Cosa vi ha dato cosa vi ha tolto gioie e delusioni

michelet 27-08-21 09.34
La domanda in sé è interessante e richiederebbe una risposta molto lunga e complessa.
Posso dire che da un lato la musica mi ha dato tanto, in termini di gratificazione personale, dall’altro, invece, dovendo dare corso ad altra tipologia di studi, mi ha creato una grandissima frustrazione, perché, forse per colpa anche mia, non sono riuscito a gestire sapientemente il tempo, ricavando dello spazio per studiarla ed approfondirla come avrebbe meritato. Mi addosso anche la responsabilità di non essere stato più assertivo verso la mia famiglia, che vedeva nell’attività musicale poco più di un passatempo, ritenendo corretto che i genitori sappiano sempre consigliare “per il meglio” i propri figli, di fatto tarpando le ali.
Tra le fonti di maggiore frustrazione, è aver raggiunto la consapevolezza che il tempo per certi studi ormai non c’è più, soprattutto non ho più l’elasticità mentale per applicarmici. Magari, posso ipotizzare che con la passione, comunque qualcosa potrei raggiungere, certamente non frequentare i corsi accademici del conservatorio, oggi parificato ad università, dalle rette molto elevate e con requisiti di presenza alle lezioni compatibili solo con un’età decisamente più bassa della mia.
La grande frustrazione, come dicevo, è la consapevolezza “di avere perso il treno, definitivamente”. Sarebbe bastato un modestissimo diploma di teoria e solfeggio vecchio ordinamento, per darmi gli strumenti minimi e necessari per procedere, anche autonomamente, negli studi. Invece, quando potevo, o avrei potuto, mi sono state imposte altre e diverse priorità a cui ho dovuto dare corso.
Non so se sia peggio essere infelici rimpiangendo di non aver potuto fare gli studi desiderati ed avere una situazione lavorativa insoddisfacente, oppure essere infelici per averli comunque fatti ed essere nella comunque stessa situazione.
toniz1 27-08-21 09.51
michelet ha scritto:
Non so se sia peggio essere infelici rimpiangendo di non aver potuto fare gli studi desiderati ed avere una situazione lavorativa insoddisfacente, oppure essere infelici per averli comunque fatti ed essere nella comunque stessa situazione.


Questa e'... passami li termine... "bella"... effettivamente trattasi di situazione abbastanza scomoda...emo
caso 1) non ho fatto gli studi che volevo... e ora ho un lavoro che "non mi piace" (insoddisfacente)
caso 2) ho fatto gli studi che volevo... e ora ho un lavoro che "non mi piace" (insoddisfacente)

Boh... io ora non sono precisamente dove avrei voluto essere (storia lunghetta da raccontare...) ma comunque sono riuscito a ritagliarmi uno spazio "lavorativo" che mi sta bene, per ora... (altrimenti avrei cambiato... di nuovo)... io ho provato ingegneria all'Uni... ma rapidamente ho capito che non avrei visto l'uscita in fondo al tunnel e quindi ho cambiato facoltà, che ho terminato con buona soddisfazione (economia) e nonostante non faccia il Commercialista, faccio un lavoro dove uso una discreta parte di quello che ho studiato.

In merito a quanto hai detto... penso sia peggio la 1).. in quanto almeno la 2) ti ha dato la conoscenza (o almeno parte di essa) che desideravi... che poi non si trovi una situazione "soddisfacente" a volte e' indipendente dalla nostra volontà... ma almeno quello che potevi "indirizzare" ... l'hai fatto...
Nel caso 1 invece non avresti fatto nè uno nè l'altro.

... e mi pare di capire che tu sia nella 1...
(se ho ben inteso... mi dispiace...)

monika_A3 27-08-21 09.55
@ WTF_Bach
Gioia: il Juno 6, il bebop ed il contrappunto.

Delusione: Garbarek, l’u20 e gli accordi di quarta e sesta
... e McCoy Tyner che fa bebop con accordi quartali, allora? emo emo

P.S. qualora non si sia capito da appena 10 parole, sono meno che un'orecchiante di jazz e teoria musicale... emo ma credo si sia capito benissimo! emo

emo
michelet 27-08-21 10.14
@ toniz1
michelet ha scritto:
Non so se sia peggio essere infelici rimpiangendo di non aver potuto fare gli studi desiderati ed avere una situazione lavorativa insoddisfacente, oppure essere infelici per averli comunque fatti ed essere nella comunque stessa situazione.


Questa e'... passami li termine... "bella"... effettivamente trattasi di situazione abbastanza scomoda...emo
caso 1) non ho fatto gli studi che volevo... e ora ho un lavoro che "non mi piace" (insoddisfacente)
caso 2) ho fatto gli studi che volevo... e ora ho un lavoro che "non mi piace" (insoddisfacente)

Boh... io ora non sono precisamente dove avrei voluto essere (storia lunghetta da raccontare...) ma comunque sono riuscito a ritagliarmi uno spazio "lavorativo" che mi sta bene, per ora... (altrimenti avrei cambiato... di nuovo)... io ho provato ingegneria all'Uni... ma rapidamente ho capito che non avrei visto l'uscita in fondo al tunnel e quindi ho cambiato facoltà, che ho terminato con buona soddisfazione (economia) e nonostante non faccia il Commercialista, faccio un lavoro dove uso una discreta parte di quello che ho studiato.

In merito a quanto hai detto... penso sia peggio la 1).. in quanto almeno la 2) ti ha dato la conoscenza (o almeno parte di essa) che desideravi... che poi non si trovi una situazione "soddisfacente" a volte e' indipendente dalla nostra volontà... ma almeno quello che potevi "indirizzare" ... l'hai fatto...
Nel caso 1 invece non avresti fatto nè uno nè l'altro.

... e mi pare di capire che tu sia nella 1...
(se ho ben inteso... mi dispiace...)

Si, sono nella condizione 1. Quello che mi ha fatto venire un ulteriore travaso di bile, è stato leggere un’intervista al M° Vessicchio. Anche lui studiava architettura, ma aveva un padre meno autoritario del mio. Un giorno lui gli disse: “Se ti laurei in architettura, farai l’architetto? Penso proprio di no, quindi è meglio che continui con la musica…”.
Come dicevo, l’errore è stato mio, non sono stato capace di imporre la mia volontà. E di questo ne pago le conseguenze. Tanti mi dicono che “era più comodo” rimanere sotto un tetto e accondiscendere i diktat genitoriali. Posso dire che non è che avessi molta scelta… a parte andare a vivere sotto un ponte, perché a 12/13 anni non è facile uscire di casa e trovare chi ti dia sostegno economico per coltivare una passione.
Raptus 27-08-21 10.27
@ michelet
Si, sono nella condizione 1. Quello che mi ha fatto venire un ulteriore travaso di bile, è stato leggere un’intervista al M° Vessicchio. Anche lui studiava architettura, ma aveva un padre meno autoritario del mio. Un giorno lui gli disse: “Se ti laurei in architettura, farai l’architetto? Penso proprio di no, quindi è meglio che continui con la musica…”.
Come dicevo, l’errore è stato mio, non sono stato capace di imporre la mia volontà. E di questo ne pago le conseguenze. Tanti mi dicono che “era più comodo” rimanere sotto un tetto e accondiscendere i diktat genitoriali. Posso dire che non è che avessi molta scelta… a parte andare a vivere sotto un ponte, perché a 12/13 anni non è facile uscire di casa e trovare chi ti dia sostegno economico per coltivare una passione.
E' un problema comune, infatti non è un caso che la stragrande maggioranza dei musicisti che hanno intrapreso la carriera in giovane età in realtà sia figlia d'arte (o di gente come noi, cioè che avrebbe voluto ma non ha potuto).
wildcat80 27-08-21 11.00
Io ho iniziato gli studi in giovane età, molto prima della consapevolezza necessaria a fare scelte delineanti.
Così sono arrivato nell'età della ribellione che ne avevo fin sopra i capelli: il pianoforte richiedeva impegno e tempo, la scuola non doveva essere trascurata, lo sport (giocavo a pallanuoto) mi portava via tutto il tempo libero), ho mandato tutto a quel paese.
Però credo che comunque la musica non sarebbe stata la mia unica strada.
Anche se il discorso non è mai stato toccato, non credo che i miei avrebbero deciso di sostenere questa scelta come l'unica possibile, probabilmente mi avrebbero consentito di proseguire ma facendo anche altro.
Per cui il mio più grande rimpianto non è quello di non aver deciso di vivere di musica, ma quello di non aver concluso un percorso quando ne avrei avuto possibilità. Lo dico col senno di poi, da adolescenti si ragiona in maniera diversa.
toniz1 27-08-21 11.04
michelet ha scritto:
Si, sono nella condizione 1.

ecco, appunto ... mi dispiace.
Io non ho mai avuto "il dono"... nel senso che certo, adolescente.. li fai i pensieri.. "mi piacerebbe fare il musicista/la rockstar..." ma allora sembrava che se volevi fare davvero il professionista dovevi capirne bene di musica... e allora quando capii il "trade off" (emo) tra quanto farsi il maxxo per uscirne un musicista almeno decente... o fare altro... ho fatto altro...
Metti che i miei mi avrebbero anche supportato (almeno fino ad un certo punto)... ma temo che non sarei mai arrivato a livelli "per me" soddisfacenti... intraprendendo poi una carriera (per me che non sto in metropoli) quantomeno irta di ostacoli.

Ora grazie ad alcuni fattori, tra cui principalmente i mezzi tecnologici x "suonare" e farsi conoscere, la cosa e' un po' piu' "facile"... (anche se ci sono molti piu' concorrenti, e' vero)...

se tornassi indietro... nn so...
in quanto appunto, riconosco che mi manca buona parte di quello che ritengo "il manico" necessario (... ok vendo tutto e mi prendo una Nord emoemoemoemoemo, che a quanto pare e' quello che mi merito... giusto? emo)
toniz1 27-08-21 11.09
wildcat80 ha scritto:
Anche se il discorso non è mai stato toccato, non credo che i miei avrebbero deciso di sostenere questa scelta come l'unica possibile, probabilmente mi avrebbero consentito di proseguire ma facendo anche altro.

come e' capitato a qualche mio amico... (... 1 in verita')
si è fatto il mazzo tanto, ma essendo dotato.. ha finito sia ingegneria che il conservatorio... e ora lavora "come ingegnere" e suona in un paio di realtà "classiche" (violinista)...
questo e' uno con "il manico"... che potendo ha scelto "entrambe" le strade anche se "volendo" avrebbe potuto prenderne una sola...

pero' per anni... vita sociale zero, e come dicevi tu... da adolescenti si ragiona in maniera... diversa... emoemoemo
claudio101 27-08-21 11.21
@ Sbaffone
Della musica

Stasera va così
Bel tema
Ho la gioia di avere l'orecchio relativo sufficientemente sviluppato ed allenato nei decenni che mi ha consentito di avvicinarmi più facilmente alla musica;
Provo la gioia (quasi bambinesca), nel disimballare il sintetizzatore nuovo, "nasare" l'odore che emana (a me dà quasi dipendenza) , pregustare l'animazione dei led alla prima accensione e fare finta di dimenticarmi che nella compravendita ci ho rimesso, dando dentro la tastiera precedente acquistata permutando quella precedente, comprata rivendendo la precedente....emo
La parte "negativa": accorgermi sempre di più che scrivo canzoni nate vecchie (mi rifaccio al cantautorato anni 70/80), che ormai fanno presa su una minoranza sparuta. D'altra parte mi vengono solo così (!).emo
Bilancio comunque assolutamente positivo: il piacere di sedersi davanti alla tastiera e iniziare un nuovo viaggio musicale e introspettivo, è qualcosa di straordinario, che augurerei a tutti.emo
zerinovic 27-08-21 12.02
ho iniziato a suonare perché senza conoscere nulla sui tasti,sapevo rifare le melodie delle canzoni in poco tempo. e quindi mi sentivo un piccolo campione, però quando prosegui gli studi trovi gente che magari ha altri pregi, e non sei questo gran fico che credevi essere, e poi capisci anche che nella musica avresti dovuto combattere con i gusti tuoi e quelli della gente, cosa che tra il conservatorio e l’azienda di famiglia mi ha fatto scegliere per l’azienda di famiglia. non tornerei indietro, sono soddisfatto e sereno,ad oggi. la musica è un mio bellissimo passatempo.
michelet 27-08-21 16.34
@ Raptus
E' un problema comune, infatti non è un caso che la stragrande maggioranza dei musicisti che hanno intrapreso la carriera in giovane età in realtà sia figlia d'arte (o di gente come noi, cioè che avrebbe voluto ma non ha potuto).
Però, ci sono figli d’arte che hanno “abbracciato” l’arte perché loro congeniale o perché hanno “respirato” l’aria e ne sono rimasti affascinati. Purtroppo, le mie inclinazioni artistiche erano diametralmente opposte alle aspettative del padre, il quale non riteneva che la carriera del musicista fosse “dignitosa” per il proprio figlio. Ricordo ancora quando volevo entrare alle scuole medie interne al conservatorio di Venezia (parliamo di oltre 40 anni fa) ed il commento più gentile di mio padre fu: “Dal conservatorio uscirai certamente un bravo strumentista, ma a livello culturale sarai più ignorante di una zappa… meglio ti iscriva al Liceo Classico..” E così fu, successivamente per l’università di architettura. Della serie, come assecondare le inclinazioni dei figli.
keyboard7 27-08-21 16.52
@ michelet
Però, ci sono figli d’arte che hanno “abbracciato” l’arte perché loro congeniale o perché hanno “respirato” l’aria e ne sono rimasti affascinati. Purtroppo, le mie inclinazioni artistiche erano diametralmente opposte alle aspettative del padre, il quale non riteneva che la carriera del musicista fosse “dignitosa” per il proprio figlio. Ricordo ancora quando volevo entrare alle scuole medie interne al conservatorio di Venezia (parliamo di oltre 40 anni fa) ed il commento più gentile di mio padre fu: “Dal conservatorio uscirai certamente un bravo strumentista, ma a livello culturale sarai più ignorante di una zappa… meglio ti iscriva al Liceo Classico..” E così fu, successivamente per l’università di architettura. Della serie, come assecondare le inclinazioni dei figli.
capisco la tua frustrazione, però prova a vedere la situazione anche da un altro punto di vista. Non è detto che se avessi fatto gli studi musicali che rimpiangi di non aver fatto, oggi saresti stato più felice. Magari saresti stato uno dei tanti musicisti frustrati, che si lamentano di non aver raggiunto i traguardi sperati, o che pensano che la vita sia stata ingiusta perché non hanno avuto abbastanza fortuna o conoscenze. Considera che quando una passione diventa un lavoro, si devono accettare compromessi e frustrazioni. Cerca di vedere il lato positivo: sei libero di viverti la musica come vuoi, di suonare quello che vuoi, di studiare quello che vuoi, se vuoi. Prova a vederla in questa prospettiva.
1paolo 27-08-21 16.58
Per me è sempre stata fondamentale l'indipendenza e l'autodeterminazione fin da quando, a 14 anni, ho iniziato a lavorare in estate anche se i miei genitori, entrambi insegnanti, erano abbastanza aperti dal punto di vista mentale.
Essere indipendenti significava e significa "guadagnarsi la pagnotta" e su questo punto non ho mai accettato compromessi: ho fatto il percorso scolastico sempre studiando e lavorando (in estate durante i primi anni e part time tutto l'anno successivamente); a 19 anni col diploma ho iniziato a lavorare a tempo pieno continuando con l'Università fino al termine e di questo sono soddisfatto e anche un po' orgoglioso.
In tutto quel periodo ho però anche suonato con varie band, ascoltato moltissima musica, fatto viaggi, praticato sport (un po' di volley ed un po' di sci in inverno).
Poi mi sono sposato e sono diventato padre a 30 anni e ho bilanciato diversamente le priorità ma senza abbandonare niente, men che meno la musica che per me rimane una componente essenziale della vita.
Bilancio? Nessun pentimento, rifarei tutto cambiando pochissimo.
In questi anni ho conosciuto alcuni musicisti bravi e bravissimi, alcuni professionisti ma dalle loro storie non ho colto delle soddisfazioni estreme; piuttosto in molti casi ho avuto l'impressione che fossero delusi dalla loro scelta di vita (vivere facendo musica come lavoro non vuol dire solo essere famosi)..
michelet 27-08-21 17.20
@ keyboard7
capisco la tua frustrazione, però prova a vedere la situazione anche da un altro punto di vista. Non è detto che se avessi fatto gli studi musicali che rimpiangi di non aver fatto, oggi saresti stato più felice. Magari saresti stato uno dei tanti musicisti frustrati, che si lamentano di non aver raggiunto i traguardi sperati, o che pensano che la vita sia stata ingiusta perché non hanno avuto abbastanza fortuna o conoscenze. Considera che quando una passione diventa un lavoro, si devono accettare compromessi e frustrazioni. Cerca di vedere il lato positivo: sei libero di viverti la musica come vuoi, di suonare quello che vuoi, di studiare quello che vuoi, se vuoi. Prova a vederla in questa prospettiva.
Ti ringrazio del punto di vista, che mi fa vedere le cose da un’altra prospettiva.
Non voglio insistere, però, se avessi conseguito anche uno straccio di diploma in pianoforte con il vecchio ordinamento, magari, pur lamentandomi che faccio difficoltà a mettere assieme il pranzo con la cena (come tra poco potrò dire in qualità di architetto) potrei tranquillamente suonarmi le variazioni Goldberg, il Clavicembalo ben Temperato, o qualche sonata di Scriabin, Rachmaninov o, meglio ancora, mettere nero su bianco certe mie composizioni che, alla luce di maggiori studi, sarebbero certamente più strutturate e raffinate.
Invece, posso al massimo ascoltare quanto sopra e, quando va bene, realizzare prodotti che, da gente che ha seriamente studiato, vengono definiti “da appassionato”.
Non so se il paragone sia immodesto, però mi sento come quelle statue incomplete di Michelangelo, quelle che vengono definite “I prigioni”.
wildcat80 27-08-21 17.48
Vedi Michele non è proprio come dici tu, nel senso che oltre il traguardo didattico, quel che fa la differenza sul lungo termine è la pratica.
Io a distanza di tanti anni, l'improvviso in Mi bemolle maggiore di Schubert o Children's corner di Debussy non sarei in grado di suonarli.
Eppure sono pezzi che preparai per il conservatorio.
Se avessi concluso gli studi, con il tipo di scelta che ho fatto in seguito, non sarei ugualmente in grado, perché non ho avuto il tempo materiale per esercitarmi in maniera consona per anni.
Probabilmente di tutto quello che ho studiato mi restano più freschi la lettura e scrittura in setticlavio, forse.
violino999 27-08-21 18.18
@ toniz1
michelet ha scritto:
Non so se sia peggio essere infelici rimpiangendo di non aver potuto fare gli studi desiderati ed avere una situazione lavorativa insoddisfacente, oppure essere infelici per averli comunque fatti ed essere nella comunque stessa situazione.


Questa e'... passami li termine... "bella"... effettivamente trattasi di situazione abbastanza scomoda...emo
caso 1) non ho fatto gli studi che volevo... e ora ho un lavoro che "non mi piace" (insoddisfacente)
caso 2) ho fatto gli studi che volevo... e ora ho un lavoro che "non mi piace" (insoddisfacente)

Boh... io ora non sono precisamente dove avrei voluto essere (storia lunghetta da raccontare...) ma comunque sono riuscito a ritagliarmi uno spazio "lavorativo" che mi sta bene, per ora... (altrimenti avrei cambiato... di nuovo)... io ho provato ingegneria all'Uni... ma rapidamente ho capito che non avrei visto l'uscita in fondo al tunnel e quindi ho cambiato facoltà, che ho terminato con buona soddisfazione (economia) e nonostante non faccia il Commercialista, faccio un lavoro dove uso una discreta parte di quello che ho studiato.

In merito a quanto hai detto... penso sia peggio la 1).. in quanto almeno la 2) ti ha dato la conoscenza (o almeno parte di essa) che desideravi... che poi non si trovi una situazione "soddisfacente" a volte e' indipendente dalla nostra volontà... ma almeno quello che potevi "indirizzare" ... l'hai fatto...
Nel caso 1 invece non avresti fatto nè uno nè l'altro.

... e mi pare di capire che tu sia nella 1...
(se ho ben inteso... mi dispiace...)

Io ho cominciato a studiarne musica e suonare abbastanza piccolo, grazie a mio padre musicista dilettante. Non ho frequentato il conservatorio per varie ragioni, ma ora trenta anni dopo, devo riconoscere che è stata una fortuna, perché ho un lavoro normale che mi permette di vivere la musica in maniera distaccata, vivendola solo per la felicità che mi da, da solo o in gruppo, con le mille idee che mi vengono in mente, ma che purtroppo non riesco sempre a mettere in pratica per la mancanza di tempo, e per il mio carattere. Fare il musicista professionista in Italia, è diventato difficile e alla fine può portati ad odiarla. Fare la rock star starebbe stato bellissimo...sarà per la prossima vita
vin_roma 27-08-21 18.28
Ancora oggi, in un'età in cui si comincia a rimettere a posto tutto, lo devo capire.

Nella musica mi ci son trovato per caso in un momento in cui finiva l'epoca più prolifica.
A guardare dietro non ho fatto poco ma forse mi sarei divertito di più a farla semiprofessionalmente.
A parte i primi vent'anni in cui ho campato nella lenta dissoluzione del vecchio impianto (RAI, Mediaset, RCA, cinema, orchestre) negli ultimi anni ho dovuto barcamenarmi con tanti compromessi in tante situazioni pesanti, mal pagate, ansiogene.

Il risultato generale è positivo? Un Si e un Ni.

Cose belle o confortanti:
>Essere l'orgoglio dei parenti americani quando mi vedevano su RAI International
>Una ragazzetta che, dopo un concerto, mi disse: "mi ha fatto innamorare della musica..."
>tante occasioni poco comuni che mi hanno fatto vedere la vita da punti di vista particolari come essere stato vicino addirittura a Gorbachov e Kissinger, ad essere stato chiamato amichevolmente "Vincenzo" da L. Bernstein, il tanto tempo passato con i pezzi grossi dello spettacolo, con redazioni importanti vedendo e capendo come nascevano le tante colorazioni del costume italiano. L'aver avuto la possibilità di spendere il mio tempo per pensare piuttosto che nella solita cameretta sulla la prua della nave dove lavoravo. Suonando ho avuto il piacere di viaggiare tanto e quindi ho potuto vedere i bambini cinesi che nei parchi giocano e fanno rumore come i nostri, ho visto come sono fatte le strade e le case delle donne ukraine o rumene che vengono da noi a far le badanti.
Una delle più grandi soddisfazioni, tra le ultime, è quella che quei suoni che da bambino ascoltavo incantato dai dischi con le colonne sonore americane oggi li so tirar fuori anch'io ed è ciò che ora so fare e che mi chiedono in tanti.

Cose così così...:
Aver dovuto spesso far diventare la musica un lavoro.
Cioè:
>15 anni in un teatro ad accompagnare la scena
>tanti arrangiamenti fatti perché ti pagavano, senza aggiungere niente
>perdita negli ultimi tempi di qualsiasi dignità e rispetto sociale.
Suonare è diventato precarissimo e la "professionalità" oramai la disputi con i dopolavoristi anche perché, sparite le orchestre, le grandi aziende che ti ingaggiavano (RAI, RCA, UMR, istituzioni sinfoniche, accademie di danza vere...) ognuno si muove da per se. È una jungla.

Quindi contento di ciò che ho fatto, ma per il 70% per ciò che è stato, per ciò che è degli ultimi tempi non sono per niente contento e, fosse oggi, in queste condizioni non penserei mai di affrontare le stesse scelte.
dielle63 27-08-21 18.41
Mi è piaciuto molto leggere il post di Vin (qui sopra). Lui ha toccato con mano il vivere di musica e l'ha reso bene nella descrizione.

Io però sono tra quelli che volevano suonare sin da piccoli, che ha imparato (quel poco che ho) da solo ma che non ha mai pensato di farlo per mestiere.

RIvendico la libertà di suonare quando voglio e quello che voglio. Per certi aspetti la musica, come passione, dovrebbe per sua natura non avere vincoli.

Se proprio devo dare un'immagine al cosa mi ha dato la musica direi due cose:

-quando ti siedi davanti ai tasti e fuori piove e non hai nessuna voglia di uscire....e senti che non ti manca nulla e non c'è un'altra cosa che vorresti fare

-quando stai provando con la band e, quasi all'improvviso, il brano nuovo viene fuori pieno, trascinante. Quello per me vale più dell'esibizione sul palco.
vin_roma 27-08-21 18.56
Dielle63
Non dicevo di distinguere tra musicisti "veri" e finti.
Tutti hanno diritto a suonare ed esprimersi, per carità! Quello che volevo dire è che sono sparite le istituzioni "alte", le garanzie per chi si è impegnato a livelli stabili.
Oggi essere musicista in Italia equivale a dire "insegnante", per me, qualche decennio fa, voleva dire: qualche volta mattina in RAI, pomeriggio Renato Greco (pianista danza) o Canale 5 o turno orchestra, fine settimana magari concerto in Accademia o serata danzante sul roof garden dell'Hilton, l'estate tour con cantanti famosi o orchestre, in alcuni periodi mi facevo anche tre sere a sett in sala da ballo e nel gruppo eravamo 6/7 persone, senza basi. Spesso la notte (alle 5.00 del mattino ero già a Saxa Rubra) scrivevo per i gruppi di Uno Mattina.
Insomma, non c'era niente che non si muovesse senza fattura, senza contratti, senza garanzie, anche all'Hilton o da Cavicchi in balera.
E all'epoca, se dicevi "faccio il musicista" contavi qualcosa, addirittura (1987 e io ragazzotto), pensando di aver chiesto un prestito "breve" fuori della mia portata, l'impiegato di banca mi rispose: con un 740 come il suo e con la sua professione e documentazione possiamo arrivare anche al doppio...
Oggi se non ho la firma di mia moglie (impiegata) non prendo neanche 100€.

Poi l'emozione è un'altra cosa, quella ti muove sempre ma quando perdi identità e rispetto sociale...
paolo_b3 27-08-21 19.19
Il motivo principale per cui non ho scelto la musica come professione è che mi è sempre sembrato un lavoro veramente difficile, per tanti motivi.
Ovviamente quando vedo un professionista capace mi attrae l'idea di poter padroneggiare la musica come lui, ma poi penso a quanto sopra e me ne faccio una ragione.