22-08-18 13.58
@ Raptus
Sarebbe interessante invece valutare l'evoluzione della musica "commerciale" negli altri paesi d'Europa, sociologicamente sarebbe uno studio interessante.
Ad esempio in Francia ha avuto un peso enorme l'elettronica, in un modo talmente ampio che molti gruppi famosi nazionali sono capisaldi di generi come trip hop, electronic acid jazz etc...creando dei mix veramente interessanti. In Romania e in generale nell'est europeo va molto la dance/trance e l'hip hop.
Nei paesi germanici e nordici la musica hard rock/metal ha sempre spopolato, anche su Mtv... lasciando stare l'inghilterra, restano i paesi mediterranei, escludendo la suddetta Francia, da noi e in Spagna va forte la leggera, neomelodica, la canzoncina malinconica d'amore e l'esterofilia.
Non è un caso infatti che molti artisti italiani siano famosi anche in Spagna (il viceversa non mi sembra, a parte i tormentoni estivi).
Colpa dei discografici? Io credo sia colpa più che altro delle orecchie.
I paesi che citi hanno gruppi con un forte matrice folk nazionale che li accomuna. Per esempio in Francia l'influenza dei chansonnier la senti un po' ovunque, da Manu Chao a Noir Desir etc
Paesi scandinavi e Germania risentono dei canti popolari mescolati alle leggende nordiche, dove l'elettronica la fa spesso da padrona, metal compreso (Rammstein); Poi sì, hanno una tradizione metal con forti venature folk (tipici i ritmi in 2/4 e i refrain da osteria, senti Dr Stein degli Helloween) ma diversa da quella anglosassone, un gruppo metal tedesco lo riconosci subito, è senza arrangiamenti né abbellimenti, freddo, più pop che rock nelle dinamiche... mentre gli inglesi curano di più gli arrangiamenti, retaggio di una cultura classica che non hanno mai svalutato... Il metal americano è invece più "pompato", aggressivo e ammiccante, come le tettone dei film di Russ Meyer.
La leggera italiana si riconosce per il canto che sovrasta tutto il resto, perciò non sfondano generi come il metal dove protagonisti sono gli strumenti oltre al canto. D'altronde siamo stati la patria del melodramma, il retaggio è quello. Poi c'è il problema attuale dell'esterofilia in particolare anglosassone, che spesso riduce le canzoni a scolastici esercizi di stile. Il regionalismo per fortuna fa ancora la sua parte, al sud abbiamo la scuola napoletana, il neomelodico, che saltuariamente ci regala perle, vedi il sound fresco e mediterraneo di Mia Martini e Murolo (Resta cu'mme), degli Alma Megretta.. al nord abbiamo sonorità più mitteleuropee (Bluvertigo, Subsonica, Verdena, Marlene Kuntz, Afterhours), dopotutto non si cancellano con un colpo di spugna le influenze culturali dettate da secoli di dominazioni austriache da una parte e franco-sabaude dall'altra.
Ragionare in termini folk per l'Italia non è facile, è un paese molto frammentato.
E forse alla fine i generi che mettono d'accordo tutti i regionalismi sono proprio quelli importati dall'estero, una sorta di globalizzazione della musica su scala nazionale che valorizza il sound d'importazione a scapito della tradizione regionale, ma mette d'accordo tutti da Palermo ad Aosta e in fin dei conti al discografico va bene così, la quadratura è compiuta e i soldi in cassa arrivano lo stesso.