@ WTF_Bach
Ero in aeroporto per un viaggio d'affari, e dovevo passare parecchio tempo prima di prendere la coincidenza che da London City mi avrebbe portato al Charles de Gaulle di Parigi; avevo già bevuto tutte le birre che potevo, sonno non ne avevo, avevo stupidamente dimenticato di mettere in valigia qualche libretto di fantascienza con cui ammazzare i tempi morti, insomma non sapevo proprio cosa fare.
Mi misi allora a riflettere su un paio di cose che, pur avendo sempre saputo, avevo sempre per così dire “snobbato”: il fatto che talvolta il problema nel fare una bella frase bebop consiste nel sapere come iniziarla e come, e quando, finirla.
Mi si accese una lampadina in testa, e gridai: “eureka!” (guadagnandomi le occhiatacce degli altri passeggeri, e meno male che non c’erano sbirri in giro se no sentendo gridare una parola straniera chissà cosa avrebbero pensato…)
Posto il problema in questi termini, la soluzione si imponeva semplice e lampante: bisognava scindere lo studio della frase in tre momenti: come iniziare la frase, come svilupparla e come terminarla.
Applicando questo metodo allo studio degli assoli dei grandi, scoprii alcune cose interessantissime:
1) Una frase inizia quasi sempre con una nota dell’accordo sottostante (I, III, V, 7, ma anche più raramente 9 ed 11 o anche V, 9 e 13 alterate in caso di accordi alterati) suonata sul battere
2) Questa nota iniziale “cardine” può essere preceduta da abbellimenti vari (appoggiature semplici, doppie o multiple, aggiramenti cromatici semplici o complessi eccetera), ma la cosa importante, fondamentale è che la frase inizi convergendo su una nota dell’accordo suonata sul battere (ci sono poi ovviamente molte eccezioni, ma per imparare a costruire una frase che non zoppichi è meglio inizialmente attenersi alla regola)
3) Lo sviluppo della frase si gioca su alcuni concetti basici (che vanno approcciati e studiati separatamente):
a. suonare le note dell’accordo sul battere, ma inserire con giudizio qualche tensione (appoggiature, aggiramenti cromatici) che “sposti” per un istante le note dell’accordo sul levare senza strafare e ritornando immediatamente alla nota dell’accordo sul battere
b. alternare scale, arpeggi e clusters
c. saper invertire la direzione
d. saper passare senza esitazioni da un’armonia all’altra nel bel mezzo della frase
4) La conclusione della frase dev’essere voluta, forte, determinata: quando lo sviluppo di una frase è esaurito, bisogna evitare di menare il can per l’aia e far spegnere la frase a casaccio. Questo obiettivo si ottiene esercitandosi su frasi piuttosto brevi e semplici, concentrandosi più sulla forza della conclusione che sulla bellezza dello sviluppo
5) La conclusione di solito è su una nota dell’accordo ma spesso suonata sul tempo debole oltre che su quello forte
6) La nota conclusiva può essere preceduta da abbellimenti vari (appoggiature, aggiramenti cromatici)
7) In sostanza, il trucco è spezzare la frase nei suoi tre momenti (inizio, sviluppo e conclusione) ed esercitarsi singolarmente e specificamente su ogni elemento (ed anche sui sotto-elementi, tipo invertire la direzione, alternanza scala arpeggio eccetera) e dopo un po’ di studio siffatto, provare a mettere tutto insieme.
[SEGUE]
Thanks WTF, leggere quanto scrivi è un piacere. Non solo perché oggettivamente scrivi bene, ma soprattutto per il modo con cui approcci l'argomento. A metà degli anni '90, terminato il liceo e prima di laureami, mi sono iscritto per sfizio ad un corso biennale di pianoforte a Milano. Era una scuola connotata da una certa serietà: alla fine di ogni anno c'erano esami delle varie materie da sostenere con commissari anche esterni. Ho un ottimo ricordo delle lezioni di armonia, arrangiamento e musica d'insieme, ho avuto dei bravi maestri e mi sono divertito tanto. Però ricordo anche il senso di frustrazione perché esercitandomi con il metodo scale-accordi non mi sono mai venute frasi belle. Le improvvisazioni altrui ero in grado di rifarle uguali, ma frasi mie no, non me ne sono mai venute di decenti. Così, al termine del bienno, decisi di lasciare per dedicarmi a tempo pieno agli esami che dovevo sostenere per terminare l'università. Oggi non posso certo dire di essere un pianista, solo uno che nel tempo libero suona le tastiere per divertimento, ma se porterai a termine il libro lo acquiserò volentieri perché il modo che hai usato per avvicinare il lettore all'argomento merita di essere approfondito.