Suonare Bebop

  • anonimo

07-09-17 08.06

Il bebop mi è sempre piaciuto. Molto.

Mio padre era un discreto appassionato di jazz, ed aveva una piccola ma scelta discografia in cui accanto a Sinatra, Benny Goodman e qualche altra orchestrona di swing, il bop primigenio, duro e puro, aveva un posto di riguardo.

Però il mio primo, timido approccio al jazz “suonato” avvenne dopo essere stato fulminato dallo sceneggiato televisivo di Pupi Avati “Jazz Band”, messo in onda sulla vecchia cara RAI 1 nel 1978; quindi i miei acerbi esperimenti erano ovviamente in salsa dixieland, un miscuglio un po’cacofonico di Gershwin, Morton, ragtime e più tardi Earl Hines.

Ma continuavo cocciutamente ad ascoltare bebop: Parker, Gillespie, Monk, Fats Navarro, Clifford Brown (sì, mi piace la tromba), Bud Powell… però non capivo come si faceva a suonarlo.

Mi comprai decine di libri (internet non c’era ancora), e le mie idee si fecero ancor più confuse: studiare i patterns, il rapporto tra modi ed accordi, l’armonia funzionale, il lydian chromatic concept, tensione e risoluzione di Johnny Amadie... non ci capivo più niente!

Un amico mi suggerì quella che secondo lui era la strategia più fruttuosa: trascrivere ed analizzare gli assoli di Parker, magari aiutandosi con l’Omnibook; cosa che feci e che in effetti non fu del tutto inutile, alcuni concetti li interiorizzai, ma quello che non riuscivo a fare era costruire una frase completa, perfetta, melodica e filante: in poche parole, le mie frasi erano accrocchi contorti di tensioni e risoluzioni senza né capo né coda, piene di tre o quattro clichés parkeriani ripetuti all’infinito…insomma, roba noiosa e poco musicale.

Fosse la frustrazione, fosse la gioventù e la voglia di essere “cool”, mi rivolsi allora al modale più spinto (con punte quasi free jazz); nonostante il tutto fosse, col senno di poi, piuttosto aleatorio, pesante e pretenzioso, imparai dei concetti importantissimi, come la costruzione della frase con il principio della ripetizione/variazione, la capacità di gestire l’architettura complessiva di un assolo, il lirismo e la struttura…ma bebop, niente…non ci riuscivo proprio.

Sfortunatamente, i miei successi come “pianista moderno” (invito ad Umbria Jazz, crescenti richieste di suonare nei localini e nei jazz club liguri, sfrontata adulazione di un paio di giornalisti musicali “modernisti”) mi avevano stupidamente fatto sentire “arrivato”, e il mio vecchio amore per il bebop lo misi in soffitta ad ammuffire insieme ad altri sogni ormai da tempo abbandonati.

Il primo punto di svolta avvenne quando ebbi la grande fortuna di incontrare Andea Pozza, il quale, con estrema generosità e gentilezza, mi fece ragionare sui punti forti e su quelli deboli del mio modo di improvvisare e mi fornì un paio di strategie estremamente valide per migliorare; soprattutto quella che a me risultò veramente utile fu l’esercizio del “walking man”, ovvero il battere i quarti con la mano sinistra e suonare le frasi con la destra con l’idea del relax di un uomo che va a zonzo senza pensieri.

Questo esercizio in apparenza stupido e banale sortì due effetti incredibili: lo swing ed il senso ritmico aumentarono esponenzialmente, ma migliorò anche la capacità di costruire frasi più articolate e musicalmente valide, forse per il senso di sicurezza e spazio offerto dal sentirsi perfettamente “appoggiati” su un ritmo che scorre leggero e senza sforzo, forse per il fatto che l’attenzione era focalizzata sulla pulsazione ritmica e le frasi uscivano in maniera quasi “subconscia”.
  • anonimo

07-09-17 08.06

Comunque, anche dopo questi studi c’era sempre qualcosa che non mi tornava: le frasi non correvano, avevano sempre un che di povero e zoppicante…

La seconda rivoluzione copernicana, lo ammetto senza falsa modestia, é tutta farina del mio sacco.

Ero in aeroporto per un viaggio d'affari, e dovevo passare parecchio tempo prima di prendere la coincidenza che da London City mi avrebbe portato al Charles de Gaulle di Parigi; avevo già bevuto tutte le birre che potevo, sonno non ne avevo, avevo stupidamente dimenticato di mettere in valigia qualche libretto di fantascienza con cui ammazzare i tempi morti, insomma non sapevo proprio cosa fare.

Mi misi allora a riflettere su un paio di cose che, pur avendo sempre saputo, avevo sempre per così dire “snobbato”: il fatto che talvolta il problema nel fare una bella frase bebop consiste nel sapere come iniziarla e come, e quando, finirla.

Mi si accese una lampadina in testa, e gridai: “eureka!” (guadagnandomi le occhiatacce degli altri passeggeri, e meno male che non c’erano sbirri in giro se no sentendo gridare una parola straniera chissà cosa avrebbero pensato)…

Posto il problema in questi termini, la soluzione si imponeva semplice e lampante: bisognava scindere lo studio della frase in tre momenti: come iniziare la frase, come svilupparla e come terminarla.

Applicando questo metodo allo studio degli assoli dei grandi, scoprii alcune cose interessantissime:

1) Una frase inizia quasi sempre con una nota dell’accordo sottostante (I, III, V, 7, ma anche più raramente 9 ed 11 o anche V, 9 e 13 alterate in caso di accordi alterati) suonata sul battere

2) Questa nota iniziale “cardine” può essere preceduta da abbellimenti vari (appoggiature semplici, doppie o multiple, aggiramenti cromatici semplici o complessi eccetera), ma la cosa importante, fondamentale è che la frase inizi convergendo su una nota dell’accordo suonata sul battere (ci sono poi ovviamente molte eccezioni, ma per imparare a costruire una frase che non zoppichi è meglio inizialmente attenersi alla regola)

3) Lo sviluppo della frase si gioca su alcuni concetti basici (che vanno approcciati e studiati separatamente):
a. suonare le note dell’accordo sul battere, ma inserire con giudizio qualche tensione (appoggiature, aggiramenti cromatici) che “sposti” per un istante le note dell’accordo sul levare senza strafare e ritornando immediatamente alla nota dell’accordo sul battere
b. alternare scale, arpeggi e clusters
c. saper invertire la direzione
d. saper passare senza esitazioni da un’armonia all’altra nel bel mezzo della frase

4) La conclusione della frase dev’essere voluta, forte, determinata: quando lo sviluppo di una frase è esaurito, bisogna evitare di menare il can per l’aia e far spegnere la frase a casaccio. Questo obiettivo si ottiene esercitandosi su frasi piuttosto brevi e semplici, concentrandosi più sulla forza della conclusione che sulla bellezza dello sviluppo

5) La conclusione di solito è su una nota dell’accordo ma spesso suonata sul tempo debole oltre che su quello forte

6) La nota conclusiva può essere preceduta da abbellimenti vari (appoggiature, aggiramenti cromatici)

7) In sostanza, il trucco è spezzare la frase nei suoi tre momenti (inizio, sviluppo e conclusione) ed esercitarsi singolarmente e specificamente su ogni elemento (ed anche sui sotto-elementi, tipo invertire la direzione, alternanza scala arpeggio eccetera)… e dopo un po’ di studio siffatto, provare a mettere tutto insieme
  • anonimo

07-09-17 08.07

Tornato a casa, mi misi al lavoro: in pochi mesi la mia capacità di suonare frasi bebop variate, musicali, ritmicamente fluenti e sensate migliorò più che in tutti gli anni di studio precedenti (e vi assicuro che erano tanti).

Mi accorsi anche che questo tipo di studio rendeva più semplice e piacevole approcciare le frasi in tutte le tonalità, sviluppando la capacità di essere un pianista completo, capace di sfangarsela in tutte le situazioni.

Ma l’ultima cosa che mi venne in mente fu: ma perché nessuno me l’ha mai detto? Perché ho dovuto sprecare vent’anni e più a studiare cose inutili, a brancolare nel buio, a perder tempo ed energie dietro a sistemi e concetti incompleti e spesso fuorvianti?

È per questo che ho pensato che condividere queste idee e questo approccio di studio potrebbe risparmiare a qualche musicista il “calvario” nel quale io sono dovuto passare, ben conscio che questo non è l’unico sistema che funziona, ma fiducioso che sia un sistema valido, rapido ed alla portata di tutti, non solo dei talentuosi dotati di orecchio assoluto e naturale predisposizione.

Ma alla fine voi mi direte: perché imparare a improvvisare in stile bebop? E se io volessi suonare modale, rock, prog, heavy metal?

La risposta è semplice: il fraseggio bebop è uno dei sistemi improvvisativi più completi, flessibili e profondi che siano mai stati creati, e chi lo padroneggia potrà sviluppare con estrema facilità altri approcci improvvisativi, apparentemente lontani mille miglia dal bebop; e se oltre al bebop uno si mettesse in grado di approfondire anche il fraseggio blues ed il fraseggio modale…allora non ci sono più limiti, se non il cielo e la profondità della propria anima.

Iniziare la frase

Eccoci qua: il tema lo hanno esposto, sax e tromba hanno fatto il loro assolo ed adesso tocca a noi…e cosa facciamo? Come iniziamo?

All’inizio, ci sentiamo spersi, confusi; iniziamo un po’a casaccio, buttando le mani sullo strumento, tirando fuori qualche nota tanto per rompere il ghiaccio…poi, con l’esperienza e con il mestiere, impariamo a tenerci sempre a portata di mano un riff, un pattern che “vada bene” per iniziare ogni brano della nostra scaletta…e poi, che dio ce la mandi buona.

I più smaliziati e talentuosi imparano ad ascoltare la fine dell’assolo precedente ed a trarne delle idee per iniziare il loro solo senza interrompere il flusso…ma comunque cambia poco, il nostro “inizio di frase” sarà sempre un po’ stentato, meccanico, ripetitivo e confusionario.

La soluzione allora qual è?
  • anonimo

07-09-17 08.07

La nota target

La soluzione è così semplice ed elementare che a tutta prima, dopo averla ipotizzata e valutata, stentavo a crederci pure io: suonare una nota dell’accordo su un tempo forte.

Cosa?! Mi direte voi…impossibile! Invece non solo è possibile ma, se analizziamo gli assoli dei grandi, il 90% iniziano così (mettendo per un momento il carro davanti ai buoi, possiamo dire che iniziano con una nota dell’accordo sul tempo forte preceduta da un abbellimento).

Ecco che abbiamo fatto conoscenza con la nostra prima, fedele amica: la nota target.

La nota target non è altro che una nota dell’accordo dell’armonia sottostante; se prendiamo per esempio il mini-giro armonico Dm7|G7|Cmaj7|Cmaj7, sul primo accordo le note target possibili saranno senz’altro la I^, la III^ minore e la V^ giusta (D, F e A), spesso la VII^ minore (C) e talvolta l’11^ giusta e persino la 13^ maggiore.

Perché le chiamo note target, mi chiederete? Perché, come vedremo subito dopo, oltre che “metterle giù” direttamente posso farle precedere da una preparazione (appoggiatura semplice e multipla, aggiramenti vari diatonici e cromatici ed altro ancora) che “mira” alla nota in questione, che diventa un po’ il “bersaglio” (target) dell’abbellimento.

Ma torniamo a quello che stavamo dicendo: il primo esercizio sarà quello di saper mettere sul primo accordo una delle note target su ognuno dei tempi forti (uno, due, tre e quattro); per esempio, sempre considerando il giro armonico di prima, suoneremo un D sul primo tempo, o un F sul primo tempo, o un D sul secondo tempo e così via.

Per ora non c’è bisogno di fare altro, solo di diventare implacabili nel saper “calare” la nota giusta sul tempo giusto (il tempo forte)…il tutto per ogni tonalità ed inizialmente almeno per ogni accordo maj7, min7 e 7.

Sediamoci al nostro pianoforte, con la sinistra battiamo su ogni quarto una quadriade di Dm7 (e poi Ebmin7, e poi Emin7 eccetera…e poi Dmaj7, Ebmaj 7…e così via) ed esercitiamoci a “calare” ogni nota target su ogni tempo forte della battuta, implacabilmente, senza esitazioni, in maniera solida e rilassata.
  • anonimo

07-09-17 08.08

La preparazione

Adesso che siamo capaci di “metter giù” con precisione ogni possibile nota target su qualunque tempo forte della battuta, è venuto il momento di introdurre la nostra seconda grande amica: la preparazione.
La preparazione non è altro che un insieme di note (da una a più di quattro o cinque) che precedono la nota target creando una tensione (forte o debole, diatonica o cromatica, semplice o complessa) di cui la nota target costituisce appunto la risoluzione.

La nota un semitono sotto alla nota target, o un semitono sopra, o un tono sopra o sotto, o due note una sopra ed una sotto alla nota target (note diatoniche o cromatiche) o ancora un insieme di note variamente disposte che creino una tensione, un movimento che si risolve appunto quando, sul tempo forte, appare la nota target: ecco cos’è la preparazione.

È un po’ come tirare una bilia in una buchetta conica: inizialmente rimbalzerà a destra e a sinistra, oppure girerà sempre più lenta sul bordo ma finirà comunque per cadere sul fondo della buca.

Si possono affrontare e studiare le decine di preparazioni possibili in maniera sistematica, creandole a tavolino, suonandole e poi scartando quelle che non ci piacciono; si possono ascoltare i soli che dei nostri musicisti preferiti e trarne preparazioni a bizzeffe; si possono trovare ad orecchio; ma quello che conta è che la preparazione risolva sempre, senza difetto, su una nota target suonata su un tempo forte.

È vero, in alcuni casi possiamo trovare inizi di frase eccellenti in cui la nota target cadrà su un tempo debole, ma oltre al fatto che si tratta di eccezioni non rarissime ma neppure tanto comuni, il concetto è che prima di spingersi in approcci ritmici che, se non ben padroneggiati, rischiano di produrre frasi zoppicanti ed incerte, bisogna padroneggiare la regola base: preparazione seguita da nota target che cade sul tempo forte.

Una precisazione: inizialmente, costruiremo le nostre frasi esclusivamente con ottavi (più o meno swinganti a seconda del contesto, della velocità e del nostro gusto personale), poi piano piano introdurremo sincopi, terzine, gruppi irregolari eccetera; ma per ora, le nostre frasi saranno frasi di ottavi.

Mettiamo subito in chiaro che non è obbligatorio iniziare la frase con una preparazione seguita dalla nota target, si può benissimo iniziare subito con la nota target non preparata, ma è evidente ed ovvio che se iniziassimo ogni frase in questa maniera correremmo il rischio di suonare noiosi e semplicistici.
  • anonimo

07-09-17 08.08

Digressione numero 1: i tre livelli dell’apprendimento

Forse vi starete dicendo, tra voi e voi: ma questo sistema è meccanico, artefatto, poco musicale…troppe regole, troppi calcoli da fare!

È qui che vorrei proporvi una riflessione più generale sul modello di apprendimento musicale che, a mio avviso, si applica benissimo a questo sistema d’improvvisazione.

Da parecchio tempo ho notato, grazie ai miei studi ma anche ai commenti ed alle reazioni dei miei (pochi) allievi, che l’apprendimento musicale passa quasi sempre attraverso tre stadi: conoscenza teorica, conoscenza meccanica e conoscenza intima.

Per esempio, applicando questo modello al sistema di improvvisazione che stiamo studiando, inizialmente suoneremo certe note perché sappiamo che, in teoria, sono quelle giuste da suonare; dopo un certo tempo, questi processi ci “entreranno nelle dita” e non dovremo più stare a pensare alle regole ed al sistema (occhio però che è facile impantanarsi in questo livello e restare per sempre degli “schiacciatori di tasti” e non dei veri musicisti); alla fine, il sistema sarà talmente interiorizzato in noi che seguiremo solo la sonorità, il flusso melodico, l’espressione artistica: sarà diventato naturale come camminare, come guidare, come parlare.
  • maxpiano69
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07-09-17 08.14

Potremmo reintitolare questo fantastico post "Revelations" emo

La riflessione sui 3 stadi dell'apprendimento mi sono ritrovato a farla spesso anche io e secondo me vale in tutti i campi, ad esempio nello sport: pensiamo ad un giocatore di tennis o di basket o... (rimango su sport che conosco ed ho "studiato" e praticato, ma vale per tutti); si studiano i cosidetti "fondamentali", prima lentamente e meccanicamente per poi via via, con l'allenamento, cominciare a sentirli sempre piú "naturali" e poi ... poi c'é la partita e quando devi fare un tiro in sospensione o piazzare una voleé tu esegui il gesto in maniera pressoché istintiva, perché ormai é parte del tuo "bagaglio tecnico" e devi farlo in un istante quindi non é che in quel momento puoi permetterti di pensare ai dettagli teorici sul "come farlo a regola d'arte" emo

Ovviamente gli automatismi necessitano di essere praticati con costanza ed allenati, se si vuole mantenerli vivi e "pronti all'uso", magari anche estendendoli con nuove tecniche nel tempo; lo stesso vale nella musica.
  • MiLord
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07-09-17 09.06

Cyrano ha scritto:
Ma continuavo cocciutamente ad ascoltare bebop: Parker, Gillespie, Monk, Fats Navarro, Clifford Brown (sì, mi piace la tromba), Bud Powell… però non capivo come si faceva a suonarlo.

Mi comprai decine di libri (internet non c’era ancora), e le mie idee si fecero ancor più confuse: studiare i patterns, il rapporto tra modi ed accordi, l’armonia funzionale, il lydian chromatic concept, tensione e risoluzione di Johnny Amadie... non ci capivo più niente!

Un amico mi suggerì quella che secondo lui era la strategia più fruttuosa: trascrivere ed analizzare gli assoli di Parker, magari aiutandosi con l’Omnibook; cosa che feci e che in effetti non fu del tutto inutile, alcuni concetti li interiorizzai, ma quello che non riuscivo a fare era costruire una frase completa, perfetta, melodica e filante: in poche parole, le mie frasi erano accrocchi contorti di tensioni e risoluzioni senza né capo né coda, piene di tre o quattro clichés parkeriani ripetuti all’infinito…insomma, roba noiosa e poco musicale.

Fosse la frustrazione, fosse la gioventù e la voglia di essere “cool”, mi rivolsi allora al modale più spinto (con punte quasi free jazz); nonostante il tutto fosse, col senno di poi, piuttosto aleatorio, pesante e pretenzioso, imparai dei concetti importantissimi, come la costruzione della frase con il principio della ripetizione/variazione, la capacità di gestire l’architettura complessiva di un assolo, il lirismo e la struttura…ma bebop, niente…non ci riuscivo proprio.

Ehi ma questa è la mia biografia!!! A parte l'invito a Umbria Jazz emo
Io suono ma mi sembra di essere banale.
Cyrano ha scritto:
Mi accorsi anche che questo tipo di studio rendeva più semplice e piacevole approcciare le frasi in tutte le tonalità, sviluppando la capacità di essere un pianista completo, capace di sfangarsela in tutte le situazioni.

Ma l’ultima cosa che mi venne in mente fu: ma perché nessuno me l’ha mai detto? Perché ho dovuto sprecare vent’anni e più a studiare cose inutili, a brancolare nel buio, a perder tempo ed energie dietro a sistemi e concetti incompleti e spesso fuorvianti?

FINALMENTE!!! Io avevo espresso gli stessi dubbi, anche qui sul forum, ma la soluzione per tutti è stata sempre quella di comprare libri e scopiazzare i grandi della musica. Che è utile, ma non è tutto evidentemente. O almeno non funziona con tutti.
Peccato che abiti lontano, mi piace molto il tuo metodo. Complimenti emo
  • anonimo

07-09-17 09.08

@ MiLord
Cyrano ha scritto:
Ma continuavo cocciutamente ad ascoltare bebop: Parker, Gillespie, Monk, Fats Navarro, Clifford Brown (sì, mi piace la tromba), Bud Powell… però non capivo come si faceva a suonarlo.

Mi comprai decine di libri (internet non c’era ancora), e le mie idee si fecero ancor più confuse: studiare i patterns, il rapporto tra modi ed accordi, l’armonia funzionale, il lydian chromatic concept, tensione e risoluzione di Johnny Amadie... non ci capivo più niente!

Un amico mi suggerì quella che secondo lui era la strategia più fruttuosa: trascrivere ed analizzare gli assoli di Parker, magari aiutandosi con l’Omnibook; cosa che feci e che in effetti non fu del tutto inutile, alcuni concetti li interiorizzai, ma quello che non riuscivo a fare era costruire una frase completa, perfetta, melodica e filante: in poche parole, le mie frasi erano accrocchi contorti di tensioni e risoluzioni senza né capo né coda, piene di tre o quattro clichés parkeriani ripetuti all’infinito…insomma, roba noiosa e poco musicale.

Fosse la frustrazione, fosse la gioventù e la voglia di essere “cool”, mi rivolsi allora al modale più spinto (con punte quasi free jazz); nonostante il tutto fosse, col senno di poi, piuttosto aleatorio, pesante e pretenzioso, imparai dei concetti importantissimi, come la costruzione della frase con il principio della ripetizione/variazione, la capacità di gestire l’architettura complessiva di un assolo, il lirismo e la struttura…ma bebop, niente…non ci riuscivo proprio.

Ehi ma questa è la mia biografia!!! A parte l'invito a Umbria Jazz emo
Io suono ma mi sembra di essere banale.
Cyrano ha scritto:
Mi accorsi anche che questo tipo di studio rendeva più semplice e piacevole approcciare le frasi in tutte le tonalità, sviluppando la capacità di essere un pianista completo, capace di sfangarsela in tutte le situazioni.

Ma l’ultima cosa che mi venne in mente fu: ma perché nessuno me l’ha mai detto? Perché ho dovuto sprecare vent’anni e più a studiare cose inutili, a brancolare nel buio, a perder tempo ed energie dietro a sistemi e concetti incompleti e spesso fuorvianti?

FINALMENTE!!! Io avevo espresso gli stessi dubbi, anche qui sul forum, ma la soluzione per tutti è stata sempre quella di comprare libri e scopiazzare i grandi della musica. Che è utile, ma non è tutto evidentemente. O almeno non funziona con tutti.
Peccato che abiti lontano, mi piace molto il tuo metodo. Complimenti emo
Ti offro una lezione gratuita di un'ora e mezza via skype emo

PS fino a fine dicembre sto a Genova
  • gabrieleagosta
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  • Risp: 12936
  • Loc: Siracusa
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07-09-17 10.04

emoemoemoemo
  • paolo_b3
  • Membro: Supporter
  • Risp: 13372
  • Loc: Ravenna
  • Thanks: 2018  

07-09-17 10.27

Cyrano ha scritto:
PS fino a fine dicembre sto a Genova


Si riapre l'ipotesi di una nuova puntata del Masterclass? emo
  • benjomy
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  • Risp: 5906
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07-09-17 10.38

per me la grande rivelazione è ragionare non a scale ( misolidia, lidia, etc) , che fra l'altro è l'approccio dei chitarristi emo, ma a note target e come "girarci attorno"...emoemo
  • Arci66
  • Membro: Expert
  • Risp: 2099
  • Loc: Roma
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07-09-17 11.02

Cyrano ha scritto:
Però il mio primo, timido approccio al jazz “suonato” avvenne dopo essere stato fulminato dallo sceneggiato televisivo di Pupi Avati “Jazz Band”, messo in onda sulla vecchia cara RAI 1 nel 1978

Io nel 78 avevo 12 anni e quello sceneggiato fulmino anche me inoltre il papà appassionato di musica in generale e anche di Jazz furono i reagenti che mi spinsero ad iniziare lo studio del piano. Poi il resto della storia è diverso e approcciai lo studio del Jazz con un mastro oramai quasi maggiorenne, ma mi arenai dopo un paio d'anni, probabilmente complice la metodologia di insegnamento non troppo coinvolgente e la mancanza di informazioni.

Grazie infinite per il contributo ho seguito altri tuoi post e sono veramente validi.emo
  • Petra
  • Membro: Expert
  • Risp: 1369
  • Loc: Udine
  • Thanks: 109  

07-09-17 11.17

Carissimo Cyrano, ci conosciamo e sai che la mia conoscenza musicale e di Bebop è nulla, perciò non entro nel merito del tema, bensì mi soffermo ad esprimere il mio modesto parere circa l'intero componimento; in particolare all'uso degli aggettivi. Il tuo scrivere è come parli. Calibrato, reso piacevole dalla progressione e minuziosa esposizione del tuo pensiero. Ho letto tutto ponendo attenzione, e piacere allo stile che usi, sforzandomi di intuire ma, senza esito il tuo idillio per questo benedetto Bebop. La tua effettiva partecipazione a Supporti Musicali, lo rende assai prestigioso. Grazie e saluti.
  • anonimo

07-09-17 11.42

@ Petra
Carissimo Cyrano, ci conosciamo e sai che la mia conoscenza musicale e di Bebop è nulla, perciò non entro nel merito del tema, bensì mi soffermo ad esprimere il mio modesto parere circa l'intero componimento; in particolare all'uso degli aggettivi. Il tuo scrivere è come parli. Calibrato, reso piacevole dalla progressione e minuziosa esposizione del tuo pensiero. Ho letto tutto ponendo attenzione, e piacere allo stile che usi, sforzandomi di intuire ma, senza esito il tuo idillio per questo benedetto Bebop. La tua effettiva partecipazione a Supporti Musicali, lo rende assai prestigioso. Grazie e saluti.
Grazie carissimo Amico emo
  • anonimo

07-09-17 11.43

@ paolo_b3
Cyrano ha scritto:
PS fino a fine dicembre sto a Genova


Si riapre l'ipotesi di una nuova puntata del Masterclass? emo
Senza dubbio emo
  • anonimo

07-09-17 12.02

La fruizione di questo topic dovrebbe essere a pagamento
  • anonimo

07-09-17 12.44

@ anonimo
La fruizione di questo topic dovrebbe essere a pagamento
decine e decine di...lire emo
  • berlex65
  • Membro: Expert
  • Risp: 4319
  • Loc: Asti
  • Thanks: 363  

07-09-17 13.10

Veramente inizi a piacermi 😂😂😂a parte le battute grazie davvero per un certo arco temporale mi sono rivisto!!! Ma io mi sono fermato al primo step...spero di organizzare qualcosa qui nel Chianti senese..chiamandoti come docente...no astemi ed erbivori 😂😂😂😂 ciao . Paolo..

07-09-17 14.52

E pensare che ci sono ancora persone che cercano oro sotto terra.... quando basterebbe aprire questo topic emo