoli dei grandi, scoprii alcune cose interessantissime:

1) Una frase inizia quasi sempre con una nota dell’accordo sottostante (I, III, V, 7, ma anche più raramente 9 ed 11 o anche V, 9 e 13 alterate in caso di accordi alterati) suonata sul battere
2) Questa nota iniziale “cardine” può essere preceduta da abbellimenti vari (appoggiature semplici, doppie o multiple, aggiramenti cromatici semplici o complessi eccetera), ma la cosa importante, fondamentale è che la frase inizi convergendo su una nota dell’accordo suonata sul battere (ci sono poi ovviamente molte eccezioni, ma per imparare a costruire una frase che non zoppichi è meglio inizialmente attenersi alla regola)
3) Lo sviluppo della frase si gioca su alcuni concetti basici (che vanno approcciati e studiati separatamente):
a. suonare le note dell’accordo sul battere, ma inserire con giudizio qualche tensione (appoggiature, aggiramenti cromatici) che “sposti” per un istante le note dell’accordo sul levare senza strafare e ritornando immediatamente alla nota dell’accordo sul battere
b. alternare scale, arpeggi e clusters
c. saper invertire la direzione
d. saper passare senza esitazioni da un’armonia all’altra nel bel mezzo della frase
4) La conclusione della frase dev’essere voluta, forte, determinata: quando lo sviluppo di una frase è esaurito, bisogna evitare di menare il can per l’aia e far spegnere la frase a casaccio. Questo obiettivo si ottiene esercitandosi su frasi piuttosto brevi e semplici, concentrandosi più sulla forza della conclusione che sulla bellezza dello sviluppo
5) La conclusione di solito è su una nota dell’accordo ma spesso suonata sul tempo debole oltre che su quello forte
6) La nota conclusiva può essere preceduta da abbellimenti vari (appoggiature, aggiramenti cromatici)
7) In sostanza, il trucco è spezzare la frase nei suoi tre momenti (inizio, sviluppo e conclusione) ed esercitarsi singolarmente e specificamente su ogni elemento (ed anche sui sotto-elementi, tipo invertire la direzione, alternanza scala arpeggio eccetera) e dopo un po’ di studio siffatto, provare a mettere tutto insieme.

[SEGUE]
Thanks WTF, leggere quanto scrivi è un piacere. Non solo perché oggettivamente scrivi bene, ma soprattutto per il modo con cui approcci l'argomento. A metà degli anni '90, terminato il liceo e prima di laureami, mi sono iscritto per sfizio ad un corso biennale di pianoforte a Milano. Era una scuola connotata da una certa serietà: alla fine di ogni anno c'erano esami delle varie materie da sostenere con commissari anche esterni. Ho un ottimo ricordo delle lezioni di armonia, arrangiamento e musica d'insieme, ho avuto dei bravi maestri e mi sono divertito tanto. Però ricordo anche il senso di frustrazione perché esercitandomi con il metodo scale-accordi non mi sono mai venute frasi belle. Le improvvisazioni altrui ero in grado di rifarle uguali, ma frasi mie no, non me ne sono mai venute di decenti. Così, al termine del bienno, decisi di lasciare per dedicarmi a tempo pieno agli esami che dovevo sostenere per terminare l'università. Oggi non posso certo dire di essere un pianista, solo uno che nel tempo libero suona le tastiere per divertimento, ma se porterai a termine il libro lo acquiserò volentieri perché il modo che hai usato per avvicinare il lettore all'argomento merita di essere approfondito.
WTF_Bach 10-09-23 17.53
@ Tastiero74
Thanks WTF, leggere quanto scrivi è un piacere. Non solo perché oggettivamente scrivi bene, ma soprattutto per il modo con cui approcci l'argomento. A metà degli anni '90, terminato il liceo e prima di laureami, mi sono iscritto per sfizio ad un corso biennale di pianoforte a Milano. Era una scuola connotata da una certa serietà: alla fine di ogni anno c'erano esami delle varie materie da sostenere con commissari anche esterni. Ho un ottimo ricordo delle lezioni di armonia, arrangiamento e musica d'insieme, ho avuto dei bravi maestri e mi sono divertito tanto. Però ricordo anche il senso di frustrazione perché esercitandomi con il metodo scale-accordi non mi sono mai venute frasi belle. Le improvvisazioni altrui ero in grado di rifarle uguali, ma frasi mie no, non me ne sono mai venute di decenti. Così, al termine del bienno, decisi di lasciare per dedicarmi a tempo pieno agli esami che dovevo sostenere per terminare l'università. Oggi non posso certo dire di essere un pianista, solo uno che nel tempo libero suona le tastiere per divertimento, ma se porterai a termine il libro lo acquiserò volentieri perché il modo che hai usato per avvicinare il lettore all'argomento merita di essere approfondito.
Grazie mille!

Comunque - pur consapevole che così facendo spoilero a stecca i contenuti del mio futuro libro - ti rivelo il segreto delle “frasi belle”: la capacità di mettere le target notes sul battere - e la capacità di inserire “eccezioni” a questa regola che diano un po’ di interesse alla linea.

Il principio è semplice - ma il succo del libro è capire quali esercizi fare per applicare questo principio in concreto.
ideare1 10-09-23 22.47
Complimenti... quello che scrivi e soprattutto come lo scrivi appassiona il lettore, almeno a me fa st' effetto. Se riesci facci qualche esempio con un video o con qualche battuta scritta su un pentagramma.

Ma quando lo fai usci' sto libro???? emoemo
WTF_Bach 11-09-23 17.29
@ ideare1
Complimenti... quello che scrivi e soprattutto come lo scrivi appassiona il lettore, almeno a me fa st' effetto. Se riesci facci qualche esempio con un video o con qualche battuta scritta su un pentagramma.

Ma quando lo fai usci' sto libro???? emoemo
Per ora ho scritto circa i tre quarti dello scheletro.

Adesso provo a scrivere un capitolo intero con esempi musicali - così mi date qualche dritta su come migliorare.
alefunk 11-09-23 17.40
@ Pianov
WTF_Bach ha scritto:
La conclusione della frase dev’essere voluta, forte, determinata: quando lo sviluppo di una frase è esaurito, bisogna evitare di menare il can per l’aia e far spegnere la frase a casaccio. Questo obiettivo si ottiene esercitandosi su frasi piuttosto brevi e semplici, concentrandosi più sulla forza della conclusione che sulla bellezza dello sviluppo


Grande verità.
Tra l'altro, al di la dell'improvvisazione, anche in altri ambiti musicali (come ad esempio nell'ascolto) la sensazione iniziale e finale è fondamentale, cruciale. Può arrivare a dare più valore (oppure toglierlo..) a quello che accade in mezzo.
In molti ambiti artistici direi. :)
Tastiero74 12-09-23 06.39
@ WTF_Bach
Grazie mille!

Comunque - pur consapevole che così facendo spoilero a stecca i contenuti del mio futuro libro - ti rivelo il segreto delle “frasi belle”: la capacità di mettere le target notes sul battere - e la capacità di inserire “eccezioni” a questa regola che diano un po’ di interesse alla linea.

Il principio è semplice - ma il succo del libro è capire quali esercizi fare per applicare questo principio in concreto.
Grazie WTF, ieri è ricominciata la scuola e al lavoro sono giornate frenetiche, ma nel fine settimana dovrei avere un po’ di tempo libero da dedicare alla musica e proverò a fare esperimenti come mi hai indicato emo
MarcezMonticus 12-09-23 08.37
WTF_Bach ha scritto:
così mi date qualche dritta su come migliorare.

Passo.
La (mia) ignoranza è una brutta bestia.
zaphod 12-09-23 10.14
@ WTF_Bach
Vorrei condividere con voi il primo paragrafo del mio nuovo libro sull'improvvisazione jazz
Ti sei andato a cacciare in un lavoro enorme... ma che ti porterà soddisfazioni altrettanto grandi.
Quanto ho letto è molto piacevole, come sempre quello che scrivi tu.
...e dice una verità molto scomoda, ma al contempo molto reale: il rapporto scala-accordo è una delle gabbie più inespugnabili ove un aspirante jazzista si possa cacciare. Inespugnabile in entrambi i sensi: difficilissimo per lo studente uscirne, difficile per un suo maestro tirarlo fuori di lì. Detto tra noi, un insegnante che dice all'allievo di usare quelle certe scale su quel dato accordo, o non è capace, o vuole tenerlo lontano (anche un po' egoisticamente) dal vero jazz.
Perchè su un accordo, sempre che tu sia in grado di giustificarle, a mio modestissimo avviso puoi suonare tutte le 12 note.
E' un esempio portato un po' all'estremo, certo. Resta il fatto che ragionare in termini di accordo piuttosto che di scala è molto più agevole durante l'improvvisazione.
benjomy 12-09-23 11.00
@ WTF_Bach
Mi preme sottolineare iul fatto che se ti dico che sul sol7 puoi usare la scala (o modo) di sol misolidio in realtà non ti ho avvicinato neppure di un millimetro al capire quali note esattamente andranno usate per costruire una frase che funzioni.
emoemoemo
1) ottima idea
2) ottimo lavoro
3) spero userai delle liste numerate
Sbaffone 12-09-23 12.08
Ottima scrittura, del resto la classe non è tavernello emo vorrei solo dire che per imparare a suonare bisogna studiare e farsi il culo sulla tastiera, da qualsiasi livello si parta i miglioramenti sono direttamente proporzionali al tempo che si dedica allo studio, quindi leggete tutti i libri che volete, guardate tutti ì tutorial o lezioni suo tubo che volete ma senza studio non si va avanti.
WTF_Bach 12-09-23 12.23
@ Sbaffone
Ottima scrittura, del resto la classe non è tavernello emo vorrei solo dire che per imparare a suonare bisogna studiare e farsi il culo sulla tastiera, da qualsiasi livello si parta i miglioramenti sono direttamente proporzionali al tempo che si dedica allo studio, quindi leggete tutti i libri che volete, guardate tutti ì tutorial o lezioni suo tubo che volete ma senza studio non si va avanti.
I libri di musica son fatti essenzialmente per capire cosa bisogna suonare emo