Chiariamo:
Il percorso classico (ex conservatori e attuali corsi di laurea) mira a costruire esecutori. La musica "libera" non si fa, solo in composizione o nei corsi di Jazz.
Tutti gli altri "esperimenti" (musica leggera, organo Hammond, canto leggero...) alla fine esistono solo per dare cattedre prestigiose a personaggi noti in virtù dell'autonomia di ogni istituto e per prendere i soldi delle rette annuali.
Come detto, lo scopo degli istituti musicali è quello di costruire "replicatori" di musica, non "inventori".
Quindi durante il percorso di studio è richiesta molta dedizione al programma che, onestamente, se fatto bene e per la poca esperienza del giovane allievo, ai fini della presunta riuscita nella perfezione esecutiva ci sta che un modo di suonare "libero" possa essere visto come agente inquinante per una tecnica acerba e fragile.
Consideriamo che ci sono due categorie: quelli che sanno solo eseguire e quelli che sanno anche creare.
Quindi da una parte ci saranno ottimi esecutori di musica scritta e dall'altra ottimi esecutori che sapranno anche dominarla la musica ma quest'ultima situazione sarà frutto delle innate capacità personali, magari sviluppate con lo studio della composizione, ma è comunque una capacità che non può essere insegnata, sviluppata si, insegnata no.
Quindi ci sono due tipologie di pianisti (o musicisti in genere) :
>chi lo farà impegnandosi nella sola carriera esecutiva e lo farà probabilmente per mancanza di altre esigenze artistiche ma dovrà sottoporsi ad una disciplina dura per mantenere alto il livello, quindi si richiede molta tecnica, equilibrio psico-fisico, studio approfondito e maniacale di ogni minimo aspetto del repertorio ed ogni esecuzione sarà come una gara per un atleta alle finali olimpiche.
>chi lo farà, dopo aver acquisito le capacità tecniche sufficienti, per esprimere se stesso e il suo punto di vista musicale e questo sarà possibile solo grazie ad una dote innata che avrà bisogno di uscire dai dogmi esecutivi e quindi potrà essere un pianista/direttore d'orchestra, arrangiatore, compositore, jazzista, ed è evidente che con questo ventaglio di possibilità riuscire a rimanere un pianista rigoroso e disciplinato ai fini esecutivi nell'esigente ambito classico ...la vedo dura! Anche se le eccezioni non mancano, una tra queste è stato L. Bernestein, ma a questi livelli stiamo parlando di marziani.
Quindi, dallo studio si può pretendere ciò che si vuole, dipende dallo scopo.
>Esiste uno studio meno oneroso in quanto a perfezione tecnica ma che può soddisfare le proprie esigenze artistiche.
>Si può percorrere la strada istituzionale (conservatorio) sapendo però che la musica sarà vista solo dal punto di vista esecutivo secondo i canoni del repertorio classico,
>Si può intraprendere la disciplina classica e dedicarsi anche alle proprie passioni musicali ma, onestamente, il risultato richiesto nell'ambito prettamente classico sarà difficilmente ottimale.
Insomma:
Pianista esecutore o pianista inventore?
Il pianista di jazz è visto come quello con la massima libertà musicale. Non lo ritengo esatto.
In realtà credo che nell'articolo l'appellativo "jazzista", per estensione in un'ottica un po' "bacchettona", sia la qualificazione di tutti quelli che hanno il controllo della musica e del linguaggio col quale vogliono esprimersi quindi Emerson, Riz Ortolani, Enrico Simonetti, David Benoit, Lyle Mais ...per loro so' tutti jazzisti!
E in conservatorio lo dicevano anche a me! Suoni a orecchio? Ma che fai ...il Jazz?
Sapevo che non sarei mai diventato uno con le palle da pianista, troppo disordinato, troppo ricercatore ...e poi avevo un insegnante di solfeggio che ci accompagnava il cantato con certe armonizzazioni "Jazzistiche" da paura e ci parlava anche del MiniMoog (era il '73/'76)! Un sovversivo!