Quando sei....inadeguato

  • cecchino
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18-07-17 18.23

@ anonimo
Ci sono diverse fasi:

1) capire le regole

2) ricordarsi le regole

3) saper applicare in concreto le regole

4) trascendere le regole

Anche gente tipo Parker, Clifford Brown etc hanno seguito questa logica...emo
Già... se non conosci bene le regole che gusto c'è a trasgredirle? emo
  • Arci66
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18-07-17 18.26

@ anonimo
Ci sono diverse fasi:

1) capire le regole

2) ricordarsi le regole

3) saper applicare in concreto le regole

4) trascendere le regole

Anche gente tipo Parker, Clifford Brown etc hanno seguito questa logica...emo
Lo avevo espresso anche io questo concetto: felice di avere l'avallo di un maestro.
Ogni percorso artistico, che sia musica, arti figurative, etc si sviluppa come hai efficacemente e sinteticamente delineato.emo
  • Arci66
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18-07-17 18.29

@ cecchino
Già... se non conosci bene le regole che gusto c'è a trasgredirle? emo
OT
Carissimo ma in quanti gruppi suoni? Quando ci andiamo a prendere un caffè e ci facciamo due chiacchiere emo anche una birraemo
  • cecchino
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18-07-17 18.32

@ Arci66
OT
Carissimo ma in quanti gruppi suoni? Quando ci andiamo a prendere un caffè e ci facciamo due chiacchiere emo anche una birraemo
Al momento solo un paio, ma dato che siamo OT e che i messaggi privati del forum non sono ancora stati ripristinati, ti contatto "diversamente" emo
  • anonimo

18-07-17 18.50

1 non c'è nulla di peggio del jazz suonato male
2 se non ascolti jazz non suonarlo
3 il jazz è una musica morta
  • Arci66
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18-07-17 20.42

@ anonimo
1 non c'è nulla di peggio del jazz suonato male
2 se non ascolti jazz non suonarlo
3 il jazz è una musica morta
Amenemo
  • tsuki
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18-07-17 21.48

Dipende...Quando sento Petrucciani mi sembra piu' viva che mai.

18-07-17 22.28

@ anonimo
Ci sono diverse fasi:

1) capire le regole

2) ricordarsi le regole

3) saper applicare in concreto le regole

4) trascendere le regole

Anche gente tipo Parker, Clifford Brown etc hanno seguito questa logica...emo
Ed io concordo esattamente con quanto dici.

Il punto è che trovare un prof che ti spieghi il punto 4 è, a quanto ho notato, una vera e propria rarità.
Tutti sono in grado di darti in pasto libri di teoria con regole,scale,sostituzioni e quant'altro. Son tutti maestri di Teoria.
In concreto, quando si tratta di trascendere le regole per far jazz, ti ritrovi di fronte al classico muro (che noto soprattutto in Italia): Quello del pensare "aoh, io so tutto in teoria: scale, accordi, sostituzioni,voicing, comping, legami armonici...ma perchè cazzo non mi escono 2 frasi jazz consecutive? perchè sembro sempre "fuori genere"?Dove sbaglio?". Qui segue la classica risposta "eh, ascolta i grandi", cui segue la domanda di molti "si, io ascolto, leggo e trascrivo, ma continuo a non capirci un tubo. Non rispettano le regole, ma il tutto suona benissimo...quindi?". Conclusione alla domanda che non arriva mai...

è proprio sul punto 3 che si perdono molti, moltissimi. Non dirmi che non ti capitano tanti studenti che ti dicono "senti, io ho studiato libri di teoria come un matto, e cerco di applicare costantemente le regole spiegate...ma non mi sembrano frasi...non mi sembra jazz quello che faccio...".
E per me non si tratta di "mitizzare" il jazz come fanno tanti ( "il jazz è per pochi": Eliteralismo dei miei coglioni... dillo ai 30 milioni di jazzisti in America), si tratta di non saperlo insegnare oltre un certo punto raggiunto. Il classico "io ti ho dato le basi...mo so c***i tuoi"...

Per me si tratta di avere qui in Italia una mentalità chiusa,a tratti suicida, che vede intere categorie di docenti spingerti ad imparare assoli dei grandi a memoria, ma senza approfondire, probabilmente perchè non saprebbero approfondire neanche loro quando di fronte ad un assolo fai notare che molte delle regole spiegate "saltano".

Insomma per concludere, se molti si sentono "inadeguati", il motivo è nel costante "non detto/non spiegato".
Tutti quelli che suonano jazz spaventosamente bene, stranamente, son quelli che hanno studiato con maestri stranieri o sono andati in altri paesi a capire "come funziona".
E il mio dubbio è: Saremo impediti noi italiani? Son impediti i nostri maestri? Siam rimasti semplici "copiatori" degli americani senza riuscirci? Manca un metodo serio di insegnamento del jazz? Manca la voglia? C'è un senso di frustrazione nei prof che li spinge ad essere superficiali nell'insegnamento?
Non so quale sia il motivo, ma ripeto, per la mia poca esperienza, noto che comunque si vuole a tutti i costi una cattedra e un edificio che insegni jazz, quasi per far dispetto al mondo classico e poter dire "vedete che il jazz non va sottovalutato? ci siamo anche noi", salvo poi chiedersi "come mai chiunque ti dice che nei conservatori di indirizzo jazzistico...non si impara il jazz?"...

PS: Per favore non "mitizziamolo" anche qui. Dalla Berklee vengono fuori mostri di bravura, quindi EVIDENTEMENTE il jazz, al contrario di quanto vogliono farti credere qui, pur avendo una cattedra, si insegna eccome!.

  • anonimo

18-07-17 23.40

@ tsuki
Dipende...Quando sento Petrucciani mi sembra piu' viva che mai.
Siamo all'ossimoro spinto
  • Arci66
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18-07-17 23.44

@ tsuki
Dipende...Quando sento Petrucciani mi sembra piu' viva che mai.
Ma purtroppo lui è mortoemo
  • paolo_b3
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19-07-17 07.48

Io credo questo:

1) Il jazz appartiene alla cultura americana, qui da noi, almeno in Italia, è musica che fanno in pochi ed ascoltano in pochi. Se vogliamo definirli un elite ci può stare, certo non è la nostra musica popolare.
2) Il jazz come forma musicale lascia agli esecutori ampio margine di azione. Quindi lo studiare in se e per se è una piccola, per quanto importantissima, parte del percorso formativo che deve fare il jazzista. Alla fine l'esecutore che non ha "niente da dire" può studiare quanto vuole ma sarà un modesto jazzista.

CoccigeSupremo ha scritto:
PS: Per favore non "mitizziamolo" anche qui. Dalla Berklee vengono fuori mostri di bravura, quindi EVIDENTEMENTE il jazz, al contrario di quanto vogliono farti credere qui, pur avendo una cattedra, si insegna eccome!.


Pensa parimenti a chi studia composizione a conservatorio, secondo te facendo quel percorso formativo tu diventi automaticamente un Gioacchino Rossini?
  • anonimo

19-07-17 08.45

@ CoccigeSupremo
Ed io concordo esattamente con quanto dici.

Il punto è che trovare un prof che ti spieghi il punto 4 è, a quanto ho notato, una vera e propria rarità.
Tutti sono in grado di darti in pasto libri di teoria con regole,scale,sostituzioni e quant'altro. Son tutti maestri di Teoria.
In concreto, quando si tratta di trascendere le regole per far jazz, ti ritrovi di fronte al classico muro (che noto soprattutto in Italia): Quello del pensare "aoh, io so tutto in teoria: scale, accordi, sostituzioni,voicing, comping, legami armonici...ma perchè cazzo non mi escono 2 frasi jazz consecutive? perchè sembro sempre "fuori genere"?Dove sbaglio?". Qui segue la classica risposta "eh, ascolta i grandi", cui segue la domanda di molti "si, io ascolto, leggo e trascrivo, ma continuo a non capirci un tubo. Non rispettano le regole, ma il tutto suona benissimo...quindi?". Conclusione alla domanda che non arriva mai...

è proprio sul punto 3 che si perdono molti, moltissimi. Non dirmi che non ti capitano tanti studenti che ti dicono "senti, io ho studiato libri di teoria come un matto, e cerco di applicare costantemente le regole spiegate...ma non mi sembrano frasi...non mi sembra jazz quello che faccio...".
E per me non si tratta di "mitizzare" il jazz come fanno tanti ( "il jazz è per pochi": Eliteralismo dei miei coglioni... dillo ai 30 milioni di jazzisti in America), si tratta di non saperlo insegnare oltre un certo punto raggiunto. Il classico "io ti ho dato le basi...mo so c***i tuoi"...

Per me si tratta di avere qui in Italia una mentalità chiusa,a tratti suicida, che vede intere categorie di docenti spingerti ad imparare assoli dei grandi a memoria, ma senza approfondire, probabilmente perchè non saprebbero approfondire neanche loro quando di fronte ad un assolo fai notare che molte delle regole spiegate "saltano".

Insomma per concludere, se molti si sentono "inadeguati", il motivo è nel costante "non detto/non spiegato".
Tutti quelli che suonano jazz spaventosamente bene, stranamente, son quelli che hanno studiato con maestri stranieri o sono andati in altri paesi a capire "come funziona".
E il mio dubbio è: Saremo impediti noi italiani? Son impediti i nostri maestri? Siam rimasti semplici "copiatori" degli americani senza riuscirci? Manca un metodo serio di insegnamento del jazz? Manca la voglia? C'è un senso di frustrazione nei prof che li spinge ad essere superficiali nell'insegnamento?
Non so quale sia il motivo, ma ripeto, per la mia poca esperienza, noto che comunque si vuole a tutti i costi una cattedra e un edificio che insegni jazz, quasi per far dispetto al mondo classico e poter dire "vedete che il jazz non va sottovalutato? ci siamo anche noi", salvo poi chiedersi "come mai chiunque ti dice che nei conservatori di indirizzo jazzistico...non si impara il jazz?"...

PS: Per favore non "mitizziamolo" anche qui. Dalla Berklee vengono fuori mostri di bravura, quindi EVIDENTEMENTE il jazz, al contrario di quanto vogliono farti credere qui, pur avendo una cattedra, si insegna eccome!.

Non ditelo a nessuno ma di solito molti insegnanti di jazz non insegnano (e non fanno praticare allo sfinimento) le tre regole principali:

1) tripartizione della frase
2) si suonano gli accordi e non le scale (tensione e risoluzione)
3) la nota target sul tempo forte (e relative "eccezioni")

Cominciamo ad imparare questo e siamo già al 70% di ciò che serve per improvvisare

Poi aggiungiamo la trascrizione ed analisi di soli famosi, poi i principi di scrittura melodica (il che non vuol dire solo teoria, ma imparare, analizzare e canticchiare ogni frammento melodico di qualunque genere che ci colpisca)

Nel frattempo studiamo armonia, voicings, comping e trascriviamo/analizziamo le soluzioni dei grandi, divise in queste tre macrocategorie:

1) esporre un tema e improvvisarci sopra col piano solo
2) esporre un tema ed improvvisarci sopra in trio
3) accompagnare un solista che espone un tema e ci improvvisa sopra

Impariamo quanti più temi possibili e cerchiamo di saperli esporre in tutte le tonalità

Poi cerchiamo di capire ed interiorizzare i connotati strutturali che caratterizzano i diversi stili di piano jazz (ragtime, stride, boogie, new orleans, swing, bebop, modale etc etc)

Poi alla fine creiamoci un gruppetto e andiamo fuori a suonare...frequentiamo i concerti degli altri musicisti, ascoltiamo, facciamoci dare tutte le dritte possibili...non disdegnamo le jam sessions...

A questo punto facciamo esperimenti, scriviamo i nostri pezzettini, arrangiamo, proviamo soluzioni stilistiche innovative, bizzarre, fondiamo tra di loro stili diversi

Poi, se abbiamo qualcosa dentro, ad un certo punto uscirà

19-07-17 09.01

paolo_b3 ha scritto:
1) Il jazz appartiene alla cultura americana, qui da noi, almeno in Italia, è musica che fanno in pochi ed ascoltano in pochi. Se vogliamo definirli un elite ci può stare

Non è quello che intendevo. Io intendo che non si può, a mio avviso, definirsi "da soli" un'elite di "prescelti" . Da semplice studente io noto una certa frustrazione in molti insegnanti, e caratteristiche simili:

A)senso di inferiorità rispetto agli Americani (e per caritá, ci può stare) che li porta a darsi grossa importanza persino nei confronti degli studenti (che sono li per imparare, non per sentire l ennesima autocelebrazione)

B)Risposte vaghe a domande specifiche. Perchè se sento di aver bisogno di una "guida all improvvisazione" trovo muri tutti uguali? Sulla rete si trovano miriadi di video, alcuni illuminanti sull improvvisazione fatti da gente con palle (Barry harris su tutti) , che passo dopo passo, ascoltandoli e praticando quanto da loro detto ti portano conoscenze che prof di conservatorio non ti portano... perchè li c è un metodo, una guida, una serie di esercizi specifici graduali, e qui invece si riduce tutto ad un "trascrivi e impara l assolo di caio" e "su questo accordo ci possono andare queste scale"... perfetto, concetti giusti.. ma "come si improvvisa?"... "eeeeh. Ascolta i grandi".


C)Chiusura all avanzamento ed evoluzione del jazz negli altri paesi: tutti ti ossessionano con Parker, Ellington, Evans (e anche qui, ci sta, assolutamente), ma ignorano che li ci sono ora Jacob Collier, Cory Henry et similia. Gente che sta portando avanti (o perlopiù riprendono) concetti armonici dei grandi e li portano verso nuovi livelli (non intesi come migliori, ma nuovi) di esecuzione. E non sarebbe male avere prof "moderni" che invece di snobbare automaticamente il nuovo (perchè probabilmente anche loro non ci capirebbero un cazzo di fronte ad una trascrizione di un brano di collier. youtube è un ottima fonte, buttateci un occhio e un orecchio alle trascrizioni degli arrangiamenti di quel diciannovenne).


Insomma mi sembra che anche i prof, che sicuramente si saranno fatti il culo in passato, ora preferiscono restare nella confort zone del loro percorso, senza accennare minimamente a quello che è il moderno, l oggi.
Come si dice sempre, nel jazz non si finisce mai di studiare. E forse questo fa paura non solo agli studenti. Tutti cerchiamo un punto in Italia. In America forse no...

paolo_b3 ha scritto:
2) Il jazz come forma musicale lascia agli esecutori ampio margine di azione. Quindi lo studiare in se e per se è una piccola, per quanto importantissima, parte del percorso formativo che deve fare il jazzista. Alla fine l'esecutore che non ha "niente da dire" può studiare quanto vuole ma sarà un modesto jazzista.

E anche qui concordo in parte. Ma cosa intendi per "niente da dire"? Non credo esistano musicisti, anche i più scarsi, che non hanno niente da dire.
Victor Wooten approfondisce il concetto di linguaggio musicale e musica come lingua, in diversi interventi, con una spiegazione chiara di ciò che è, secondo lui, la musica. Fondamentale per lui è stata la famiglia, con cui ha sviluppato nel tempo la capacità di "parlare".
Qui mi sembra che il linguaggio si "insegni poco", e si delega tutto "all ascolto degli altri".

Poi se diventi forte per conto tuo, devi pure dar merito a persone che meriti per i tuoi successi non ne hanno...

paolo_b3 ha scritto:

Pensa parimenti a chi studia composizione a conservatorio, secondo te facendo quel percorso formativo tu diventi automaticamente un Gioacchino Rossini?

assolutamente no,ma diventi un compositore.
Conosco persone venute fuori da conservatori jazz che non sanno cosa significhi improvvisare, perchè hanno speso 3 anni ad ascoltare, tirare giu e imparare a memoria assoli altrui, a mò di pianisti classici, con il benestare dei maestri...
Cosi non si va avanti...

19-07-17 09.06

@ anonimo
Non ditelo a nessuno ma di solito molti insegnanti di jazz non insegnano (e non fanno praticare allo sfinimento) le tre regole principali:

1) tripartizione della frase
2) si suonano gli accordi e non le scale (tensione e risoluzione)
3) la nota target sul tempo forte (e relative "eccezioni")

Cominciamo ad imparare questo e siamo già al 70% di ciò che serve per improvvisare

Poi aggiungiamo la trascrizione ed analisi di soli famosi, poi i principi di scrittura melodica (il che non vuol dire solo teoria, ma imparare, analizzare e canticchiare ogni frammento melodico di qualunque genere che ci colpisca)

Nel frattempo studiamo armonia, voicings, comping e trascriviamo/analizziamo le soluzioni dei grandi, divise in queste tre macrocategorie:

1) esporre un tema e improvvisarci sopra col piano solo
2) esporre un tema ed improvvisarci sopra in trio
3) accompagnare un solista che espone un tema e ci improvvisa sopra

Impariamo quanti più temi possibili e cerchiamo di saperli esporre in tutte le tonalità

Poi cerchiamo di capire ed interiorizzare i connotati strutturali che caratterizzano i diversi stili di piano jazz (ragtime, stride, boogie, new orleans, swing, bebop, modale etc etc)

Poi alla fine creiamoci un gruppetto e andiamo fuori a suonare...frequentiamo i concerti degli altri musicisti, ascoltiamo, facciamoci dare tutte le dritte possibili...non disdegnamo le jam sessions...

A questo punto facciamo esperimenti, scriviamo i nostri pezzettini, arrangiamo, proviamo soluzioni stilistiche innovative, bizzarre, fondiamo tra di loro stili diversi

Poi, se abbiamo qualcosa dentro, ad un certo punto uscirà
Tu devi avere una cattedra, ma.questo te l ho già detto in tempi passati.
Nulla di quanto hai scritto mi è mai stato detto se non da te.

Chiariamoci, il mio comunque è un discorso generale. Parlo con strumentisti bravissimi che mi raccontano tutti le stesse cose sui loro conservatori e relativi prof. Io del mio conservatorio mi lamento a metà. C è disorganizzazione di base, alcuni prof bravi, altri meno (ad insegnare, non a suonare) ma in generale so che se non andassi a cercare altri concetti resterei nell ignoranza più totale...

  • paolo_b3
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19-07-17 09.29

A questo punto lancio, consapevolmente, una provocazione:

senza nulla sapere di scale ed armonia, se mi mettessi a produrre melodie spontanee (con la voce o con uno strumento) su una qualunque base di accordi farei jazz o no?
  • anonimo

19-07-17 09.41

@ paolo_b3
A questo punto lancio, consapevolmente, una provocazione:

senza nulla sapere di scale ed armonia, se mi mettessi a produrre melodie spontanee (con la voce o con uno strumento) su una qualunque base di accordi farei jazz o no?
Dipende

Faresti senza dubbio improvvisazione (inconscia o aleatoria, dipende) ma ricordiamoci che il jazz non è solo improvvisazione (anzi può addirittura esistere del jazz non improvvisato o dove l'improvvisazione prende una parte minore, tipo in certe big bands)

I criteri del jazz sono eminentemente lessicali: pronuncia, uso del processo tensione/risoluzione, uso specifico del cromatismo e delle alterazioni, componente blues etc etc
  • paolo_b3
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19-07-17 09.56

@ anonimo
Dipende

Faresti senza dubbio improvvisazione (inconscia o aleatoria, dipende) ma ricordiamoci che il jazz non è solo improvvisazione (anzi può addirittura esistere del jazz non improvvisato o dove l'improvvisazione prende una parte minore, tipo in certe big bands)

I criteri del jazz sono eminentemente lessicali: pronuncia, uso del processo tensione/risoluzione, uso specifico del cromatismo e delle alterazioni, componente blues etc etc
E quindi dimostriamo ancora una volta la duplice faccia del jazz: la prima faccia sono le regole che vanno attinte dalla "bibliografia" musicale in quanto il jazz è storicizzato. Questa è senza dubbio la parte "facile" dello studio del jazz, facile in quanto tali regole sono precise e definite.
Poi c'è la faccia della sensibilità dell'esecutore, parte che tu sai come insegnare, ma che forse è quella meno prediletta dalla scuola jazz, a quanto mi dite. Però su questa parte si fa la differenza qualitativa dei jazzisti e come hai detto tu, se c'è qualcosa dentro uscirà.
E tralascio volutamente l'innovazione nel jazz, campo paludoso.
  • zaphod
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19-07-17 10.40

se ci fossero i thanks ne metterei uno a Luca per lo spunto che ci ha dato.
Discorso interessante, che si sta sviluppando bene.

Ora non sto a quotare questo o quell'altro, ma volevo fare un paio di considerazioni sulla didattica:
1) il jazz è difficile da insegnare, perché rispetto ad altri stili, ha numerose risposte ad una singola domanda; e le risposte, quando valide, hanno uguale dignità. Molto viene lasciato al gusto degli esecutori.
2) come tutte le cose, quando vengono insegnate da un graduato, sono più comprensibili. E' stato fatto l'esempio americano: beh, una scuola con musicisti diplomati, preparati, e soprattutto selezionati, sicuramente prepara meglio di una scuola con insegnanti bravi ma "fai da te". I musicisti bravi ci sono anche in Italia, alcuni insegnano, altri no, e quelli che insegnano si trovano a volte a dover formulare in parole concetti che nemmeno loro stessi hanno chiari: quando suonano, gli stessi concetti li applicano benissimo e in automatico: ma quando devono spiegarli, la situazione si complica...
3) L'America è la patria del jazz, ci sono tanti musicisti (30 milioni, detto da qualcuno... così tanti???) ma c'è spazio per tutti e soprattutto c'è un'altra mentalità. Qui in Italia i musicisti paiono farsi le scarpe a vicenda; una cosa che ho notato, in particolare con le cantanti: delle vocalist bravissime hanno schiere di allieve, e quando queste si diplomano non sanno cantare jazz. Certe sono proprio galline starnazzanti. Colpa dell'insegnante? Si, ma non perché non sia brava. Intanto, la selezione degli studenti porterebbe ad una drammatica riduzione delle allieve e quindi al rischio di chiusura del corso. Poi, far uscire dalla scuola una brava cantante, significherebbe avere una rivale sulla piazza. Magari sono io prevenuto. Ma ho collaborato con allieve di conservatori jazz che a volte cantavano meglio prima di entrare in conservatorio. A volte a pensar male...
  • SimonKeyb
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19-07-17 12.19

tanti bravi musicisti, pochissimi bravi insegnanti. solo cazzoni arroganti e saccenti, una volta pensavo fosse una "deformazione professionale" dell'ambiente del conservatorio, purtroppo lo riscontro anche in chi esce da istituti privati, spesso con background di dubbia qualità.
  • benjomy
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19-07-17 12.43

@ anonimo
Non ditelo a nessuno ma di solito molti insegnanti di jazz non insegnano (e non fanno praticare allo sfinimento) le tre regole principali:

1) tripartizione della frase
2) si suonano gli accordi e non le scale (tensione e risoluzione)
3) la nota target sul tempo forte (e relative "eccezioni")

Cominciamo ad imparare questo e siamo già al 70% di ciò che serve per improvvisare

Poi aggiungiamo la trascrizione ed analisi di soli famosi, poi i principi di scrittura melodica (il che non vuol dire solo teoria, ma imparare, analizzare e canticchiare ogni frammento melodico di qualunque genere che ci colpisca)

Nel frattempo studiamo armonia, voicings, comping e trascriviamo/analizziamo le soluzioni dei grandi, divise in queste tre macrocategorie:

1) esporre un tema e improvvisarci sopra col piano solo
2) esporre un tema ed improvvisarci sopra in trio
3) accompagnare un solista che espone un tema e ci improvvisa sopra

Impariamo quanti più temi possibili e cerchiamo di saperli esporre in tutte le tonalità

Poi cerchiamo di capire ed interiorizzare i connotati strutturali che caratterizzano i diversi stili di piano jazz (ragtime, stride, boogie, new orleans, swing, bebop, modale etc etc)

Poi alla fine creiamoci un gruppetto e andiamo fuori a suonare...frequentiamo i concerti degli altri musicisti, ascoltiamo, facciamoci dare tutte le dritte possibili...non disdegnamo le jam sessions...

A questo punto facciamo esperimenti, scriviamo i nostri pezzettini, arrangiamo, proviamo soluzioni stilistiche innovative, bizzarre, fondiamo tra di loro stili diversi

Poi, se abbiamo qualcosa dentro, ad un certo punto uscirà
intanto sono passati 7/8 anni.....
emo