Keybed indecenti

  • anonimo
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29-04-17 13.20

@ Tama72
Le case costruttrici hanno margini minori, tutto vero non discuto. Le vecchie tastiere avevano meccaniche migliori, anche questo è vero.
Ma la colpa è da ricercare in voi. Volete sapere il motivo?
Le case costruttrici hanno l'obbiettivo di vendere il più possibile e quando fanno le loro belle ricerche di mercato chiedono e leggono che le richieste dei musicisti è: Ma quanto pesa? Se andate a vedere le caratteristiche del Roland D50 pesava circa 11 kg, la Yamaha dx7 circa 14kg.
Adesso si vuole che pianoforti pesati ( 88 tasti non 61 ) devono pesare 10 kg, e se ne esce una da 8kg viene considerata un autentico gioiello da possedere assolutamente!
La realtà è che i tastieristi degli anni 80 erano uomini duri !!!emo
Uomini con due spalle così !!! Che prendevano la loro Dx7 con custodia ( 16kg ) con un braccio da un lato e il Viscount fk1000 con custodia incorporata da un altro ( circa 30 kg ), e intanto si fumavano la sigaretta. Ovviamente se trovavano delle ragazze si fermavano a parlare senza appoggiare nulla per terra per non rigare le custodie!!!emo
Quindi, la mia proposta per avere meccaniche migliori è la seguente: Lamentarsi di tastiere troppo leggere inventando storie come " stavo suonando un brano di Jerry lee Lewis e mi si è rotta a metà la tastiera, oppure avevo appoggiato il mio synth sul tavolo, mi sono girato e non c'era più! Un colpo di vento se l'è portato via !emo
Vedrete che funziona emo
Credo che in parte hai ragione ed in parte no.

Ci sta che seguano la tendenza ad alleggerire perche' la gente vuole che i synth pesino come un microfono,
pero' c'e' anche una bella fetta di mercato che chiede il solo expander, ma loro per ragioni di profitto hanno smesso di considerare questa tipologia di prodotto.

Penso prevalga l'imposizione del prodotto sul mercato, rispetto alle reali richieste del medesimo.

Poi c'e' del vero in cio' che dici tu : in tempi di crisi, il consumatore preferisce spendere poco ammaliato da display e tasti colorati, e non bada troppo al contenuto.

Io rimango dell'idea che i produttori abbiano razionalizzato i cataloghi.
Quando Roland usci' con la sintesi LA, mise in produzione un catalogo ricchissimo di versioni per tutte le tasche :

MT32 : expander economicissimo, con suoni base ma tra i primi ad essere multitimbrico.
D10 : versione light del D50, con suoni meno ricchi ma multitimbrico (per l'epoca una rivoluzione)
D5 : ha sostituito il D10 con un prezzo piu' basso funzioni simili (non ricordo se avevano aggiunto qualcosa e tolto qualcos'altro).
D20 : Come il D10 ma con sequencer incorporato e floppy disk
D110 : versione expander del D10 e del D20 (ma senza sequencer)
D50 : Top di gamma con i suoni migliori, ma monotimbrico e senza sequencer
D550 (post edit : l'avevo dimenticato).
D70 (uscito dopo) Versione ricca del D50 con rompler derivato dalla serie U e tastiera estesa.

Tutte le versioni a tastiera avevano una keybed piu' che buona.

Come si vede, nel catalogo dell'epoca c'erano prodotti per soddisfare tutte le tasche, in versione keyboard ed expander.

Adesso con tre prodotti si coprono tutte le fasce di prezzo pero' con compromessi spesso inaccettabili.

(anche la serie DX della Yamaha contava diverse versioni per diverse tasche, comprensive di expanders).
  • paolo_b3
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29-04-17 13.53

valenciano ha scritto:
Io rimango dell'idea che i produttori abbiano razionalizzato i cataloghi.
Quando Roland usci' con la sintesi LA, mise in produzione un catalogo ricchissimo di versioni per tutte le tasche :


Io trovo sia più ampia l'offerta di oggi, se andiamo a contare i prodotti a catalogo ad esempio di Roland. Un D50 nel 1988 costava 2.000.000 di lire, circa che erano circa due stipendi e mezzo, cioè circa quello che costa oggi un Nord stage o poco meno. Poi ci sono i prodotti a basso prezzo che ovviamente dovranno offrire meno, ivi inclusa la qualità del prodotto.
  • maxpiano69
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29-04-17 13.58

@ paolo_b3
valenciano ha scritto:
Io rimango dell'idea che i produttori abbiano razionalizzato i cataloghi.
Quando Roland usci' con la sintesi LA, mise in produzione un catalogo ricchissimo di versioni per tutte le tasche :


Io trovo sia più ampia l'offerta di oggi, se andiamo a contare i prodotti a catalogo ad esempio di Roland. Un D50 nel 1988 costava 2.000.000 di lire, circa che erano circa due stipendi e mezzo, cioè circa quello che costa oggi un Nord stage o poco meno. Poi ci sono i prodotti a basso prezzo che ovviamente dovranno offrire meno, ivi inclusa la qualità del prodotto.
+1 e le varie versioni uscirono nell'arco di alcuni anni.
Sulla sparizione degli expander, invece, credo che sia un discorso di numeri.
  • paolo_b3
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29-04-17 14.06

maxpiano69 ha scritto:
+1


A che riguardo? emo

Sugli expanders penso abbia influito la diffusione dei VST
  • Tama72
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29-04-17 14.58

@ anonimo
Credo che in parte hai ragione ed in parte no.

Ci sta che seguano la tendenza ad alleggerire perche' la gente vuole che i synth pesino come un microfono,
pero' c'e' anche una bella fetta di mercato che chiede il solo expander, ma loro per ragioni di profitto hanno smesso di considerare questa tipologia di prodotto.

Penso prevalga l'imposizione del prodotto sul mercato, rispetto alle reali richieste del medesimo.

Poi c'e' del vero in cio' che dici tu : in tempi di crisi, il consumatore preferisce spendere poco ammaliato da display e tasti colorati, e non bada troppo al contenuto.

Io rimango dell'idea che i produttori abbiano razionalizzato i cataloghi.
Quando Roland usci' con la sintesi LA, mise in produzione un catalogo ricchissimo di versioni per tutte le tasche :

MT32 : expander economicissimo, con suoni base ma tra i primi ad essere multitimbrico.
D10 : versione light del D50, con suoni meno ricchi ma multitimbrico (per l'epoca una rivoluzione)
D5 : ha sostituito il D10 con un prezzo piu' basso funzioni simili (non ricordo se avevano aggiunto qualcosa e tolto qualcos'altro).
D20 : Come il D10 ma con sequencer incorporato e floppy disk
D110 : versione expander del D10 e del D20 (ma senza sequencer)
D50 : Top di gamma con i suoni migliori, ma monotimbrico e senza sequencer
D550 (post edit : l'avevo dimenticato).
D70 (uscito dopo) Versione ricca del D50 con rompler derivato dalla serie U e tastiera estesa.

Tutte le versioni a tastiera avevano una keybed piu' che buona.

Come si vede, nel catalogo dell'epoca c'erano prodotti per soddisfare tutte le tasche, in versione keyboard ed expander.

Adesso con tre prodotti si coprono tutte le fasce di prezzo pero' con compromessi spesso inaccettabili.

(anche la serie DX della Yamaha contava diverse versioni per diverse tasche, comprensive di expanders).
Come ha giustamente detto B3 probabilmente gli expander sono diminuiti drasticamente perché sono comparsi i software. Gli expander attuali sono i computer .
  • maxpiano69
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29-04-17 15.25

@ paolo_b3
maxpiano69 ha scritto:
+1


A che riguardo? emo

Sugli expanders penso abbia influito la diffusione dei VST
Riguardo la razionalizzazione dei cataloghi intendevo
  • anonimo

29-04-17 18.41

@ paolo_b3
Cyrano ha scritto:
Costi da considerare:

1) materiale grezzo DIRETTO
2) trasporto dal fornitore all'impianto di produzione INDIRETTO
3) manodopera DIRETTO
4) energia usata (tolte le spese fisse di canoni, abbonamenti etc) DIRETTO
5) allocazione di quota di spese fisse per canoni ed abbonamenti di energia GENERALE
6) allocazione di spese di magazzino INDIRETTO
7) trasporto fino al grossista INDIRETTO
8) allocazione di assicurazioni INDIRETTO
9) deprezzamento ed ammortamenti di macchinari in conto capitale INDIRETTO
10) allocazione di affitti dell'impianto produttivo o ammortamento se l'impianto produttivo è di proprietà INDIRETTO


ma quant'è numericamente?
1) materiale grezzo DIRETTO VARIABILE
2) trasporto del materiale dal fornitore DIRETTO SEMIVARIABILE (diretto in quanto imputabile univocamente al prodotto di cui questo materiale forma la materia prima, semivariabile perchè probabilmente con una componente fissa ed una variabile a seconda di peso/numero di camion etc)
3) Manodopera DIRETTO SEMIVARIABILE (parte fissa costituita da stipendio base etc, parte variabile straordinari etc)
4) Energia DIRETTO SEMIVARIABILE (variabile il consumo, fissi abbonamento etc)
5) allocazione quote fisse energia vedi sopra (parte variabile di spesa diretta semivariabile)
6) allocazione spese di magazzino DIRETTO SEMIVARIABILE (intendo magazzino conto terzi, diretto in quanto se non ci fossero i prodotti non occorrerebbe il relativo spazio in magazzino, semivariabile in quanto composto da parte di locazione fissa e parte variabile a seconda della quantità di prodotto)
7) trasporto fino al magazzino del grossista DIRETTO SEMIVARIABILE (già dettagliato prima)
8) assicurazioni DIRETTO SEMIVARIABILE (intendo l'assicurazione sul trasporto del prodotto, l'assicurazione su eventuali danni che il prodotto potesse causare etc)
9) macchinari in conto capitale: in effetti c'è chi li vede costo INDIRETTO FISSO, ma la scuola di harvard sostiene che se vanno incontro a deprezzamento (ovvero si consumano nel produrre i prodotti) sono anche loro costo DIRETTO FISSO per la loro quota di ammortamento...comunque visto il dubbio togliamoli
10) affitti del locale di produzione: come sopra

Sulle spese capex un giorno warren buffett disse: ma perchè l'ammortamento del capex va dopo l'ebit? Secondo voi il costo del capex lo paga la fatina dei denti?emo
  • anonimo
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29-04-17 19.21

paolo_b3 ha scritto:
Un D50 nel 1988 costava 2.000.000 di lire, circa che erano circa due stipendi e mezzo, cioè circa quello che costa oggi un Nord stage o poco meno.


Attenzione a fare i paragoni.
All'epoca il D50 costava due stipendi e mezzo, ma con un costo della vita molto piu' basso (o potere d'acquisto nettamente piu' alto). Di conseguenza quasi tutti riuscivano a risparmiare ed avere la possibilita' di scegliere come spendere.
Basti pensare che c'era chi cambiava tutti i mobili ogni tre quatto anni, poi c'era chi aveva la seconda casa (la prima si comprava senza mutuo), e nonostante cio', quella generazione riusciva ad avere anche dei risparmi per aiutare i figli che si sposavano.
All'epoca del D50, gli affitti erano meno cari (neppure un terzo dello stipendio) non c'era l'ICI, il metano costava cifre ridicole, la tassa rifiuti era un'inezia ecc.. tutti avevano un lavoro fisso (il precariato non esisteva) e gran parte degli italani riusciva a risparmiare.
Quindi i due milioni dell'epoca erano meno cari del corrispettivo di oggi. (o valevano molto di piu').

  • anonimo

29-04-17 22.51

Mi permetto un piccolo modello di conto economico per chiarire quali siano i costi fissi, quelli variabili, quelli diretti e quelli indiretti

VENDITE NETTE (già depurate di sconti e resi) -

COSTI DIRETTI VARIABILI DI PRODUZIONE (direttamente imputabili ad ogni singola unità del prodotto in questione)
- materie prime
- componenti
- prodotti finiti
- lavorazione di terzi
- prima logistica (packaging, parte variabile di trasporti ed immagazzinamento)
- altri costi di produzione (parte variabile di elettricità, gas, acqua, assicurazioni etc)

= PRIMO MARGINE (altrimenti detto MARK UP) -

COSTI DIRETTI VARIABILI DI GESTIONE (direttamente imputabili ad ogni unità del prodotto in questione)
- costi variabili commerciali (provvigioni etc)
- costi variabili di gestione (fatturazione, seconda logistica etc)
- altri costi variabili di gestione

= MARGINE DI CONTRIBUZIONE LORDO -

COSTI FISSI DIRETTI (direttanente allocabili al prodotto ma indipendenti dalla quantità di unità prodotte)
- costi fissi diretti di produzione (per esempio parte fissa dell'abbonamento ad elettricità, gas, affitti, leasing, deprezzamento dei macchinari, ricambi etc)
- costi fissi diretti commerciali (accantonamenti per liquidazioni, buonuscite, spese di marketing e pubblicità, stipendi di personale commerciale pienamente dedicato non a provvigione etc)
- costi fissi diretti amministrativi (stipendi personale amministrativo pienamente dedicato, materiale amministrativo sia in capex che di consumo pienamente dedicato, software pienamente dedicato, licenze per IP, costi regolatori etc)

= MARGINE DI CONTRIBUZIONE NETTO (altrimenti detto margine industriale) -

QUOTA IMPUTABILE DEI COSTI OPERATIVI FISSI INDIRETTI
- Quota dei costi generali fissi di produzione (affitti, leasing o capex non esclusivi del prodotto)
- quota dei costi generali commerciali (stipendi personale commerciale operante su più prodotti etc)
- quota dei costi generali fissi amministrativi (stipendi personale amministrativo operante su più prodotti, affitti o leasing di uffici etc)

- quota di altri costi generali fissi

= REDDITO OPERATIVO
  • anonimo

29-04-17 22.54

Quindi è facile capire che il dato che ci interessa è il margine di contribuzione netto, e c'è dentro un sacco di roba
  • Dvd
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29-04-17 23.21

E pensare a circa 15 anni fa si considerava la tastiera della Triton le (che comprai) una tastiera indecente, insuonabile, plasticosa, etc etc. Sicuramente non era tra le migliori meccaniche ma quelle di delle nuove Fa e moxf sono sicuramente a un livello ancora più basso.
Da poco possessore della moxf6 però devo dire che la meccanica e la suonabilità di questa non la trovo così male mentre sono rimasto profondamente turbato in negativo provando la Fa06, cosa questa che sembra andare controcorrente che le altre opinioni espresse.
Di certo posso dire che la migliore synth action sulle tastiere avute me la sono ritrovata a bordo dell' Ensoniq TS10 che, sempre a mio parere, è spanne avanti anche a Korg M3 73, anche questa in mio possesso. Un calo di qualità quindi sia sui modelli economici che su quelli di punta. Una volta prendendo il top di gammapotevi dire di avere una signora tastiera, adesso puoi dire di avere una tastiera "meno peggio" delle altre!emo
  • paolo_b3
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30-04-17 00.33

@ anonimo
Quindi è facile capire che il dato che ci interessa è il margine di contribuzione netto, e c'è dentro un sacco di roba
Ci sono alcuni punti su cui dovremmo approfondire, mio caro amico, ma perderemmo di vista l'obiettivo del mio pensiero:

a conti fatti se il prodotto non deve scontare zavorre di costi di ammortamento, cioè quei costi che sono stati sostenuti prima di mettere in produzione la serie, l'elevato margine di contribuzione del prodotto lascia campo libero al produttore di fare politica commerciale. A questo punto non è costretto ad inseguire il bisogno primario del cliente a cui si rivolge il prodotto nella speranza di diventare appetibile, lo può fare semplicemente sulla base della riduzione del prezzo. Pensate a che prezzo si poteva comperare un pianoforte digitale 20 anni fa (tipo il mitico RD500?)e a quanto si compera oggi.
Da qui si può trarre, a mio parere, una risposta (non l'unica) ai tanti perchè delle politiche attuate dalle case produttrici, in materia di posizionamento del prodotto.

In poche parole: probabilmente della qualità del prodotto non frega più niente a nessuno, deve solo essere garantito il margine operativo dell'azienda.

emo
  • paolo_b3
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30-04-17 00.42

@ anonimo
paolo_b3 ha scritto:
Un D50 nel 1988 costava 2.000.000 di lire, circa che erano circa due stipendi e mezzo, cioè circa quello che costa oggi un Nord stage o poco meno.


Attenzione a fare i paragoni.
All'epoca il D50 costava due stipendi e mezzo, ma con un costo della vita molto piu' basso (o potere d'acquisto nettamente piu' alto). Di conseguenza quasi tutti riuscivano a risparmiare ed avere la possibilita' di scegliere come spendere.
Basti pensare che c'era chi cambiava tutti i mobili ogni tre quatto anni, poi c'era chi aveva la seconda casa (la prima si comprava senza mutuo), e nonostante cio', quella generazione riusciva ad avere anche dei risparmi per aiutare i figli che si sposavano.
All'epoca del D50, gli affitti erano meno cari (neppure un terzo dello stipendio) non c'era l'ICI, il metano costava cifre ridicole, la tassa rifiuti era un'inezia ecc.. tutti avevano un lavoro fisso (il precariato non esisteva) e gran parte degli italani riusciva a risparmiare.
Quindi i due milioni dell'epoca erano meno cari del corrispettivo di oggi. (o valevano molto di piu').

La tua analisi è condivisibile, sebbene lo sforzo economico di acquistare un D50 all'epoca non sia paragonabile a quello di acquistare oggi una FA06, ma in ogni caso è un ragionamento che vale credo solo in Italia.

E poi D50 rappresentò una rivoluzione copernicana, forse il prodotto più innovativo lanciato sul mercato delle tastiere elettroniche in quel decennio. Va in ogni caso incasellata come strumento di prima fascia.
  • anonimo

30-04-17 09.57

@ paolo_b3
Ci sono alcuni punti su cui dovremmo approfondire, mio caro amico, ma perderemmo di vista l'obiettivo del mio pensiero:

a conti fatti se il prodotto non deve scontare zavorre di costi di ammortamento, cioè quei costi che sono stati sostenuti prima di mettere in produzione la serie, l'elevato margine di contribuzione del prodotto lascia campo libero al produttore di fare politica commerciale. A questo punto non è costretto ad inseguire il bisogno primario del cliente a cui si rivolge il prodotto nella speranza di diventare appetibile, lo può fare semplicemente sulla base della riduzione del prezzo. Pensate a che prezzo si poteva comperare un pianoforte digitale 20 anni fa (tipo il mitico RD500?)e a quanto si compera oggi.
Da qui si può trarre, a mio parere, una risposta (non l'unica) ai tanti perchè delle politiche attuate dalle case produttrici, in materia di posizionamento del prodotto.

In poche parole: probabilmente della qualità del prodotto non frega più niente a nessuno, deve solo essere garantito il margine operativo dell'azienda.

emo
Certamente il campo della contabilità analitica in forma scalare è smisurato e pieno di elementi non standardizzati o addirittura controversi...emo

Comunque, ad una prima analisi ho l'impressione che il primo margine non sia più di tanto ottimizzabile (bisognerebbe vedere quanto incidono le materie prime e se i componenti ed i terzisti sono più cari o meno cari di una volta, e se la globalizzazione della produzione riesce a tener basso il costo del lavoro)

Quello che impatta sul margine di contribuzione netto (e ancor di più sul margine operativo) sono:
1) il costo della SG&A (marketing, pubblicità, amministrazione etc) che secondo me oggi incidono molto più di un tempo
2) la necessità di trovare il punto di equilibrio adeguato tra prezzo del bene e numero di unità vendute: con un prezzo alto si otterrebbero dei margini più elevati percentualmente, ma si venderebbero meno unità ottenendo quindi un profitto in valuta più basso...con un prezzo basso si avrebbero margini più bassi percentualmente, ma vendendo più unità il profitto globale salirebbe...c'è dunque un prezzo ideale, da calcolarsi matematicamente, che ottimizza margine percentuale ed unità vendute per offrire il profitto in valuta più alto
3) l'impatto di nuove realtà competitive (tipo i vst) sul mercato
4) i bisogni del consumatore target: se voglio vendere sostanzialmente a dei professionisti, dovrò offrire prodotti di alta qualità, ne venderò pochi ma ad alto margine...se il mio target è l'amatore, che spesso non coglie neanche la differenza che esiste tra una keybed buona ed una ciofeca, farò prodotti dove risparmio al massimo sulle caratteristiche di cui al consumatore non frega niente, ne vendo molte unità con un margine percentuale più basso

Come vediamo, non è un'analisi semplice
  • paolo_b3
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30-04-17 10.24

@ anonimo
Certamente il campo della contabilità analitica in forma scalare è smisurato e pieno di elementi non standardizzati o addirittura controversi...emo

Comunque, ad una prima analisi ho l'impressione che il primo margine non sia più di tanto ottimizzabile (bisognerebbe vedere quanto incidono le materie prime e se i componenti ed i terzisti sono più cari o meno cari di una volta, e se la globalizzazione della produzione riesce a tener basso il costo del lavoro)

Quello che impatta sul margine di contribuzione netto (e ancor di più sul margine operativo) sono:
1) il costo della SG&A (marketing, pubblicità, amministrazione etc) che secondo me oggi incidono molto più di un tempo
2) la necessità di trovare il punto di equilibrio adeguato tra prezzo del bene e numero di unità vendute: con un prezzo alto si otterrebbero dei margini più elevati percentualmente, ma si venderebbero meno unità ottenendo quindi un profitto in valuta più basso...con un prezzo basso si avrebbero margini più bassi percentualmente, ma vendendo più unità il profitto globale salirebbe...c'è dunque un prezzo ideale, da calcolarsi matematicamente, che ottimizza margine percentuale ed unità vendute per offrire il profitto in valuta più alto
3) l'impatto di nuove realtà competitive (tipo i vst) sul mercato
4) i bisogni del consumatore target: se voglio vendere sostanzialmente a dei professionisti, dovrò offrire prodotti di alta qualità, ne venderò pochi ma ad alto margine...se il mio target è l'amatore, che spesso non coglie neanche la differenza che esiste tra una keybed buona ed una ciofeca, farò prodotti dove risparmio al massimo sulle caratteristiche di cui al consumatore non frega niente, ne vendo molte unità con un margine percentuale più basso

Come vediamo, non è un'analisi semplice
Non è mai un analisi semplice da fuori, esatto, ma da quello che vedo credo che siano prodotti che hanno a tutt'oggi un elevato margine di contribuzione. Poichè oggi il "sintetizzatore" è una macchina virtuale, i costi di produzione sono bassi e il vero investimento, la proprietà intellettuale, è già ampiamente ammortizzato.
Questo ha permesso l'ingresso di nuovi produttori come Clavia che produce in Svezia o Access che produce in Germania, ma che sono confinati al prodotto di fascia alta.
I grossi produttori invece vogliono tutto il mercato, e lo possono avere grazie all'economia di scala ed alla disponibilità del basso costo del lavoro. Quindi immettono sul mercato la macchina top di gamma e delle sotto-versioni gradualmente impoverite e svuotate di funzionalità e di qualità, cosicchè con un solo investimento coprono tutte le fasce di mercato.

Tutto questo volo pindarico per dare una mia risposta, criticabilissima, a chi si domandava come mai ci sono in giro delle keybed indecenti, parimenti come mai non hanno messo la porta MIDI sul P115. emo
  • anonimo
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30-04-17 11.08

paolo_b3 ha scritto:
La tua analisi è condivisibile, sebbene lo sforzo economico di acquistare un D50 all'epoca non sia paragonabile a quello di acquistare oggi una FA06, ma in ogni caso è un ragionamento che vale credo solo in Italia.


Per certi versi, oggi e' piu' difficile comprare un FA06 nuovo che un D50 a quei tempi, per i motivi che ho espresso (mia opinione).
Il ragionamento vale solo in Italia, perche' in gran parte dei paesi UE, la perdita di potere d'acquisto e' stata decisamente meno grave.

paolo_b3 ha scritto:
E poi D50 rappresentò una rivoluzione copernicana, forse il prodotto più innovativo lanciato sul mercato delle tastiere elettroniche in quel decennio.


Erano i tempi in cui le case si facevano reale concorrenza, e questa si rifletteva sull'innovazione del prodotto.

Il D50 fu la risposta Roland al DX7 che aveva rivoluzionato il mondo dei sintetizzatori non a campione, spezzando la monotonia dei troppi sintetizzatori a sottrattiva con la rivoluzionaria FM, e con la sua struttura LA e le prime forme d'onda digitali, il D50 apri' la strada ai sintetizzatori a campioni, pur non essendo un rompler.

Forse l'unico aspetto negativo di quei tempi, era che il mercato dell'usato era meno vivo perche' la maggioranza andava prevalentemente sul nuovo.
Se volevi cambiare strumento, l'usato veniva ritirato a prezzi molto bassi anche se era recente (complice anche la continua innovazione ecc.).



  • anonimo
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30-04-17 11.10

@ anonimo
Certamente il campo della contabilità analitica in forma scalare è smisurato e pieno di elementi non standardizzati o addirittura controversi...emo

Comunque, ad una prima analisi ho l'impressione che il primo margine non sia più di tanto ottimizzabile (bisognerebbe vedere quanto incidono le materie prime e se i componenti ed i terzisti sono più cari o meno cari di una volta, e se la globalizzazione della produzione riesce a tener basso il costo del lavoro)

Quello che impatta sul margine di contribuzione netto (e ancor di più sul margine operativo) sono:
1) il costo della SG&A (marketing, pubblicità, amministrazione etc) che secondo me oggi incidono molto più di un tempo
2) la necessità di trovare il punto di equilibrio adeguato tra prezzo del bene e numero di unità vendute: con un prezzo alto si otterrebbero dei margini più elevati percentualmente, ma si venderebbero meno unità ottenendo quindi un profitto in valuta più basso...con un prezzo basso si avrebbero margini più bassi percentualmente, ma vendendo più unità il profitto globale salirebbe...c'è dunque un prezzo ideale, da calcolarsi matematicamente, che ottimizza margine percentuale ed unità vendute per offrire il profitto in valuta più alto
3) l'impatto di nuove realtà competitive (tipo i vst) sul mercato
4) i bisogni del consumatore target: se voglio vendere sostanzialmente a dei professionisti, dovrò offrire prodotti di alta qualità, ne venderò pochi ma ad alto margine...se il mio target è l'amatore, che spesso non coglie neanche la differenza che esiste tra una keybed buona ed una ciofeca, farò prodotti dove risparmio al massimo sulle caratteristiche di cui al consumatore non frega niente, ne vendo molte unità con un margine percentuale più basso

Come vediamo, non è un'analisi semplice
Hai dimenticato l'aumento del costo della F... emo
  • maxpiano69
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30-04-17 12.20

valenciano ha scritto:
Per certi versi, oggi e' piu' difficile comprare un FA06 nuovo che un D50 a quei tempi, per i motivi che ho espresso (mia opinione).
Il ragionamento vale solo in Italia, perche' in gran parte dei paesi UE, la perdita di potere d'acquisto e' stata decisamente meno grave.


Appunto ma qui stiamo ragionando in generale e dal punto di vista di produttori che di sicuro nonhanno come riferimento principale il mercato italiano, quindi evidentemente le scelte sono guidate da altro.
  • anonimo
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30-04-17 20.41

@ maxpiano69
valenciano ha scritto:
Per certi versi, oggi e' piu' difficile comprare un FA06 nuovo che un D50 a quei tempi, per i motivi che ho espresso (mia opinione).
Il ragionamento vale solo in Italia, perche' in gran parte dei paesi UE, la perdita di potere d'acquisto e' stata decisamente meno grave.


Appunto ma qui stiamo ragionando in generale e dal punto di vista di produttori che di sicuro nonhanno come riferimento principale il mercato italiano, quindi evidentemente le scelte sono guidate da altro.
Leggiti i commenti sulle keybed nei forum stranieri : sono piu' scandalizzati di noi, quindi hanno preso come riferimento i loro mercati solo sui prezzi, ma non sulla qualita'.



  • maxpiano69
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30-04-17 22.28

@ anonimo
Leggiti i commenti sulle keybed nei forum stranieri : sono piu' scandalizzati di noi, quindi hanno preso come riferimento i loro mercati solo sui prezzi, ma non sulla qualita'.



Io mi riferivo al tuo discorso sul potere d'acquisto, non sono d'accordo che comprare oggi una FA06 sia piú oneroso che comprare un D50 all'epoca ma forse dovremmo paragonare il D50 di allora al Jupiter 80 di oggi(?); in generale a me sembra invece che oggi le tastiere siano economicamente piú accessibili che in passato (purtroppo anche a scapito della qualitá, specie sui prodotti di fascia bassa e anche media)