@ paolo_b3
La musica è "viva", è un fenomeno che nasce, vive e muore dentro di noi.
Quando ascoltiamo un nuovo brano, un nuovo stile, un nuovo compositore, raramente riusciamo a comprendere da subito l'emotività racchiusa in lui, poi reiterando l'ascolto certi aspetti si palesano e cominciano a vivere dentro di noi fino a che cominciano a diventare obsoleti, si invecchiano sempre dentro di noi ed alla fine noi li abbandoniamo, per dedicarci a nuovi brani, stili e compositori. Il tutto è filtrato dal nostro subconscio.
Poi c'è chi chiude il suo cerchio con Laura Pausini e Tiziano Ferro, c'è chi prosegue il percorso fino allo speed metal, Stockhausen o al free jazz.
Certamente, la frequentazione ripetuta dell'opera di un artista ci mette in condizione di "simpatizzare" con le sue corde emotivo-espressive
Ma c'è di più: senza conoscere il mondo in cui quell'artista ha operato, le strutture sociali, politiche e storiche in cui ha vissuto, le tendenze musicali e culturali della sua epoca, potrebbe essere difficile addentrarsi nella fruizione della sua opera
Vi sono artisti semplici, per così dire "mainstream", che vanno col flusso e seguono la corrente culturale della loro epoca, magari inserendo degli elementi innovativi e trasgressivi in maniera quasi impercettibile: Mozart, i Beatles, Louis Armstrong; questi musicisti sono solitamente di facile comprensione, si può quasi dire che "piacciono a tutti"
Poi vi sono artisti che fanno della rottura delle convenzioni il loro tratto distintivo: Schoenberg, Ornette Coleman, Frank Zappa...e di questi spesso si dice "bravissimo ma non lo capisco"
Questi ultimi necessitano, per essere goduti, di un impegno ulteriore da parte dell'ascoltatore: sostanzialmente, il capire il perchè hanno fatto quello che hanno fatto
Pensate, per fare un paragone pittorico, a Caravaggio e Mondrian...