@ wildcat80
Che rapporto avete con il vostro dialetto?
Io lo so parlare. Anche per lavoro: avendo pazienti molto anziani, essere in grado di capire e parlare il genovese è molto utile, soprattutto quando si tratta di pazienti molto vecchi del primo entroterra: la zona montana subito fuori Genova è popolata da tantissimi anziani che parlano correntemente in dialetto, avere lo stesso livello di comunicazione facilita molto, anche a livello empatico, fa sentire come uno di casa, rassicura.
Però c'è un rapporto un po' strano con il nostro dialetto nella nostra società: devi saperlo, usarlo con parsimonia. Se lo si parla abitualmente, sta male e si è automaticamente un ignorante.
Il problema del dialetto è che l'abituale parlatore si porta dietro alcuni elementi sintattici che in italiano suonano scorretti.
Casi tipici: c'è i pesci, c'è gli ulivi, non c'è più di pasta.
E anche sulla coniugazione dei verbi, facile traslare male.
Per cui, sapere il dialetto è un vanto anche diciamo nell'alta società, parlarlo correntemente è da bifolchi.
Io lo parlo poco frequentemente, capisco tutto, scriverlo correttamente è molto difficile se non lo si ha mai studiato.
Dimenticavo. Il genovese non è un dialetto, ma una lingua: la lingua ligure.
Nato e cresciuto a Sassari, capisco il sassarese, ma non lo parlo. Genitori barbaricini, dell’ entroterra sardo, per cui capisco perfettamente il sardo logudorese, in tutte le sue decine di varianti,in particolare il nuorese. Non parlo nessuno di questi dialetti dato che mio padre imponeva il divieto assoluto di parlarlo in casa
ma se mi chiedi di tradurre una parola o una frase più o meno riesco…
Capisco bene anche piemontese e milanese avendo vissuto parecchi anni a Torino e Milano…
LucaS